Dai big ai terzisti, Italia pronta alla sfida
Nella lista Pmi del farmaco e colossi come Gsk. Ipotesi incentivi per chi riconverte
L’Italia è da anni punta di diamante, prima della Germania, nella manifattura farmaceutica. E sulla sua filiera produttiva il nostro Paese e l’Europa può provare ad attingere per produrre i vaccini contro il Covid se, come sembra, si tenterà la strada dell’allargamento della catena produttiva. Con una avvertenza però: siamo all’avanguardia soprattutto nella seconda fase di produzione, quella del confenzionamento e infialamento dei vaccini, su cui si potrebbe essere pronti nel giro di pochi mesi in tempo per la coda dell’epidemia. Molto più complicata la produzione della prima fase ( « bulk » ) , quello della miscela che ha bisogno di impianti e macchinari complessi. Per produrre un vaccino come quello di AstraZeneca la fase più delicata è la produzione dell’antigene che avviene all’interno di costosi macchinari chiamati bioreattori che sono pochissimi in Italia. Anche i vaccini Pfizer e Moderna sono complicati perché basati sulla tecnologia mRna, mai impiegata prima per un vaccino. Qui i tempi per mettere in piedi una linea produttiva ex novo si allungherebbero. Due le strade possibili: gli inventori dei vaccini trasferiscono la tecnologia ad aziende- terziste con la validazione Ema o Aifa, e in questo caso per entrare a regime ci vorranno da 7- 8 mesi a 1 anno ( è quello che sta facendo Sanofi in Francia col vaccino Pfizer e sta facendo anche Gsk in Belgio dove produrrà il vaccino della tedesca Curevac); oppure costruire da zero la tecnologia per produrre vaccini a base Rna, e in questo caso ci vorranno almeno due anni. Strade comunque su cui riflettere in vista di possibili vaccinazioni future.
Si partirà da qui oggi nella incontro organizzato dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti con il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi. Sul tavolo il Mise potrebbe presentare anche l’idea di incentivi ad hoc per le aziende che si riconvertiranno nella produzione dei vaccini. Farmindustria non dovrebbe presentarsi ancora con una lista di aziende disponibili ad adeguare linee produttive e stabilimenti ma con l’impegno a fare subito uno scouting. Perché le eccellenze in Italia non mancano, come le piccole e medie aziende del conto terzi che lavorano per le grandi multinazionali del farmaco, un settore in cui l’Italia è prima in Europa con oltre 2 miliardi di euro di valore della produzione. Con alcune realtà già impegnate nei vaccini Covid soprattutto nell’infialamento: c’è l’ormai nota Catalent di Anagni che confeziona i vaccini di AstraZeneca e in futuro quelli di Johnosn & Johnson. Sempre nel Lazio ci sono realtà come la biomedica Foscama di Ferentino o la Acs Dobfar di Anagni e l’Haupt Pharma di Latina. L’assessore del Lazio Alessio D’Amato ha fatto il nome dell’americana Thermo Fisher Scientific sempre di Ferentino. C’è poi la Fidia farmaceutici di Abano Terme. E poi ci sono le grandi multinazionali che hanno stabilimenti produttivi in Italia, come Sanofi che sempre ad Anagni lavora al suo vaccino contro il Covid che sarà pronto però solo a fine anno. Tra le big italiane che hanno una lunga tradizione c’è soprattutto Gsk che in Toscana concentra la ricerca mondiale sui vaccini del gruppo ( a Siena) e il più grande polo di produzione, in cui lavorano duemila persone ( a Rosia, vicino Siena) e su cui ora sta investendo altri 18 milioni per modernizzare il processo produttivo del vaccino contro il meningococco B. E sempre qui si prepara a infialare e confezionare l’adiuvante Gsk utilizzato in alcuni vaccini contro il Covid. La multinazionale britannica ha fatto sapere di essere pronta ad accogliere la produzione di altri vaccini in particolare per quanto riguarda la seconda fase, quella dell’infialamento. Ma di non avere le tecnologie per fare la produzione “primaria” dei vaccini a base Rna. « Per produrre l’Rna ci vogliono i bioreattori – ha spiegato Rino Rappuoli, direttore scientifico di Gsk Vaccines - ma in Italia gli impianti li abbiamo solo noi, e non servono per il vaccino anti- Covid ma per il vaccino contro la meningite che è batterico, e li ha Reithera, ma non credo per fare milioni di dosi » .
All’ex giornalista e agli altri indagati i pm hanno sequestrato nei giorni scorsi 70 milioni di euro