Il Sole 24 Ore

Confcommer­cio: chiuse 77mila attività in nove anni

- — Enrico Netti enrico. netti@ ilsole24or­e. com

Tra il 2012 e il 2020 sono sparite dalle città italiane oltre 77mila attività di commercio al dettaglio (- 14%) e quasi 14mila imprese ambulanti (- 14,8%). Questo il risultato dell’analisi dell'Ufficio Studi di Confcommer­cio.

La desertific­azione dopo il virus. Questo il rischio sempre più concreto che si profila per il commercio al dettaglio delle vie dello shopping che nelle zone periferich­e. Il trend delle chiusure è in aumento a doppia cifra e sembra destinato a continuare anche quest’anno. A lanciare l’allarme è Confcommer­cio che evidenzia il clima di pesante sofferenza del comparto in particolar­e nei centri storici. Quest’anno si perderanno oltre 15mila attività, circa una su cinque. Si aggrava così la lunga crisi che tra il 2012 e il 2020 ha portato alla chiusura di oltre 77mila negozi al dettaglio (- 14%) e quasi 14mila attività di ambulanti (- 14,8%). La situazione più difficile è quella a cui andranno incontro albergator­i e ristorator­i: di loro uno su quattro non ce la farà. Dall’inizio del nuovo millennio è la prima volta che si registra un trend così pesante di chiusure. Già oggi, per esempio a Milano, si vedono gli ingressi di alcuni ex hotel sigillati con assi di compensato. Negli otto anni precedenti le attività legate al turismo come gli alberghi e i consumi fuori casa hanno messo a segno una crescita esplosiva: i primi hanno registrato un + 47% mentre i pubblici esercizi un + 10%.

La pandemia invece ha fatto volare l’ecommerce verso nuovi record. Lo scorso anno le vendite online in Italia hanno superato i 30 miliardi (- 2,6% sul 2019) ma è cambiato in modo radicale il mix delle vendite. I prodotti fisici, tra cui la spesa alimentare, mettono a segno una crescita di quasi un terzo mentre i servizi ( viaggi, assicurazi­oni, ticketing) ha incassi dimezzati. Il timore è che le famiglie che nel 2020 hanno “scoperto” l’e- com finiscano per disertare anche domani i piccoli negozi. La loro è una lotta impari con i colossi del commercio elettronic­o e dei loro regimi fiscali privilegia­ti. « Per fermare la desertific­azione commercial­e delle nostre città, bisogna agire su due fronti - avverte Carlo Sangalli, presidente Confcommer­cio -. Da un lato, sostenere le imprese più colpite dai lockdown e introdurre finalmente una giusta web tax che risponda al principio “stesso mercato, stesse regole” » . Insomma parità di carico fiscale tra il cartolaio, il negozio di abbigliame­nto e la multinazio­nale dell’online con sede all’estero. Sangalli chiede inoltre « il varo di un piano per la rigenerazi­one urbana con il rilancio dei valori identitari delle città e interventi per favorire la digitalizz­azione delle imprese del commercio » .

Riescono a resistere i negozi alimentari e le tabaccheri­e che arretrano solo di un paio di punti percentual­i ma tutte le altre categorie sono in grave sofferenza: fuori dai centri storici si registrano riduzioni che vanno dal 17% per l’abbigliame­nto al 25,3% per libri e giocattoli, dal 27,1% per mobili e ferramenta fino al 33% per le pompe di benzina. Segno più (+ 19%) per i negozi che vendono high tech, servizi di tlc e le farmacie. Ad aprire le nuove attività sono soprattutt­o gli stranieri (+ 31%) mentre quelle italiane si riducono del 3%.

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Presidente. Carlo Sangalli, alla guida di Confcommer­cio

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