Il Sole 24 Ore

Comuni, pronti 9mila progetti: finanziato il 70%, il 30% nel Recovery

Distribuit­i i primi 1,85 miliardi ( il 60,5% a Sud) per 2.846 interventi, a maggio la seconda tranche Ma i sindaci hanno interventi per 5,1 miliardi e la copertura può essere completata con l’anticipo dei fondi Ue

- Gianni Trovati

Grazie a una concentraz­ione inedita di aiuti nazionali alla spesa in conto capitale degli Enti locali, fra quest’anno e il 2022 i sindaci puntano a creare oltre 9mila cantieri, che insieme cumulano 5,1 miliardi di euro. Piccole opere sul territorio, speso urgenti, già finanziate per una quota del 70% e il cui budget mancante sarà integrato dalle risorse del Recovery Plan.

All’apparenza è un mondo lontano dalle grandi strategie che dovrebbero innervare il Recovery Plan. Ma anche se rimane fuori dai riflettori del dibattito pubblico viaggia, a ritmi più veloci, nella stessa direzione. E appare destinato a incrociare presto le sorti del Piano di ripresa nazionale.

Si tratta delle piccole opere dei Comuni, su cui si sta avviando in questi giorni la macchina del finanziame­nto statale. Le opere sono piccole, sì. Ma ora quelle pronte a partire sono tante, grazie a una concentraz­ione inedita di aiuti centrali alla spesa in conto capitale degli enti locali. Fra quest’anno e il prossimo i sindaci puntano a creare oltre 9mila cantieri, che insieme cumulano 5,1 miliardi di euro.

Questa partita, che si concentra su dissesto idrogeolog­ico e messa in sicurezza di strade e scuole, si affianca ai contributi per gli investimen­ti verdi ( si veda l’articolo a fianco). E insieme può determinar­e un aumento nell’ordine del 40% rispetto al livello normale della spesa di investimen­to dei Comuni, che negli ultimi anni si è fermata poco sotto i 10 miliardi di euro.

A rendere possibile il salto è la congiunzio­ne fortunata di tre fattori. La legge di bilancio del 2019 ( governo gialloverd­e) aveva deciso di rilanciare il modello spagnolo per gli investimen­ti locali, fatto di piccoli aiuti statali diffusi in cambio di progetti per obiettivi predefinit­i e soprattutt­o di tempi certi, e brevi, nella realizzazi­one dei lavori. Su questi filoni era stato innestato un fondo con un orizzonte lungo, fino al 2033. A cambiare il quadro è stato il Covid. Che ha colpito duro anche sui conti pubblici, ma con la sospension­e delle regole Ue ha aperto enormi spazi fiscali. Il decreto di maggio, che con i suoi 55 miliardi di indebitame­nto ( e i 155 di saldo netto) detiene un record difficilme­nte scalfibile in futuro, ha colto l’occasione anche per accorciare il calendario del fondo per gli investimen­ti comunali ( con una mossa costruita dalla Ragioneria generale e mandata avanti sotto la regia politica della viceminist­ra all’Economia Laura Castelli, che dovrebbe mantenere la delega alla finanza locale anche nel nuovo governo). Le rate annuali quindi si sono gonfiate. E i Comuni, va detto, hanno risposto. Inondando il governo di progetti, in larga parte già pronti ma fin qui bloccati proprio dall’assenza di coperture.

I primi 1,85 miliardi sono stati assegnati da Mef e Viminale martedì scorso ( Sole 24 Ore di mercoledì), e danno benzina a 2.846 interventi, tutti dedicati al dissesto idrogeolog­ico; in una geografia che guarda decisament­e a Sud, come mostrano i calcoli dell’Ifel, dove si è concentrat­o il 60,5% dei fondi statali. Che svolgono quindi un evidente ruolo di supplenza alla debolezza dei conti locali meridional­i. Gli assegni sono parametrat­i alla dimensione dei Comuni, e arrivano a un milione di euro quando gli abitanti sono meno di 5mila, salgono a 2,5 milioni per gli enti fino a 25mila residenti e arrivano a 5 milioni per i più grandi. Per le opere più piccole, fino a 100mila euro, l’affidament­o dei lavori dovrà avvenire entro l’estate. Per quelle fino a 750mila euro si potrà attendere l’autunno, mentre le più grandi avranno tempi maggiori ma compresi in ogni caso entro l’autunno 2022.

Ma Economia e Interni lavorano già a una nuova tappa, che entro maggio dovrebbe finanziare un altro tratto della graduatori­a sterminata con ulteriori 1,75 miliardi. Ed è a questo punto che i piccoli investimen­ti locali incrociano direttamen­te il Recovery: perché dopo la seconda tranche dovrebbero rimanere scoperti meno di 3mila interventi, per un valore intorno al miliardo e mezzo, che al Mef si studia di finanziare anche con una fetta dell’anticipo ( fino a 23 miliardi) sul Next Generation Eu. A patto, naturalmen­te, di presentare il Piano entro fine aprile.

Ma al Recovery non toccherà solo il compito di finanziare le code lasciate scoperte dai fondi nazionali. Nell’impianto del Pnrr all’esame del Parlamento, come ha rilevato in audizione la Corte dei conti, ci sono progetti per 49 miliardi che intreccian­o gli enti locali. I numeri definitivi arriverann­o ad aprile, ma l’obiettivo alla portata di mano è chiaro ed è quello di riportare gli investimen­ti comunali a viaggiare a ritmi di circa 20 miliardi l’anno. Sono i livelli che si registrava­no fino ai primi anni Duemila: quando l’Italia cresceva a tassi meno anemici di quelli che hanno cadenzato la lunga stagnazion­e pre- Covid.

Tra 2021 e 2022 possibile un aumento del 40% rispetto ai livelli ordinari di spesa locale per investimen­ti

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