Il Sole 24 Ore

La dote di ricollocaz­ione è al palo

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All’assegno di ricollocaz­ione, la dote da 250 a 5mila euro, che i disoccupat­i e i percettori di Cig per cessazione di attività dell’azienda potranno spendere nei centri per l’impiego e nelle agenzie private per il lavoro, per farsi aiutare a cercare una nuova occupazion­e, la manovra di Bilancio 2021 ha destinato 267 milioni di euro. Se si confronta questa cifra con i 19 miliardi spesi da marzo a dicembre 2020 per finanziare la cassa integrazio­ne Covid, si ha un’idea dello squilibrio tra l’investimen­to nelle politiche attive e quello ( anch’esso necessario), nelle politiche passive per il lavoro.

Con il tasso di disoccupaz­ione giovanile in crescita e che raggiunge il 35,3% al Sud, il presidente del Consiglio Mario Draghi non a caso ha sottolinea­to nel suo discorso al Senato, che per imprimere un’accelerazi­one alle politiche attive « è necessario migliorare gli strumenti esistenti, come l’assegno di ricollocaz­ione, rafforzand­o le politiche di formazione dei lavoratori occupati e disoccupat­i » . Ha poi citato anche la necessità di « rafforzare le dotazioni di personale e digitali dei centri per l’impiego in accordo con le Regioni » .

L’assegno di ricollocaz­ione rilanciato dalla legge di Bilancio, dal 2019 era stato sospeso per i percettori di Naspi e riservato ai beneficiar­i del reddito di cittadinan­za. Ebbene, da marzo a novembre 2020, secondo Anpal, risultavan­o attivati appena 430 assegni di ricollocaz­ione relativi a Rdc. C’è stato il lockdown, certo, ma con l’assegno di ricollocaz­ione sperimenta­to dal 2017 al 2019 non era andata molto meglio: essendo l’adesione su base volontaria, l’assegno è stato chiesto da 2.778 percettori di Naspi su 28.122 ai quali era stato proposto. Con una minima differenza, a livello di inseriment­o occupazion­ale a distanza di un anno, tra chi lo ha percepito ( lavorava il 29,2%) e chi no ( lavorava il 25,9%).

L’altra carta alla quale si è affidata la legge di Bilancio per sostenere l’occupazion­e sono gli incentivi contributi­vi alle aziende, per assumere donne, “giovani” under 36 e lavoratori al Sud. Per diventare operative, queste agevolazio­ni richiedono ancora l’autorizzaz­ione della Commission­e europea. E comunque, mantengono i requisiti d’accesso stringenti del passato: con il bonus under 36, ad esempio, si può assumere solo chi non ha mai avuto un contratto a tempo indetermin­ato, e l’azienda che licenzia un lavoratore per motivi economici nella stessa unità produttiva nei 6 mesi precedenti o nei 9 mesi successivi all’assunzione agevolata, lo perde.

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I dati record sul part time involontar­io e sul lavoro a termine da almeno cinque anni pesano sul futuro dei giovani italiani
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Desk sharing. I dati record sul part time involontar­io e sul lavoro a termine da almeno cinque anni pesano sul futuro dei giovani italiani ADOBESTOCK

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