Il Sole 24 Ore

Nativi contro Jeep: via il nome Cherokee

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Il capo della Cherokee Nation, un tempo padrona di tutte le terre orientali del Nord America, ora ridotta a una riserva in Oklahoma con 141mila cittadini, vuole che Jeep cessi di utilizzare il nome della tribù sui suoi veicoli. « Non ci onora vedere il nostro nome attaccato sulla targa di un’automobile » , scrive Chuck Hoskin, Gran Capo dei Cherokee dal 2019, rivolgendo­si ai vertici di Stellantis. Hoskin invoca un cambio di stagione, parlando di appropriaz­ione culturale indebita: « Penso sia arrivato il tempo in cui società o squadre sportive non utilizzino più nomi, immagini e mascotte legate ai nativi americani » spiega il leader Cherokee nella nota. Solo i nativi, dice lui, hanno il diritto di decidere come utilizzare i propri nomi e i propri simboli. In un comunicato Jeep replica che « i nomi delle nostre auto sono sempre stati scelti attentamen­te allo scopo di rendere omaggio ai nativi americani, alla nobiltà dei loro popoli, al loro orgoglio e coraggio » . Jeep si è detta aperta e pronta ad aprire un dialogo. I vertici della società hanno già avuto una videocall su Zoom con il capo Cherokee. Ma decidere il cambio di nome dell’auto più di successo del marchio Jeep non è cosa semplice. Il primo modello di Cherokee fu lanciato nel 1974. Dal 2001 quel nome non è stato usato per anni. È stato ripescato nel 2013, con il rilancio della Jeep avviato da Sergio Marchionne, per due versioni del nuovo Suv, il Cherokee e il Grand Cherokee. Negli Stati Uniti sull’onda di queste rivendicaz­ioni negli ultimi tempi diversi marchi hanno modificato il logo ( i pancake Old Aunt Jemina o il riso Uncles Ben’s) per le accuse di razzismo. La squadra di football americano dei « Redskins » ha cambiato il nome in Washington Football Team. La squadra di baseball di Cleveland degli « Indians » sarebbe sul punto di abbandonar­e il nome e a eliminare tutti i riferiment­i ai nativi d’America nel loro logo.

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