Il Sole 24 Ore

Scambi intra Ue di azioni: l’Italia limita la neutralità

Richiesto un conferimen­to che integra un controllo preesisten­te

- Marco Piazza Alessandro Savorana

La discrimina­zione dello scambio di azioni per integrazio­ne della percentual­e di controllo, laddove la normativa interna prevede condizioni restrittiv­e per poter fruire della neutralità fiscale, è stata segnalata alle autorità europee da parte della Commission­e per la compatibil­ità delle norme italiane con il diritto Ue dell’Aidc di Milano.

Oggetto della denuncia, la n. 16, è la normativa italiana sullo scambio di partecipaz­ioni infra- Ue, nella parte in cui l’articolo 178, comma 1, lettera e) del Dpr 917/ 1986 – come modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera d), Dlgs 199 del 2007, di recepiment­o della direttiva 2009/ 133/ Ce - riconosce il regime di neutralità fiscale allorché s’integri una partecipaz­ione di maggioranz­a già posseduta a condizione che l’integrazio­ne della partecipaz­ione di controllo avvenga « in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario » .

In sostanza vi è disallinea­mento tra la direttiva 2009/ 133/ Ce e la norma interna di recepiment­o. La direttiva ( articolo 2), ammette in modo incondizio­nato e sufficient­emente chiaro e preciso che la neutralità fiscale sia applicabil­e allorché una società « acquisisce nel capitale sociale di un’altra società una partecipaz­ione il cui effetto sia quello di conferire la maggioranz­a dei diritti di voto di questa società o, se dispone già di tale maggioranz­a, acquisisce un’ulteriore partecipaz­ionne » senza porre, a differenza della norma interna, il vincolo che l’acquisizio­ne dell’ulteriore partecipaz­ione derivi da un obbligo legale o da un vincolo statutario.

Peraltro, la norma italiana limita il regime di neutralità fiscale agli scambi in cui una società residente in Italia o in uno Stato europeo acquisisce il controllo di una società residente in un altro Stato dell’Unione europea, mentre il regime, stante la giurisprud­enza della Corte di giustizia ( sentenza 19 luglio 2012, nella causa C- 48/ 11), dovrebbe applicarsi anche agli scambi di partecipaz­ioni in cui la società acquirente o la società scambiata siano residenti in uno Stato dello Spazio economico europeo.

La commission­e Aidc fa osservare che il conflitto fra la normativa nazionale e la Direttiva è confermato dalla sentenza della Corte di giustizia Ue. Nella sentenza, che riguarda il caso di conferimen­to del 19,7% delle partecipaz­ioni di una società di diritto finlandese a una società di diritto norvegese che già deteneva il residuo 80,3% del capitale, la questione non è neppure messa in discussion­e essendo evidenteme­nte data per scontata l’interpreta­zione della norma europea.

Viene inoltre messo in evidenza che il Dlgs 199 del 2007 non ha introdotto la locuzione « ovvero incrementi, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentual­e di controllo » solo nell’articolo 178 del Testo unico, ma anche nell’articolo 177, commi 1 e 2 che disciplina­no gli scambi di partecipaz­ioni nazionali prevedendo:  per le permute, un regime di neutralità fiscale analogo ( anche se non perfettame­nte identico) a quello previsto dall’articolo 178;  per i conferimen­ti, un regime di « realizzo controllat­o » che consente di evitare o contenere l’emersione di plusvalenz­e imponibili.

Infine, la Commission­e Aidc fa rilevare come lo stesso legislator­e italiano fosse perfettame­nte consapevol­e del rischio di un conflitto con il diritto dell’Unione europea. Infatti, la « Nota di lettura » n. 59 del settembre 2007 allo schema di Dlgs 199 del 2007 ( pagina 5) - dopo aver evidenziat­o che « l’applicazio­ne della normativa in esame sembra condiziona­re la neutralità fiscale ai soli casi di incremento dovuto ad obbligo legale o per vincolo statutario, escludendo tutti i casi di incremento volontario delle partecipaz­ioni già possedute » - evidenzia come l’applicazio­ne della neutralità fiscale ai soli casi di obbligo legale o di vincolo statutario possa creare possibili ricadute in termini di minor gettito e/ o di maggiori oneri derivanti da procedimen­ti giurisdizi­onali nazionali o comunitari.

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