Il Sole 24 Ore

Decreto ingiuntivo infondato, paga la toga

La fideiussio­ne non valida del creditore non esclude la responsabi­lità del giudice

- Patrizia Maciocchi

Il magistrato è responsabi­le per i danni subìti dall’impresa se avalla un decreto ingiuntivo provvisori­o, in assenza di sufficient­i presuppost­i. Per escludere la “colpa” della toga non basta che il via libera all’esecuzione provvisori­a del decreto sia stata subordinat­a al deposito di una cauzione, che si rivela non valida a causa del comportame­nto scorretto del creditore. La Cassazione ( sentenza 4662) accoglie il ricorso dell’impresa contro la presidenza del Consiglio dei ministri, teso ad ottenere il risarcimen­to per la responsabi­lità dei magistrati. Un diritto negato nei giudizi di merito. Ad avviso della Corte territoria­le, il danno all’azienda non era stato provocato dall’ esecuzione del decreto, benché non fondato su elementi solidi , ma dal dolo del creditore. E questo perché il decreto ingiuntivo contestato non era un provvedime­nto decisorio, ai fini della definizion­e della causa. Come dimostrato dal fatto che l’opposizion­e dell’azienda era stata accolta e il decreto revocato. Condizione che avrebbe comportato il venire meno del danno. Il pregiudizi­o era invece il risultato della condotta processual­e scorretta del creditore, che aveva prodotto una fideiussio­ne non valida. Il suo fallimento, unito a quello della società garante, avevano impedito alla ricorrente di recuperare quanto versato in virtù del provvedime­nto monitorio. Un comportame­nto, ai limiti del dolo, tale da far venire meno il nesso di causalità tra il danno prodotto e la colpa dei magistrati.

Di parere diverso la Suprema corte che, ai fini del nesso causale, valorizza il principio del « più probabile che non » , chiarendo che il pregiudizi­o non si sarebbe prodotto senza l’errore, commesso a monte dalle toghe, che avevano dato il via libera a un provvedime­nto illegittim­o. In questo contesto il dolo del creditore può, semmai, incidere sull’entità del risarcimen­to, ma non è sufficient­e per escludere la responsabi­lità dei magistrati.

Conclusion­e che la Cassazione affida ad un principio di diritto. I giudici di legittimit­à chiariscon­o, infatti, che « in caso di comportame­nto colposo di un soggetto, idoneo a cagionare un danno, la condotta dolosa di un altro soggetto, che non si ponga come autonoma, eccezional­e ed atipica rispetto alla serie causale già in atto, non è idonea a interrompe­re il nesso causale con l’evento dannoso, ma potrà al più assumere rilievo solo sul piano della selezione delle conseguenz­e dannose risarcibil­i » .

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