Ministeri, tecnici e Lega i protagonisti nel restyling
Mise e Turismo cambiano volto. Nasce il Comitato per la transizione digitale
La macchina ministeriale ridisegnata e corretta da Mario Draghi ora può davvero accendere i motori. Il decreto sull'organizzazione e le competenze dei nuovi ministeri della Transizione ecologica e della Transizione digitale e sull’attribuzione di una struttura autonoma con capacità di spesa al Turismo è pronto a decollare. Così come sono pronti a diventare operativi, in seno alla Presidenza del consiglio, i due nuovi Comitati interministeriali sempre sulla transizione ecologia e sulla transizione digitale. E, a prescindere da chi ne impugnerà le maniglie del timone ( direttamente il premier o Vittorio Colao e Roberto Cingolani, i due ministri tecnici scelti proprio da Draghi), la nascita di questi due organismi al fianco di altrettanti ministeri di nuova generazione rappresenta un chiaro segnale del tentativo di evitare che la partita sul Recovery plan, la più importante che è chiamato a vincere il governo insieme a quella sui vaccini, sia condizionata, come nel passato anche recente, dal continuo rincorrersi dei veti incrociati all’interno della maggioranza.
È altrettanto evidente che dentro e fuori i Comitati a incidere maggiormente nella ricostruzione del piano italiano per l’utilizzo degli aiuti europei sarà una sorta di quadrilatero formato da strutture di peso tutte affidate a tecnici: il ministero dell’Economia e quelli delle Infrastrutture, della Transizione ecologica e della Transizione digitale. Lo spacchettamento delle competenze da un dicastero all’altro ne è un’ulteriore conferma. Ad esempio, tutte le funzioni in materia di energia ( compresa la vigilanza sull’Enea) e le risorse umane utilizzate a questo scopo vengono trasferite in toto dal ministero dello Sviluppo economico alla struttura guidata da Colao, che, come previsto, assorbe anche le competenze sul versante ambientale. Il Mise viene dunque svuotato lasciando a Giancarlo Giorgetti essenzialmente il compito di gestire le crisi aziendali e di contribuire a fissare gli obiettivi della politica industriale.
Ma per un ministero che si alleggerisce, pur mantenendo un ruolo importante nella scacchiera del governo, un altro affidato sempre a un esponente del Carroccio si rafforza, come annunciato da Draghi fin dal primo momento: è quello del Turismo, affidato a Massimo Garavaglia, dopo che nel “Conte 1” il Carroccio lo aveva già gestito con Gian Marco Centinaio nell’ambito di un accorpamento un po’ acrobatico con le Politiche agricole. Quello del ministero autonomo e dedicato è una novità assoluta nell’era postleggi Bassanini e successive rivisitazioni, visto che per un settore importante per l’economia del Paese come quello del turismo nel progetto di riforma originario non era stato di fatto contemplato un dicastero specifico. Che ora si dota invece di portafoglio e, soprattutto, ingloba una direzione generale strategica ( personale compreso) che nel “Conte 2” faceva parte del raggio d’azione dei Beni Culturali. Un dicastero, quest’ultimo, che si alleggerisce notevolmente rispetto al “Conte 2”, e non solo perché ha cambiato denominazione trasformandosi in ministero della Cultura. Alla sua guida è rimasto il Dem Dario Franceschini. Che, così come i suoi colleghi di partito, Vincenzo Guerini alla Difesa e Andrea Orlando al Lavoro, non dovrebbe essere chiamato in causa nei nuovi Comitati interministeriali, a differenza, ad esempio, del ministro dello Sviluppo economico ( in entrambe le strutture) o dei ministri della Pa e della Salute ( in quello per la transizione digitale).