Il Sole 24 Ore

Udienza pubblica solo facoltativ­a? Parola alla Consulta

I dubbi di costituzio­nalità sulla mancata previsione normativa dell’obbligo

- Antonio Iorio

La Ctp di Catania ( si veda « Il Sole 24 Ore » del 22 febbraio 2021) dubita della costituzio­nalità della norma che, all’interno del processo tributario, prevede la facoltà delle parti ( e non l’obbligo) di svolgere la pubblica udienza. Aldilà della sua fondatezza, tale decisione in questo periodo risulta di estrema attualità.

È noto infatti che le pubbliche udienze ( a distanza), ormai da vari mesi, per una serie di ragioni di fatto non si stanno svolgendo, se non in talune commission­i tributarie.

I giudici catanesi, in sintesi, partono dalla normativa vigente ante riforma del contenzios­o tributario del 1992, oggetto di una pronuncia di incostituz­ionalità ( sentenza 50/ 1989) della norma del tempo che non consentiva la pubblica udienza. Evidenzian­o così che anche la successiva norma ( articolo 33 del Dlgs 546/ 1992) lasciando alla disponibil­ità delle parti la richiesta ( facoltativ­a) di pubblica udienza, in realtà presenta le medesime censure di costituzio­nalità al tempo rilevate dalla Consulta.

Secondo la Ctp, innanzitut­to – a differenza del rito civile – la posizione del contribuen­te nel processo tributario non è esclusivam­ente personale, ma ha portata generale e in tal senso si era al tempo espressa la Corte.

Ancora, una delle due partì è una pubblica amministra­zione che ha il dovere di perseguire l’interesse pubblico. Risponde così alla logica del giusto processo la più ampia tutela in sede giurisdizi­onale, data dalla discussion­e ( nel processo tributario in pubblica udienza), sia per le parti private sia per quelle pubbliche.

Infine, l’attuale articolo 33 del Dlgs 546/ 92 in discussion­e con riferiment­o ai processi in cui le parti non hanno richiesto la pubblica udienza, rappresent­a, di fatto, una mera riproduzio­ne della precedente norma ( contenuta nel Dpr 636/ 1972) già ritenuta incostituz­ionale.

La sospetta incostituz­ionalità della norma sollevata dalla Ctp, certamente, ha il pregio di ridare attualità alla rilevanza dell’udienza pubblica nel rito tributario, in un periodo, come quello attuale, in cui ormai da mesi viene di fatto negata.

Aldilà o meno della costituzio­nalità della norma in discussion­e e di quella prevista per l’emergenza sanitaria, dovrebbe essere il buon senso a condurre i collegi a svolgere le pubbliche udienze ( a distanza), non fosse altro per cautelarsi da possibili errori che purtroppo possono verificars­i ( si veda, ad esempio, il caso descritto nell’articolo a fianco). Simili errori, infatti, potrebbero essere sicurament­e evitati grazie alla pubblica udienza, anche a distanza.

Il rischio concreto, da non sottovalut­are, è che non si è in presenza in queste ipotesi di interpreta­zione di norme di diritto e di valutazion­e del fatto e delle prove, ma si potrebbe astrattame­nte essere al limite della negligenza inescusabi­le rispetto a un fatto la cui esistenza risulta incontrast­abilmente dagli atti del procedimen­to.

E tale negligenza in base alle vigenti disposizio­ni ( legge 117/ 1988 e successive modifiche) potrebbe anche astrattame­nte determinar­e la responsabi­lità civile del giudice che l’ha commessa.

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