Già vaccinato l’ 80% dei sanitari, i contagi cominciano a calare
Oltre 1,1 milioni quelli già immunizzati, risposta anticorpale nel 100% dei casi e infezioni più che dimezzate
Sono stati i primi a essere vaccinati da fine dicembre e ora che la loro immunizzazione con doppia dose è quasi completata è tempo di bilanci: da giorni le somministrazioni totali agli operatori sanitari e e socio- sanitari si aggirano sopra i due milioni, ieri erano saliti a 2,2 milioni che significa 1,1 milioni di sanitari vaccinati. In pratica quasi l’ 80% della platea complessiva di 1,4 milioni tra medici e altri operatori sanitari previsti dal piano nazionale sui vaccini. I numeri dei prossimi giorni che vedono intanto crescere le altre categorie ( over 80, forze armate, personale scolastico) dovrebbero confermare questo target che può essere considerato una soglia minima e sufficiente anche se si sperava in numeri più alti. Sicuramente negli ospedali i dati sono più alti e si aggirano intorno al 90- 95%. Più bassi i numeri fuori dagli ospedali e nelle Rsa. Un primo effetto importante delle immunizzazioni si comincia però a vedere ed è quello del calo dei contagi. Un fatto che significa che il vaccino funziona anche se non sono mancati casi ancora isolati di operatori sanitari contagiati dopo la seconda dose. Nell’ultimo aggiornamento sull’epidemia Covid pubblicato il 19 febbraio dall’Istituto superiore di Sanità si sottolinea come « da metà novembre la percentuale di operatori sanitari ha superato il 5% del totale dei casi. Benché i dati delle ultime due settimane siano ancora in fase di consolidamento, dalla metà di gennaio - avverte l’indagine - si osserva un trend in diminuzione dei casi tra gli operatori sanitari verosimilmente attribuibile al completamento del ciclo vaccinale in una buona percentuale di soggetti appartenenti a questa categoria » . L'ultimo dato ( si veda grafico in basso) mostra una percentuale di contagiati più che dimezzata scesa sotto la soglia del 2,5 per cento rispetto appunto al 5% di oltre due mesi fa. Anche la Fondazione Gimbe conferma questo dato in un recente report sottolineando come tra gli operatori sanitari i nuovi casi si sono ridotti del 64,2%: dai 4.382 rilevati dall’Iss nella settimana 13- 19 gennaio, quando è stata avviata la somministrazione delle seconde dosi di vaccino, ai 1.570 della settimana 3- 9 febbraio.
Una indagine appena realizzata da Fadoi - la federazione che riunisce i dirigenti ospedalieri di medicina interna - su 1022 operatori sanitari evidenzia come dentro gli ospedali ci sia stata una dichiarata adesione di massa vicino al 99%: « L’ampia adesione alla campagna vaccinale del personale sanitario e dei medici internisti in particolare non mi sorprende - afferma Dario Manfellotto, Presidente di Fadoi - perché conferma il senso di responsabilità con il quale in questo anno di pandemia abbiamo garantito l'assistenza al 70% dei ricoverati Covid, cercando al contempo di non far mai mancare il supporto agli altri malati » . Secondo l’indagine Fadoi nella versione PfizerBiontech ha alzato una barriera anticorpale nel 100% degli immunizzati, con effetti collaterali nel 37% dei casi, ma limitati quasi sempre a sintomi come dolore nel sito dell'iniezione, malesserse generale, astenia, mialgie e artralgie, quasi sempre in forme lievi. E se lo scudo funziona contro il virus un passo indietro lo fa anche lo stress da pandemia, che in questi mesi ha messo a dura prova i nervi dei sanitari, generando, difficoltà di concentrazione ansia e preoccupazione. Il 20% degli intervistati ha infatti già contratto il Covid, a riprova dell’ampia esposizione al rischio della categoria. Il 73% ha avuto sintomi che non hanno però richiesto il ricorso al ricovero, necessario invece per il 7% dei casi.
Ma le conseguenze dell’epidemia non si misurano solo in termini clinici, bensì anche psicologici. Il 58% è preoccupato per sè e i propri cari anche solo se si tratta di uscire di casa. La preoccupazione per presente e futuro è del 55,9% degli intervistati, che nel 45,5% dei casi accusa un senso di isolamento. L’effetto a cascata dell'ansia da pandemia riguarda però anche comportamenti e difficoltà che vanno a inficiare il livello di sicurezza delle prestazioni sanitarie offerte. È il caso dello stato di irritabilità ed ansia che colpisce il 49,3% dei sanitari, la difficoltà di concentrazione comune al 19% di loro. Ma anche la difficoltà di memorizzazione accusata dal 12,5% dei professionisti sanitari. Prima di accettare il vaccino ( nel 99% dei casi quello Pfizer), quasi tutti si sono documentati, nel 78,8% dei casi attraverso articoli scientifici, nel 22,7% attraverso webinar dedicati. Il 51,4% si è affidato alle opinioni di colleghi esperti, il 20,3 a media e social. Chi si è vaccinato nel 72,7% dei casi lo ha fatto per proteggere la propria salute o quella dei propri cari ( 77,2%). Ma sono numerose anche le motivazioni “altruistiche”, come quella di voler proteggere i pazienti ( 65% dei casi) o per favorire il ritorno alla normalità ( 57,6%). Ancora pochi, solo il 12%, coloro che hanno effettuato un test sierologico per rilevare la presenza di anticorpi dopo la vaccinazione e tutti hanno sviluppato anticorpi. Per Manfellotto « adesso appare importante e necessario che parta un programma di sorveglianza fra i sanitari vaccinati, per dosare e monitorare nel tempo la risposta immunitaria degli operatori, e il rischio di infezioni o reinfezioni, al di là dei progetti di ricerca già previsti » .