Gli Usa battono l’Europa anche sui dividendi
Le cedole distribuite dalle società di Wall Street hanno resistito meglio alla bufera Covid, che però ha colpito i buyback A livello globale mancano all’appello 220 miliardi di dollari Ancora incertezza sul nuovo anno, ma ci sono segnali di risveglio
Il peggio è passato per i dividendi versati ai soci, falcidiati nell’anno condizionato da Covid, o almeno così sembrerebbe. A ricordarlo è Janus Henderson, che come di consueto passa in rassegna i dati raccolti fra le principali 1.200 società quotate nel mondo e che costituiscono la base del suo Global Dividend Index. Nel 2020 l’ammontare di cedole distribuite è sceso a livello globale del 12,2% rispetto all’anno precedente, fermandosi a 1.260 miliardi e interrompendo così una serie positiva che si protraeva a suon di record da tre anni.
Il taglio, che si riduce al 10,5% in termini sottostanti ( quando si escludono cioè gli effetti del cambio e le distribuzioni di carattere straordinario), è comunque inferiore a quello registrato all’indomani della grande crisi finanziaria del 2008 e a quanto si poteva temere solo qualche mese fa. L’ultimo trimestre dell’anno si è rivelato migliore delle aspettative, rileva infatti Janus Henderson, che per il 2021 ( cioè per i pagamenti maturati nei bilanci di esercizio che le società stanno chiudendo proprio in questi giorni) traccia un quadro per certi versi incoraggiante.
Dopo un primo trimestre ancora difficile in cui le distribuzioni diminuiranno, anche se in misura meno marcata rispetto agli ultimi nove mesi, il graduale superamento della pandemia dovrebbe portare, secondo lo studio, a un aumento complessivo dei dividendi: nello scenario più favorevole il rialzo complessivo potrebbe essere addirittura del 5% per l’intero anno (+ 2% su base sottostante) per riportare l’indice a 1.320 miliardi. La situazione resta tuttavia ancora avvolta dall’incertezza, tanto che Janus Henderson prevede anche uno scenario più sfavorevole in cui le cedole potrebbero diminuire ancora del 2 per cento.
Il 2020 si è abbattuto come un tornado su questa tradizionale fonte di reddito per molti investitori: tra aprile e dicembre l’ammontare della sforbiciata ha nel complesso raggiunto i 220 miliardi: un’azienda su otto ha annullato del tutto le distribuzioni e una su cinque le ha ridotte, ricorda Janus Henderson. Oltre un terzo dei e proteggere i dividendi, sospendendo o riducendo i riacquisti di azioni proprie, ma anche alla maggiore indulgenza delle autorità di vigilanza nei confronti delle banche » .
I dividendi però non raccontano in questo caso l’intera storia, perché la percentuale del capitale che le società nordamericane normalmente spendono per distribuirli è sensibilmente inferiore a quanto destinato invece a riacquistare azioni proprie. E quando si somma anche l’impatto sui buyback - che negli Usa sono scesi nel secondo trimestre dell’anno ai minimi dal 2012, per poi recuperare solo in parte il terreno perduto - si arriva a un saldo annuale negativo anche per questa area geografica.
Uno sguardo all’Italia regala infine un quadro non molto dissimile dal resto del Vecchio Continente: l’assenza dei dividendi bancari, ma anche i tagli effettuati da Eni e Atlantia hanno contribuito quasi a dimezzare il monte cedole rispetto all’anno precedente. « Le prospettive per il 2021 rimangono incerte, data la pandemia in corso, ma stiamo intravedendo i primi segnali positivi a partire dall’andamento dello spread » , indica Federico Pons, Country Head per l’Italia di Janus Henderson. L’ulteriore riduzione praticata da Eni, segnala ancora la casa di investimenti britannica, potrebbe rappresentare un nuovo ostacolo, mentre alcuni dei pagamenti delle banche dovrebbero riprendere nel 2021, anche se a un livello inferiore rispetto al 2019. Tempi ancora duri, insomma, per i cacciatori di cedole, qualcosa torna però a muoversi anche nel nostro Paese.
LA SFORBICIATA
Prospettive ancora incerte per l’Italia, ma si intravedono segnali positivi a partire dallo spread