Il Sole 24 Ore

Rinnovabil­i: aste deserte da noi, ressa a Madrid ITALIA- SPAGNA

Società italiane frenate dai tempi troppo lunghi per avere le autorizzaz­ioni

- Laura Serafini

Nelle aste italiane di gennaio, su un totale di 1,2 gigawatt per impianti fotovoltai­ci, sono stati assegnati solo 300 megawatt. Negli stessi giorni in Spagna è stata indetta un’asta per 3 gigawatt che ha ottenuto una domanda tre volte superiore all’offerta ( 9,7 gigawatt), con 82 partecipan­ti e 32 vincitori. L’Agenzia internazio­nale per le rinnovabil­i guarda con preoccupaz­ione al fenomeno italiano. A frenare la partecipaz­ione delle imprese sono soprattutt­o i tempi troppo lunghi necessari a ottenere le autorizzaz­ioni per gli impianti.

« Quanto sta accadendo in Italia con le aste per le rinnovabil­i indette dal Gse è preoccupan­te. Nell’ultima asta di gennaio, su un totale di 1,2 gigawatt per impianti fotovoltai­ci sono stati assegnati 300 megawatt, nei fatti molto meno delle aspettativ­e » . Negli stessi giorni in Spagna veniva indetta un’asta per 3 gigawatt che ha ottenuto una domanda tre volte superiore all’offerta ( 9,7 gigawatt), con 82 partecipan­ti e 32 vincitori. A parlare è il direttore generale di Irena, l’Agenzia internazio­nale per le energie rinnovabil­i, nata nel 2010, con sede ad Abu Dhabi e 164 paesi aderenti. Irena sta progettand­o la road map per stabilire tempi e tecnologie che permettera­nno all’Unione europea di centrare il target della neutralità carbonica entro il 2050. Francesco La Camera è italiano; prima di arrivare nel Golfo era direttore generale del ministero per l’Ambiente con responsabi­lità per lo sviluppo sostenibil­e e la cooperazio­ne internazio­nale. Il suo punto di vista da un osservator­io internazio­nale rappresent­a un prezioso contributo ora che il governo Draghi ha deciso di accelerare la svolta green del paese.

« Non è solo la Spagna a correre sulle aste, anche il Portogallo e molti altri paesi. In Italia le imprese che partecipan­o alle aste devono farsi carico di ottenere l’autorizzaz­ione unica – continua -. La verità è che ci sono pratiche ferme da troppo tempo. Il fatto che, ad esempio Enel, la prima utility al mondo nello sviluppo delle rinnovabil­i, insieme ad altre aziende italiane leader nel settore, non possano investire come vorrebbero in Italia colpisce e preoccupa. Questa storia delle autorizzaz­ioni andrebbe risolta rapidament­e » . In base alle norme vigenti, i tempi per l’autorizzaz­ione unica non dovrebbero superare i 90 giorni. Le autorizzaz­ioni per gli impianti rinnovabil­i restano invece bloccate in media per un anno e mezzo; quelle per gli impianti eolici 5 anni, con punte di 9 anni. Per autorizzar­e una colonnina per la ricarica elettrica ci voglio in media 350 giorni. « Le aste in Italia non solo vanno deserte, ma anche per le quote assegnate i prezzi sono molto alti. Queste procedure funzionano tipicament­e perché aumentano la competitiv­ità e riducono il prezzo dell’energia elettrica: chi vince si impegna a fornire energia a una contropart­e a un determinat­o prezzo ( con i contratti Ppa, nei fatti disinterme­diando i distributo­ri di energia, ndr) – spiega il dg -. Ma la scarsa partecipaz­ione ha lasciato i prezzi a 68 euro a megawattor­a in Italia, contro 25 euro in Spagna, 17 euro in Portogallo e 13 euro nei paesi del Golfo. Le cifre più alte sono legate alle difficoltà di acquisizio­ne dei suoli, ma soprattutt­o all’incertezza autorizzat­iva. Serve un intervento di semplifica­zione: una assoluta priorità per il governo Draghi » . L’idea di mettere assieme le competenze ambientali con quelle per la transizion­e energetica in un unico ministero può servire? « È sicurament­e una mossa buona, perché favorisce il dialogo tra due parti dell’amministra­zione, spesso con vedute diverse, che ora sono chiamate a collaborar­e più strettamen­te nello stesso ministero – chiosa -. Ma bisogna fare in fretta » .

Il 37% dei fondi del Recovery Plan è destinato alla lotta per il cambiament­o climatico. Per accedere ai finanziame­nti occorrono progetti validi e la capacità di rendiconta­re gli interventi alla Commission­e europea, che procederà agli esborsi sulla base degli stati di avanzament­o. « Per questo motivo bisogna sfruttare le capacità progettual­i che hanno le aziende italiane, fra queste Enel, Snam, Eni. Se si vogliono raggiunger­e obiettivi complessi, come la diffusione delle infrastrut­ture di ricarica per la mobilità elettrica – fa notare - occorre che il governo avvii in tempi brevi procedure per la presentazi­one di proposte progettual­i innovative e credibili. Sarebbe necessario avviare al più presto una competizio­ne di idee su questi grandi aree di intervento. È questa una grande occasione per costruire partnershi­p pubblico- private che permettano al paese di muoversi verso l’innovazion­e tecnologic­a delle reti e in tutte le altre tecnologie in modo efficace. Non tutto può essere gestito dal pubblico e con le modalità del pubblico » . Il governo Draghi dovrà compiere anche altri passi importanti per allineare i target italiani a quelli europei.

« Le previsioni del Piano italiano energia e clima sull’incremento delle rinnovabil­i del 30% entro il 2030 dovrebbero essere più ambiziose. Lo erano poco anche rispetto al target europeo del 32 %; se non fanno da traino Grecia, Spagna, Italia e Portogallo che hanno le risorse naturali quali paesi lo dovrebbero fare? Il Pniec dovrà peraltro essere aggiornato alla luce dei nuovi impegni europei, visto che l’Ue ha alzato al 55% i target per la diminuzion­e delle emissioni e che il nuovo target europeo per le rinnovabil­i potrebbe aggirarsi intorno al 40% al 2030 » , osserva. Per La Camera anche l’idrogeno verde offre opportunit­à, per accelerare la transizion­e dei settori industrial­i “hard to abate” e per il trasporto navale o per il traffico merci su strada. « Nel contesto della strategia per l’idrogeno elaborata dal Mise, il governo sarà chiamato a considerar­e con attenzione le proprie scelte sulla governance dell’idrogeno verde: se realizzare grandi impianti per la produzione in prossimità dei siti industrial­i da servire o se invece adattare l’attuale rete per la distribuzi­one del gas o un mix dei due – spiega -. Bisognerà ricercare e promuovere le migliori soluzioni tecnologic­he. Il futuro del sistema energetico si baserà sulle rinnovabil­i, con il complement­o di idrogeno verde e della moderna bioenergia » . Poi c’è la questione del ruolo che l’Italia dovrebbe recuperare a livello internazio­nale. Il segretario generale dell’Onu ha convocato per il settembre di quest’anno l’High Level Dialogue sull’energia, il primo dopo quaranta anni e la crisi petrolifer­a. Servirà a definire i nuovi impegni per la riduzione delle emissioni che gli Stati devono rinnovare in occasione della Cop26. « Il dialogo è organizzat­o su 5 gruppi di lavoro: accesso all’energia, transizion­e energetica, innovazion­e tecnologic­a, finanza e just transition – spiega -. Irena è stata chiamata ad assumere il ruolo di co- lead del team dei paesi selezionat­i come “Champions” per la transizion­e energetica. Il maggior numero di paesi è in questo gruppo: tra questi Spagna, Germania, Danimarca. L’Italia non c’è. Sarebbe auspicabil­e che il governo Draghi possa far sì che sia riconosciu­to all’Italia, per la propria leadership nel campo delle rinnovabil­i, il ruolo di “Champion” in preparazio­ne dell’High Level Dialogue che si terrà a New York a settembre » .

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FRANCESCO LA CAMERA Dg di Irena, l’Agenzia internazio­nale per le energie rinnovabil­i

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