Ma a gennaio balzo (+ 0,9%) dei prezzi
Il rialzo appare transitorio: nessuna conseguenza per la politica monetaria
È il ritorno dell’inflazione? Gli investitori iniziano a interrogarsi, oltre che sull’attività economica, anche sulla dinamica dei prezzi. Negli Stati Uniti, i rendimenti dei decennali e dei trentennali sono da qualche giorno a livelli non certo coerenti con l’orientamento della politica monetaria della Fed, e anche in Eurolandia si manifestano, se non altro per risonanza, alcune tensioni. Le misure di mercato delle aspettative di inflazione, inoltre, sembrano puntare - almeno negli Stati Uniti - alla fine della lunga fase di lowflation e all’inizio di un moderato, ma non preoccupante dopo il cambiamento della strategia della Fed, surriscaldamento.
Anche i dati sull’inflazione di gennaio di Eurolandia pubblicati ieri, per quanto non facciano altro che riproporre il quadro provvisorio già preannunciato a inizio mese, potrebbero far temere che anche l’Unione monetaria potrebbe presto subire un surriscaldamento dei prezzi: l’indice dei prezzi è risultato in crescita dello 0,9% annuo, dal - 0,3% di dicembre, mentre la core inflation ( che esclude, nella misura preferita dalla Bce, i prezzi di energia e alimentari non lavorati) è passata dal + 0,4% all’ 1,4 per cento. In dettaglio, i prezzi dei beni industriali ( escluso energia) sono saliti sono saliti dell’ 1,5%, dal - 0,5% del mese precedente; quelli dei servizi dell’ 1,4%, dal + 0,7% di dicembre.
Sarebbe sbagliato trarne la conclusione, affrettata, che Eurolandia stia per affrontare un periodo di surriscaldamento ( con ovvie ricadute sulla politica monetaria); e gli investitori, che conoscono questi dati dal 3 febbraio - solo l’inflazione dei beni industriali è stata rivista dall’ 1,4% all’ 1,5% - non hanno modificato le loro attese: le aspettative di lunghissimo periodo ( 2026- 2031) misurate dagli inflation rate swap 5y5y, da qual giorno a lunedì, sono calate dall’ 1,383% all’ 1,296%.
Il balzo del costo della vita non è legato infatti a una eccessiva domanda o a problemi di offerta, che farebbero scattare un allarme di surriscaldamento dell’economia. Un terzo almeno dell’accelerazione dei prezzi - spiega infatti Oliver Rakau di Oxford economics - è legato al fatto che i saldi, il mese scorso, hanno inciso molto meno rispetto a gennaio 2020, un fattore che dovrebbe svanire questo mese. Il balzo dei prezzi dei servizi, che potrebbe essere più duraturo, è intanto legato, almeno per metà, al rialzo dell’Iva tedesca, dopo il temporaneo taglio deciso per sostenere l’economia durante la pandemia. « Continuiamo a pensare - aggiunge Rakau - che l’inflazione sarà uguale in media all’ 1,5% quest’anno e il prossimo » anche se il confronto con il 2020 potrà alterare più di un dato, quest’anno.
La dinamica dei prezzi non pone quindi particolari problemi alla Bce, impegnata a mantenere basse le condizioni finanziarie. Il solo rischio è quello di una reazione anomala - a giudicare dai fondamentali - delle aspettative degli investitori, che potrebbero portare a un poco gradito rialzo dei rendimenti. In quel caso, però, la Bce - la cui presidente Christine Lagarde ha già richiamato l’attenzione su questi possibili sviluppi - non avrebbe alcun motivo per trattenersi dall’aumentare gli acquisti di titoli. Come del resto ha già fatto per contrastare le tensioni sui tassi a lunga generate dall’andamento dei mercati Usa.