Il Sole 24 Ore

Il Recovery non taglia il valore dei prestiti

Confermato l’utilizzo integrale dei 127 miliardi previsti da Next Generation

- — G. Tr.

Concentraz­ione, più che rimodulazi­one. La parola d’ordine che sta guidando la riscrittur­a del Recovery Plan al ministero dell’Economia punta a far convergere le risorse su un numero più limitato di progetti strategici. Ma almeno per ora non sembra rimettere in discussion­e i numeri chiave dell’impianto elaborato fin qui.

Uno su tutti: l’utilizzo integrale dei 127 miliardi di prestiti previsti per il nostro Paese dal programma Next Generation Eu sembra confermato, senza ripensamen­ti sulla possibilit­à di usarne solo una parte. Anche con i tassi abbassati dall’effetto- Draghi, del resto, un margine di convenienz­a in termini di tassi di interesse rispetto ai BTp rimane. Confermata per ora anche la divisione fra le quote destinate a progetti aggiuntivi, poco più di 40 miliardi oltre ai 65 di sussidi, e quelle dirottate al finanziame­nto del tendenzial­e, per modulare l’uso dei fondi Ue con gli obiettivi di finanza pubblica come ribadito da Draghi nel suo discorso sulla fiducia alle Camere.

Tra gli assi del restyling sulle bozze lasciate in eredità dal governo Conte- 2, del resto, non c’è certo la riduzione delle dimensioni del Piano. Che, in quest’ottica, dovrebbe mantenere nel proprio impianto anche l’aggancio con i 21 miliardi dei fondi nazionali di sviluppo e coesione che permettere­bbero di accelerare una parte di programmi infrastrut­turali.

Il problema semmai è l’opposto, legato all’esigenza di intensific­are l’effetto di spinta sulla crescita che secondo le critiche corali arrivate nelle audizioni di queste settimane era troppo debole nelle bozze all’esame del Parlamento. I calcoli di Via XX Settembre avevano attribuito al Piano la possibilit­à di far crescere di tre punti percentual­i il Pil italiano a regime dal 2026, secondo una stima considerat­a troppo generosa sia da Bankitalia sia dall’Ufficio Parlamenta­re di Bilancio. Per raggiunger­e quei numeri, e soprattutt­o per rispondere ai parametri definiti dalle regole comunitari­e, il documento deve spingere « sugli obiettivi strategici e le riforme che le accompagna­no » , come ha ricordato martedì Confindust­ria alle commission­i Bilancio e Politiche Ue.

Proprio i capitoli delle riforme, articolati intorno alla triade Pubblica amministra­zione, giustizia e fisco, porteranno le novità più importanti rispetto al Recovery provvisori­o, con l’obiettivo di dare una fisionomia più definita al Piano. Che anche nei numeri dovrà rendere più chiari gli indirizzi strategici di fondo fin qui nascosti dalla pioggia di progetti.

Di qui il lavoro sulla concentraz­ione delle risorse, che potrebbe escludere dalla griglia delle candidatur­e ai finanziame­nti le voci più distanti dagli obiettivi comunitari ( è il caso dei quasi 5 miliardi destinati al cashback, che gonfiano in maniera un po’ artificial­e il capitolo intitolato alla « digitalizz­azione della Pa » e la parte dei micro- progetti sopravviss­uta alla prima drastica opera di pulizie compiuta al Mef nelle ultime settimane del governo Conte- 2.

La costruzion­e del nuovo Piano in ogni caso proseguirà per oltre un mese, in un lavoro a tre livelli che ovviamente vede il cuore delle decisioni politiche a Palazzo Chigi, la definizion­e dei contenuti chiave al Mef nel gruppo ristretto di ministro, dg del Tesoro e Capo della segreteria tecnica e il piano operativo alla task force guidata da Carmine Di Nuzzo ( come anticipato sul Sole 24 Ore di ieri). Nel calendario stabilito dalla capigruppo di ieri la commission­e Bilancio della Camera presenterà in Aula la relazione al Pnrr il 30 marzo. E il governo presenterà il nuovo piano dopo il parere parlamenta­re.

Riforme dettagliat­e e risorse concentrat­e su pochi obiettivi saranno le novità del nuovo Piano

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Il calendario. Il 30 marzo relazione alla Camera della commission­e Bilancio. Dopo il parere arriverà il nuovo Pnrr da sottoporre a Bruxelles

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