Confcommercio: chiuse 77mila attività in nove anni
Tra il 2012 e il 2020 sono sparite dalle città italiane oltre 77mila attività di commercio al dettaglio (- 14%) e quasi 14mila imprese ambulanti (- 14,8%). Questo il risultato dell’analisi dell'Ufficio Studi di Confcommercio.
La desertificazione dopo il virus. Questo il rischio sempre più concreto che si profila per il commercio al dettaglio delle vie dello shopping che nelle zone periferiche. Il trend delle chiusure è in aumento a doppia cifra e sembra destinato a continuare anche quest’anno. A lanciare l’allarme è Confcommercio che evidenzia il clima di pesante sofferenza del comparto in particolare nei centri storici. Quest’anno si perderanno oltre 15mila attività, circa una su cinque. Si aggrava così la lunga crisi che tra il 2012 e il 2020 ha portato alla chiusura di oltre 77mila negozi al dettaglio (- 14%) e quasi 14mila attività di ambulanti (- 14,8%). La situazione più difficile è quella a cui andranno incontro albergatori e ristoratori: di loro uno su quattro non ce la farà. Dall’inizio del nuovo millennio è la prima volta che si registra un trend così pesante di chiusure. Già oggi, per esempio a Milano, si vedono gli ingressi di alcuni ex hotel sigillati con assi di compensato. Negli otto anni precedenti le attività legate al turismo come gli alberghi e i consumi fuori casa hanno messo a segno una crescita esplosiva: i primi hanno registrato un + 47% mentre i pubblici esercizi un + 10%.
La pandemia invece ha fatto volare l’ecommerce verso nuovi record. Lo scorso anno le vendite online in Italia hanno superato i 30 miliardi (- 2,6% sul 2019) ma è cambiato in modo radicale il mix delle vendite. I prodotti fisici, tra cui la spesa alimentare, mettono a segno una crescita di quasi un terzo mentre i servizi ( viaggi, assicurazioni, ticketing) ha incassi dimezzati. Il timore è che le famiglie che nel 2020 hanno “scoperto” l’e- com finiscano per disertare anche domani i piccoli negozi. La loro è una lotta impari con i colossi del commercio elettronico e dei loro regimi fiscali privilegiati. « Per fermare la desertificazione commerciale delle nostre città, bisogna agire su due fronti - avverte Carlo Sangalli, presidente Confcommercio -. Da un lato, sostenere le imprese più colpite dai lockdown e introdurre finalmente una giusta web tax che risponda al principio “stesso mercato, stesse regole” » . Insomma parità di carico fiscale tra il cartolaio, il negozio di abbigliamento e la multinazionale dell’online con sede all’estero. Sangalli chiede inoltre « il varo di un piano per la rigenerazione urbana con il rilancio dei valori identitari delle città e interventi per favorire la digitalizzazione delle imprese del commercio » .
Riescono a resistere i negozi alimentari e le tabaccherie che arretrano solo di un paio di punti percentuali ma tutte le altre categorie sono in grave sofferenza: fuori dai centri storici si registrano riduzioni che vanno dal 17% per l’abbigliamento al 25,3% per libri e giocattoli, dal 27,1% per mobili e ferramenta fino al 33% per le pompe di benzina. Segno più (+ 19%) per i negozi che vendono high tech, servizi di tlc e le farmacie. Ad aprire le nuove attività sono soprattutto gli stranieri (+ 31%) mentre quelle italiane si riducono del 3%.