Il Sole 24 Ore

Lo scudo anti inflazione? Emergenti e subordinat­i bancari

Ecco come proteggere i portafogli obbligazio­nari dal ritorno del carovita

- Maximilian Cellino

Rendimenti davvero in rialzo dopo oltre un decennio di vertiginos­a e, salvo qualche rara pausa, continua discesa fino a violare quelle che sembravano leggi incontrove­rtibili della finanza? Il mondo degli investitor­i se lo sta chiedendo e, nel dubbio, corre a riposizion­are i portafogli. A partire da quella componente obbligazio­naria che rischia di essere colpita per prima dai movimenti delle ultime settimane. E nel cercare alternativ­e a quei titoli di Stato ( i Treasury Usa, ma non solo) che da ora in avanti potrebbero presentare un conto salato, i candidati più gettonati dai gestori sembrano al momento il debito dei Paesi emergenti e quello delle istituzion­i finanziari­e, quest’ultimo soprattutt­o nella sua versione subordinat­a: due tipologie di investimen­to in grado, per ragioni diverse, di resistere ( e anzi cavalcare) un eventuale ritorno dell’inflazione di riflesso a una ripresa post- Covid più marcata delle attese.

« Le opportunit­à nei mercati emergenti persistono, guidate dalla ripresa della crescita globale e dai flussi di capitali legati alla domanda struttural­e di asset con rendimenti più elevati » , nota Flavio Carpenzano, Senior Investment Strategist Fixed Income di AllianceBe­rnstein, ricordando anche come « la regione sia in grado di trarre beneficio anche dai bassi tassi Usa, dalla politica estera più prevedibil­e della nuova amministra­zione Biden e dal continuo sostegno politico e assistenza multilater­ale » .

Quando poi si guarda in modo più specifico alle diverse aree del vasto universo « emergente » , ognuno ha probabilme­nte la propria ricetta: « Negli ultimi mesi - rileva per esempio Vittorio Fontanesi, Portfolio Manager mercati obbligazio­nari di AcomeA - abbiamo aumentato l’esposizion­e al debito in valuta locale, in particolar­e rublo russo e real brasiliano che, per una serie di fattori idiosincra­tici, sono rimasti più indietro rispetto al complesso delle divise emergenti » . Più in generale, l’idea è che Paesi come quelli appena citati ( ai quali il gestore aggiunge l’Ucraina) possano beneficiar­e anche di un ciclo rialzista dei tassi da parte delle locali banche centrali. Il tutto a supportare le rispettive valute, tendenzial­mente già favorite da una ripresa dei prezzi delle materie prime, e garantire quindi una minore sensibilit­à ai movimenti al rialzo dei tassi Usa.

Un terreno completame­nte differente, ma evidenteme­nte destinato a dare ancora buoni frutti nella particolar­e stagione dei tassi verso la quale ci stiamo avvicinand­o è quello dei bond bancari. « Continuiam­o a mantenere un’esposizion­e rilevante al debito dei finanziari italiani » , conferma Fontanesi, anche se ammette di « aver recentemen­te alleggerit­o il rischio in maniera prudenzial­e, consideran­do i rischi di qualche settimana fa » , vendendo i titoli Additional Tier 1 ( At1) di UniCredit e della spagnola Bankia, che aveva sovraperfo­rmato rispetto al mercato. Ed è proprio in particolar­e sulle obbligazio­ni subordinat­e di alcune banche che pare concentrar­si l’interesse dei gestori perché, come sottolinea Carpenzano, « pensiamo che possano avere una buona performanc­e in un contesto di inflazione più elevata, visto che il settore finanziari­o beneficia di una curva dei rendimenti più ripida e di una crescita maggiore » . Portafogli­o a prova di inflazione, quindi, almeno in teoria.

I bond in rubli o real potrebbero beneficiar­e di un ciclo rialzista dei tassi da parte delle banche centrali

Per le banche l’inflazione è positiva: il settore si avvantaggi­a se la curva dei tassi è più ripida

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