Il rame abbatte il muro dei 9mila $ la tonnellata
Domanda più forte anche fuori dalla Cina, previsioni di deficit dell’offerta
Dopo un decennio e una serie di rialzi, la quotazione del rame ha superato la barriera dei 9mila dollari la tonnellata al London metal exchange. Il rally è sostenuto sia da fenomeni speculativi sia dalla crescita della domanda industriale.
Se davvero il rame è Doctor Copper, allora l’economia mondiale scoppia di salute, perché le quotazioni del metallo rosso non smettono di apprezzarsi, bruciando un record dopo l’altro. Anche la barriera dei 9mila dollari per tonnellata è caduta al London Metal Exchange, dove il rame scambia ai massimi da quasi dieci anni. E il rally – alimentato non solo da fattori speculativi – promette di continuare. Diversi analisti sono convinti che nel giro di qualche mese il rame aggiornerà il massimo storico ( che resiste proprio dal 2011) portandosi sopra 11mila dollari.
Non è una corsa in solitaria. Tutti i metalli industriali brillano e al Lme i record non si contano: per la prima volta dal 2014 il nickel è volato oltre 20mila dollari per tonnellata, l’alluminio punta verso quota 2.200 dollari, ai massimi da due anni. Persino lo stagno è sotto i riflettori, protagonista di uno “squeeze” che l’ha spinto a 27mila $/ tonnellata, prezzo che non toccava da agosto 2011.
Nel frattempo il petrolio si sta rivalutando addirittura più in fretta del rame: se quest’ultimo ha guadagnato il 16% da inizio anno, il Brent – risalito a 65 dollari al barile – è in rialzo di oltre il 20%. Per le materie prime in generale il momento è decisamente favorevole. L’attuale contesto di reflazione le ha riportate al centro delle strategie di investimento e sui mercati, tra tassi ridotti e stimoli miliardari, si sta riversando un flusso di liquidità immenso: pari addirittura allo 0,7% del Pil su base mensile, stima Morgan Stanley.
Alcune banche, tra cui Goldman Sachs e JP Morgan, intravvedono addirittura l’avvio di un nuovo superciclo rialzista delle commodities, paragonabile per intensità e durata a quello di inizio millennio.
Il rame anche stavolta si candida ad essere protagonista. Con una differenza cruciale rispetto al passato: a trainare forse non sarà più soltanto la domanda cinese. Il nuovo motore è la transizione energetica, che metterà il turbo ai consumi ovunque, visto che il metallo rosso è ingrediente indispensabile per rafforzare le reti elettriche e per i circuiti dei veicoli a batteria. Glencore, uno dei maggiori produttori di rame al mondo, prevede che il rispetto degli obiettivi di decarbonizzazione possa addirittura raddoppiare la domanda entro il 2050. L’offerta, dopo anni di investimenti ridotti, faticherà a tenere il passo.
I primi segnali di allarme su possibili carenze di rame sono evidenziati dalla comparsa di un’ampia backwardation al Lme: le quotazioni a pronti superano di quasi 50 $ quelle a tre mesi, lo spread più alto da marzo 2019. In parte dipende dalla Cina, che dopo il Capodanno lunare è tornata ad acquistare. Ma in azione non c’è soltanto Pechino, né i fondi speculativi ( che pure, secondo Marex, hanno un’esposizione rialzista netta enorme, pari al 50% delle posizioni aperte al Lme).
Nonostante il Covid, anche fuori dalla Cina la domanda di rame si è risvegliata, in anticipo rispetto alle attese e « in modo molto più forte del previsto » , osserva Citigroup, che ora si attende già nel 2021 un deficit di offerta di ben 500mila tonnellate ( prima lo prevedeva per il 2022- 23). Le scorte stanno calando in fretta e « caleranno ancora per molti anni a venire » , avverte la banca, secondo cui potrebbero ridursi a livelli critici – pari a meno di 1,5 settimane di consumi – entro fine anno, spingendo il prezzo del rame a 10mila $/ tonnellata nei prossimi 6- 12 mesi.
Anche Goldman prevede « il maggior deficit di rame da un decennio » ( 327mila tonnellate nel 2021) e fa notare che le scorte – di solito in aumento nel primo trimestre – stanno calando con una rapidità che non si vedeva dal 2004. La banca ha alzato le previsioni di prezzo a 3, 6 e 12 mesi, portandole a 9.200 $, 9.800 $ e 10.500 $.
Nel generale clima rialzista, tuttavia, c’è anche qualcuno che va controcorrente. Tra questi Commerzbank, secondo cui i prezzi delle materie prime – in particolare di petrolio, rame, nickel e alluminio – sono ormai « completamente staccati dalla realtà » . « A guidare i metalli – afferma Daniel Briesemann – oggi è in gran parte la speculazione e l’impennata comincia a sembrare eccessiva » .