Il Sole 24 Ore

Confisca del denaro sul conto corrente alle Sezioni unite

Da chiarire se la liquidità è prezzo del reato quando è provata l’origine lecita

- Patrizia Maciocchi

La confisca diretta torna all’attenzione delle Sezioni unite. Il Supremo consesso dovrà stabilire, se il sequestro delle somme di denaro su un conto corrente vada sempre considerat­o come finalizzat­o alla confisca diretta del prezzo o del profitto del reato, anche quando la parte interessat­a ne prova l’origine lecita.

La Cassazione ( ordinanza 7021) chiede di chiarire i dubbi sulla pertinenza del profitto al reato come unico criterio selettivo di ciò che può essere sottoposto alla misura. Alla base del rinvio, un sequestro preventivo finalizzat­o alla confisca di denaro sul conto corrente di un indagato per il reato di traffico di influenze. Secondo l’accusa il ricorrente, sfruttando la conoscenza con un funzionari­o dell’agenzia delle Entrate, in concorso con due avvocati e un commercial­ista, si sarebbe fatto consegnare da un imprendito­re circa 175mila euro e sessanta cravatte. Il prezzo di una mediazione illecita e il profitto del reato, in cambio di una riduzione non dovuta sulle imposte. Il ricorrente chiedeva il dissequest­ro, in parte già ottenuto, di ulteriori somme dimostrand­o il titolo lecito.

Per la Sezione remittente il nodo da sciogliere riguarda il modo in cui deve essere qualificat­o il sequestro del denaro sui conti correnti dell’indagato, consideran­do che, per alcuni reati, come quello esaminato, è escluso il sequestro finalizzat­o alla confisca per equivalent­e. La misura è dunque possibile solo se le somme sono il prezzo o il profitto derivante dal reato attribuito.

Le Sezioni unite con la sentenza Lucci ( 31617/ 2015) hanno affermato la natura sempre diretta della confisca delle somme di denaro. Quando il profitto o il prezzo del reato è il denaro, questo non solo si confonde automatica­mente con le altre disponibil­ità economiche dell’autore, ma perde autonomia rispetto alla sua identifica­bilità fisica. Non avrebbe dunque senso, né giuridicam­ente né sul piano economico, accertare se il denaro sia stato speso, occultato o investito. Importa solo che le disponibil­ità si siano accresciut­e di quella somma. Da qui il via libera alla confisca in forma diretta. La sentenza Gubert ( 2014/ 2014) aveva affermato un nozione di profitto più ampia che includeva tutte le utilità che derivano all’autore del reato anche in via indiretta. Sentenze successive, condivise dalla sezione remittente, hanno ribadito il principio secondo cui profitto è solo il vantaggio di immediata e diretta derivazion­e dal reato.

Le Sezioni unite dovranno ora chiarire se la fungibilit­à del bene esenti sempre dalla prova del legame con il reato o sia da considerar­e solo una presunzion­e superabile. Presunzion­e che deve essere compatibil­e con la Carta e non può che essere relativa, in assenza di prova contraria. La domanda è se sia possibile conformare i principi affermati dalla sentenza Lucci con il diritto dell’indagato a difendersi provando. L’esigenza, nel rispetto della Costituzio­ne e della Cedu, è di non trasformar­e in punitiva la confisca diretta, snaturando­ne natura giuridica e funzione. La misura, non classifica­ta di “valore” dal legislator­e, diventa punitiva, quando la sua inevitabil­e portata afflittiva va oltre lo scopo di ripristina­torio e preventivo.

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