Sarà Di Nuzzo ( Ragioneria) a guidare la struttura per il Recovery
A ore la nomina del direttore dell’unità di missione che farà « coordinamento e raccordo »
Carmine Di Nuzzo, 60 anni, dirigente della Ragioneria generale dello Stato, guiderà il team dedicato del Ministero dell’Economia per controllare l’utilizzo dei fondi del Recovery Plan.
Il governo ha deciso: sarà Carmine Di Nuzzo, dirigente della Ragioneria generale dello Stato, a guidare la « unità di missione » che al Mef si occuperà di coordinare il Recovery Plan. Sarà lui Mister Recovery, una sorta di general manager del Piano. Monitoraggio, rendicontazione puntuale degli investimenti programmati, come prevede la legge di bilancio 2021 ( articolo 1, comma 1050), ma anche « compiti di coordinamento e raccordo » che non saranno limitati al Mef, ma saranno estesi all'intero governo. In altre parole, la struttura guidata da Di Nuzzo sarà il perno del confronto con gli altri ministeri per la predisposizione ( e poi per l’attuazione) del nuovo Recovery. Era stato lo stesso presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo discorso al Senato, a sbrigare con poche parole la partita della governance del Piano, dicendo che « la regià del Recovery Plan sarà al Mef » .
A scegliere Di Nuzzo è stato il ministro dell’Economia, Daniele Franco: la nomina dovrebbe arrivare a giorni, se non a ore. Di Nuzzo è considerato un fedelissimo del ministro, fin dai tempi in cui Franco era Ragioniere generale a Via Venti settembre. Ma c’è anche la diffusa convinzione che Di Nuzzo sia la persona più adatta, essendo stato in passato a capo dell’Igrue, l’Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l’Unione europea, dove ha anche diretto il progetto di definizione del sistema informativo a supporto della gestione finanziaria della Ragioneria.
Sono proprio questi due - regole finanziarie europee e abilità non comune nei sistemi informativi - gli assi di Di Nuzzo. Draghi e Franco non sottovalutano affatto il delicatissimo e complesso aspetto del rispetto di linee guida, regolamenti e procedure messe in campo dalla commissione Ue per il Recovery, ben più rigorose e severe di quelle generalmente utilizzate per altre forme di finanziamento, come ad esempio i fondi di coesione.
Intanto continuano sul Recovery Plan le audizioni alle commissioni Bilancio e Politiche Ue del Senato. Ieri è stata ascoltata l’Assonime, rappresentata dal presidente Innocenzo Cipolletta e dal direttore generale Stefano Micossi, che hanno chiesto di porre la crescita al centro del Piano nazionale. « I fondi europei - hanno detto - devono essere usati per aumentare il potenziale di crescita, questo serve anche a ridurre i rischi di crisi finanziarie legati all'aumento dell'indebitamento » . Nella prospettiva della crescita « hanno un ruolo centrale i progetti per le infrastrutture, quelli per il sostegno agli investimenti di modernizzazione tecnologica delle imprese e quelli per la formazione e l'istruzione di giovani e della forza lavoro già attiva. Occorre rafforzare la dimensione strategica del Piano, soprattutto in materia di energia e ambiente, di trasporto sostenibile, di connettività e digitalizzazione » .
Cipolletta e Micossi hanno convenuto che occorre ripartire dalla proposta del governo Conte che va però corretta e rafforzata in più punti: « bisogna identificare all'interno delle missioni un numero li
Assonime al Senato: i fondi Ue per aumentare il potenziale di crescita, questo riduce i rischi di crisi da indebitamento
mitato di obiettivi prioritari; l'assetto istituzionale di governo del Piano deve essere completato con una chiara definizione dei compiti e delle responsabilità; occorre precisare i tempi e le misure del Piano, sia per le riforme sia per i progetti di investimento » . Tre le priorità assolute: rafforzare la capacità di crescita « che include la trasformazione digitale » , sostenibità ambientale e coesione sociale e territoriale. Senza trascurare - in linea con quanto detto dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, in Parlamento - la stabilità macroeconomica che resta « cruciale » .
Bene anche il Fondo dei fondi ( si veda Il Sole 24 Ore di ieri) che è « un esempio di collaborazione pubblico privato con l’obiettivo di ricapitalizzazione delle imprese. Fra gli strumenti che appartengono a questa categoria anche « forme di sostituione del prestito in equity » .
Infine le riforme di cui Assonime aveva già parlato in precedenti audizioni: giustizia, lavoro, pubblica amministrazioni con le relative semplificazioni, mentre per il fisco « una revisione dell’Irpef passa inevitabilmente per una rimodulazione della curva delle aliquote e un drastico taglio delle tax expenditure » .