Il lavoratore può indicare le alternative
In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è onere del datore di lavoro « allegare e dimostrare il fatto che rende legittimo l’esercizio del potere di recesso, ossia l’effettiva sussistenza di una ragione inerente all’attività produttiva, all’organizzazione o al funzionamento dell’azienda nonché l’impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte » , cioè quello che è definito repêchage. Quest’ultimo « inespresso a livello normativo, trova giustificazione sia nella tutela costituzionale del lavoro che nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale, che non può essere condizionata da finalità espulsive legate alla persona del lavoratore » . La Corte precisa che il dipendente può indicare la presenza di posti in cui essere ricollocato all’interno dell’azienda ma non è un suo obbligo. In particolare, in alcune sentenze, si è affermato che « ove il lavoratore medesimo, in un contesto di accertata e grave crisi economica ed organizzativa dell’impresa, indichi le posizioni lavorative a suo avviso disponibili e queste risultino insussistenti, tale verifica ben può essere utilizzata dal giudice al fine di escludere la possibilità del predetto repêchage » .
Corte di cassazione, sentenza 4673/ 2021, depositata il 22 febbraio