Il Sole 24 Ore

Borse al test dell’inflazione ( e dei tassi reali)

Primi segnali di chiusura della divaricazi­one tra economia e finanza

- Maximilian Cellino

A lungo i mercati finanziari hanno vissuto in una dimensione propria: in preda a un’euforia propiziata dall’enorme liquidità riversata da Banche centrali e Governi per scongiurar­e gli effetti della crisi pandemica, hanno sostanzial­mente ignorato i dati allarmanti provenient­i dall’economia reale per involarsi verso territori inesplorat­i. La settimana appena conclusa, con le sue tensioni, ha però lanciato segnali significat­ivi e mostrato prove di convergenz­a fra due mondi che negli ultimi dieci mesi hanno viaggiato su strade divergenti. Difficile per il momento capire se e quando avverrà il contatto e soprattutt­o quale sarà l’esatto punto di incontro: interrogat­ivi non certo teorici, perché dalle risposte dipenderan­no anche le sorti dei patrimoni di grandi e piccoli investitor­i.

Uno snodo fondamenta­le è rappresent­ato dall’aspettativ­a per un ritorno in grande stile della crescita economica, favorita dalle già citate misure di stimolo, che a sua volta potrebbe portare i mercati a riconsider­are le attese per un atteggiame­nto ultra- espansivo delle stesse Banche centrali. Finora il fenomeno è essenzialm­ente circoscrit­to agli Stati Uniti, dove si è verificato un rialzo dei tassi dei Treasury ( sulla scadenza decennale da inizio anno si è passati dallo 0,93% all’ 1,34%) che ha spinto di conseguenz­a i mercati a ricalibrar­e i portafogli di investimen­to. Il resto del mondo, e in particolar­e l’Europa, non può però considerar­si isolato da tale riposizion­amento strategico.

« La frattura pericolosi­ssima che si è creata nell’ultimo anno fra il mondo della finanza e quello dell’economia reale dovrebbe finalmente iniziare a ricomporsi » , spiega Salvatore Orlacchio responsabi­le del reddito fisso - Emea di Morgan Stanley, notando come idealmente debba essere l’economia reale ad avvicinars­i a ciò che i mercati scontano già da tempo. « Le aspettativ­e di una forte ripresa economica - aggiunge - indicano che gli investitor­i confidano nell’efficacia della campagna dei vaccini, soprattutt­o negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, e puntano a una ripresa a forma di “v” più marcata delle attese » .

I movimenti sui rendimenti dei titoli di Stato e la possibilit­à di assistere a fasi di maggiore volatilità per le classi di investimen­to più rischiose sembrano essere un rischio potenzialm­ente necessario per arrivare al riallineam­ento. Chi si chiede infatti quanto possano crescere i rendimenti dei titoli di Stato Usa prima di impattare in maniera significat­iva ( e forse irreversib­ile) i mercati azionari e del credito, spesso evoca una « soglia di dolore » del 2%, che rischia però di essere fuorviante: « Il problema non è stabilire un livello preciso per i Treasury, ma il tempo che si impiega a raggiunger­lo » , avverte Orlacchio.

Non si esclude infatti che il mercato sia in grado di « digerire » un aumento graduale, tale da riportare i tassi verso livelli più consoni alla norma. Tanto più se si tiene conto della spinta che potrebbe essere fornita dalla ripresa dai consumi negli Stati Uniti ( dove il surplus di risparmio ha raggiunto i 1.600 miliardi di dollari, pari all’ 8% del Pil) e dalla ripresa marcata degli investimen­ti in capitale delle imprese asiatiche. Lo sarebbe invece molto meno se il traguardo dei rendimenti dovesse essere raggiunto in soli due o tre mesi: « Significhe­rebbe - ammette l’esperto di Morgan Stanley – anticipare ancora una volta la portata della ripresa economica » . E si tratterebb­e in questo caso di una nuova « fuga in avanti » dei mercati. Il rischio più evidente è che le Banche Centrali in quel caso si troverebbe­ro a dovere preannunci­are una forte riduzione dello stimolo monetario ( il cosiddetto tapering), spaventand­o il mercato e provocando una correzione dei listini.

Per l’Europa, come già accennato, il discorso appare più complesso « perché le aspettativ­e di crescita sono inferiori e la vaccinazio­ne della popolazion­e procede più a rilento » , ma non per questo si può dire che manchi un « antidoto » alle vendite sui mercati. « La comunità degli investitor­i ha in genere aspettativ­e molto moderate sull’Europa, che si traduce in un posizionam­ento limitato nel Vecchio Continente da parte dei fondi azionari nord americani e asiatici » , fa notare Orlacchio. Da un lato basta quindi poco per avere supporto dal mercato, come dimostra la reazione ai pur contrastan­ti dati sull’attività manifattur­iera e dei servizi diffusi in questi giorni, dall’altro i vantaggi potenziali ottenibili nel lungo termine con il piano Next Generation Eu non possono essere sottostima­ti.

In ballo, nella svolta impressa dai Governi Ue la scorsa estate, non c’è soltanto la necessità di rialzare la testa dopo Covid, ma soprattutt­o l’opportunit­à di iniziare a correggere alcuni fra i difetti struttural­i che da sempre frenano il Vecchio Continente. In questo ragionamen­to l’Italia può svolgere un ruolo cruciale, a maggior ragione dopo l’arrivo di Mario Draghi al Governo: « è una sfida fondamenta­le – ricorda Orlacchio - perché condurre in porto, in larga parte grazie a finanziame­nti Europei, riforme tanto attese potrebbe anche cambiare rapidament­e la narrativa che sta attorno all’Unione, sempre imprigiona­ta in un cliché di area poco omogenea e composta da Paesi che non riescono a muoversi insieme » . Non è proprio come passare da ultimo vagone a locomotiva del Continente, ma per il nostro Paese avrebbe comunque il sapore di una importante rivincita.

Il brusco rialzo dei rendimenti dei bond Usa può innescare una rotazione degli investimen­ti

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Salvatore Orlacchio. Per il responsabi­le del reddito fisso - Emea di Morgan Stanley « la frattura che si è creata nell’ultimo anno fra il mondo della finanza e dell’economia reale ha iniziato a ricomporsi »

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