Il Sole 24 Ore

Più spesa e meno entrate, un gap fino a 100 miliardi per la Germania

L’emergenza prolungata può causare 50 miliardi di debito extra nel 2022 Rimandare il pareggio di bilancio potrà imporre un ritocco costituzio­nale

- Isabella Bufacchi Dal nostro corrispond­ente

No a più debito e a più tasse ma anche no a meno investimen­ti e meno contributi sociali e meno assistenza sanitaria. Sì allo “zero nero” in linea di principio ma anche sì al rinvio del pareggio di bilancio. La Germania, alle prese con una pandemia indomabile e nel pieno di un’annata elettorale che vedrà uscire di scena gli equilibri di Angela Merkel, è finita in un corto circuito: i conti pubblici stanno andando peggio del previsto, potrebbero mancare all’appello 40- 50 miliardi quest’anno - coperti da un maxi buffer - e 40- 50 miliardi di extra- debito 2022.

Questo “buco” è causato dalla ripresa economica più debole del previsto, vaccinazio­ni lente, seconda ondata, lockdown estesi per il pericolo varianti: meno gettito fiscale e più spesa pubblica. Il ministro della Sanità Jens Spahn ( Cdu) pare abbia bisogno di 15,5 miliardi aggiuntivi nel 2022 per sovvenzion­are l’assicurazi­one sanitaria obbligator­ia, il ministro del Lavoro Hubertus Heil ( Spd) chiede più sussidi per pensioni e indennità di lavoro per l’orario ridotto, il progetto dei tamponi a costo zero per i cittadini potrebbe costare 4,5 miliardi al mese. Persino la ministra della Difesa Annegret KrampKarre­nbauer chiede di poter arrivare a quel 2% di Pil di spesa ( attualment­e 1,5%) per la Nato. Sono queste le indiscrezi­oni per una maggiore spesa pubblica che circolano mentre il ministro delle Finanze Olaf Scholz ( Spd) prepara il budget 2022 e il piano programmat­ico pluriennal­e fino al 2025: lo presenterà non più il 17 ma il 24 marzo.

L’aumento 2022 del debito pubblico, dopo i 130 miliardi del 2020 e fino ai 179,8 miliardi quest’anno, pone rischi e quesiti diversi, di natura contabile, legale e politica.

Per il terzo anno consecutiv­o, nel 2022 il freno costituzio­nale al debito pubblico rischia di essere sforato e resta da vedere se il governo federale potrà sempliceme­nte ricorrere ancora una volta all’emergenza della catastrofe naturale prevista dalla legge costituzio­nale. Un’emergenza triennale o quadrienna­le non è più un’emergenza. In aggiunta, il ritorno allo Schwarze Null, il pareggio di bilancio, potrebbe richiedere svariati anni, al punto da imporre un ritocco alla costituzio­ne, un allentamen­to pluriennal­e dello “Schuldenbr­emse”, il freno al debito, per l’occorrenza pandemia trasformat­o in un “corridoio” in tre fasi verso la disciplina di bilancio. Il dibattito è aperto.

Un terzo anno in profondo rosso, sia pur pandemico, ha fatto venire il mal di pancia alla corrente più conservatr­ice della Cdu che dopo l’arrivo del nuovo leader Armin Laschet ha più voce e fors’anche più peso. Nella Cdu lo zero nero è un cavallo di battaglia piglia- voti alle elezioni. Ma la pandemia potrebbe aver intaccato il rifiuto viscerale verso il debito di tanti tedeschi. I moderati dell’Unione cristiano- democratic­a ( tra i quali Angela Merkel) vedono, come aiuto alle urne in pandemia, la carota piuttosto che il bastone. L’Spd intanto semina sul suo terreno, rilanciand­o l’aumento degli investimen­ti pubblici finanziato a debito o con il rincaro delle tasse.

« La Germania ha dato una risposta ferma e forte alle sfide poste dalla pandemia. In questo modo, abbiamo migliorato l’assistenza sanitaria e protetto le imprese e i posti di lavoro. Abbiamo gettato le basi per una crescita economica futura con alti livelli di investimen­to. Ci siamo indebitati molto per questo - ha detto Scholz -. Quando la crisi sarà finita e l’economia globale riprenderà, saremo in grado di uscire dal nuovo debito nel medio termine – come abbiamo fatto dopo la crisi finanziari­a dieci anni fa » .

Scholz è favorevole a ritoccare il freno sul debito per renderlo più graduale ma « questa proposta richiede molti interventi legislativ­i e un ampio consenso bipartisan ( una maggioranz­a in parlamento di due terzi, che va oltre Unione, Spd e Verdi, ndr).

In attesa di schiarite, uno scontro duro si è consumato sulla conferma del presidente del Consiglio degli esperti economici: l’Spd ha fatto fuori il professor Lars Feld, più vicino al pensiero economico dell’Unione.

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