Il 75% delle compagnie ha trovato un partner per l’innovazione
Gli ultimi dati Iia- PoliMi: solo il 19% dei big investe nel capitale di start up
Anche per l'insurtech l'emergenza pandemica ha accelerato una trasformazione che era già in atto, soprattutto dal lato della domanda e della relazione con il cliente, a cui i player assicurativi non sempre riescono a rispondere in maniera adeguata. Ma l’ecosistema dell’innovazione sta iniziando a delinearsi grazie anche a un atteggiamento di apertura delle compagnie tradizionali per lo sviluppo di progetti interni e di partnership con le startup.
È questa la sintesi del primo Insurtech Investment Index, l’indice sintetico frutto della collaborazione tra Italian Insurtech Association ( Iia) e l’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano che punta a quantificare l’attenzione all’innovazione nel settore. Che raggiunge la sufficienza, con un voto di 18 su 30 che la dice lunga sui limiti del sistema.
Dal sondaggio tra i primi venti gruppi assicurativi nazionali emerge come il 75% abbia sviluppato almeno una partnership con player insurtech e il 63% almeno un progetto interno di innovazione con investimenti totali di 31,3 milioni. Solo il 19% ha invece investito in una start up: 13 operazioni per un totale di 5,1 milioni, con una media di 0,4 milioni per operazione. Un dato che « evidenzia che l’ecosistema non ha raggiunto ancora una massa critica sufficiente in termini di dimensioni e di investimenti, proprio nel momento in cui è ormai sotto gli occhi di tutti che l’innovazione è il futuro di breve periodo » , commenta Simone Ranucci Brandimarte, presidente di Iia, l’associazione che raggruppa i player dell'ecosistema insurtech. Sono i grandi gruppi ad avere cultura digitali e potenzialità per sviluppare attività interne e anche per il 2021 quasi i due terzi di loro punta sviluppare progetti insurtech inhouse, puntando come aree di innovazione sulla gestione dei sinistri e sulla distribuzione, ma anche sulla gestione del back office e sul customer management.
D’altra parte i clienti, aziende comprese, hanno imparato a relazionarsi da remoto e continueranno anche una volta che tutto sarà tornato alla normalità: « La rete di distribuzione ha preso coscienza che gli strumenti digitali sono un’opportunità più che un pericolo » , prosegue Ranucci Brandimarte. « In questo momento il mercato spinge a migliorare la relazione sulla base dell’offerta esistente in termini di velocità, sicurezza, trasparenza, semplicità e riduzione dei costi: questo non significa che le compagnie debbano limitarsi a innovare solo nell'ultimo miglio, ma sugli interi processi. Quindi la digitalizzazione finisce per liberare la capacità di profilare al meglio il cliente e quindi preme per allargare anche l’offerta » , prosegue Marco Giorgino, direttore scientifico dell'Osservatorio del Politecnico.
L’insurtech sconta inevitabilmente un ritardo nella partenza rispetto, per esempio, al fintech, ma ora l’emergenza Covid- 19 spinge verso il cambiamento. « La carenza di capitali è una costante per l'intero ecosistema dell'innovazione: il tema delle risorse è rilevante, anche se il costo dell'innovazione sta calando rapidamente. Quello su cui bisogna spingere è un cambio di approccio culturale da parte degli incumbent verso l'apertura e l'innovazione, investendo anche sull persone » , sottolinea Giorgino. Ranucci Brandimarte declina questa mutazione culturale necessaria per consolidare l’ecosistema insurtech: « Bisogna iniziare ad avere una visione di lungo periodo, accelerare la formazione di competenze digitali per progettare la trasformazione, avere un benchmarking internazionale comprendendo che il contesto è ormai senza frontiere e, soprattutto, sperimentare aumentando la capacità di avere progetti fallimentari e costruendpo una vera cultura dell'errore » .