IL RITORNO DI CONTE E IL SEGNO DELLA DISCONTINUITÀ
Èstata la giornata del ritorno di Conte sulla scena, se non politica di certo pubblica, con la lectio magistralis - “lezioni dalla pandemia” - all’Università di Firenze. In ogni passaggio del suo discorso si è cercato di intravvedere una scelta di campo e qualche spunto l’ha dato quando ha detto che « il bilancio sulla pandemia lo darà la storia » , quando ha ribadito il « no » al Mes e difeso le sue scelte – quelle più criticate – prese attraverso i Dpcm. Insomma, quel mondo in cui l’ex premier ha vissuto fino a qualche settimana fa sembrava ancora vicino e dentro i suoi interessi. Ma tornare sarebbe un’impresa per niente semplice. Si tratterebbe di guidare un partito, non Palazzo Chigi, cosa perfino più complessa perché “rianimare” un Movimento lacerato, in profonda crisi di identità e di consensi richiede non solo una leadership credibile ma un argomento forte per ritrovare un dialogo con i milioni di delusi. Una missione che ha come punto di partenza il caos se Luigi Di Maio arriva a definirsi « moderato e liberale » .
Ci si chiede, poi, anche quali spazi politici restino ai 5 Stelle visto che stare in maggioranza riduce i margini di azione e questo non è compensato da posti di primo piano nel Governo. Inoltre, per Conte anche la prospettiva di diventare il federatore dell’alleanza con il Pd potrebbe sfumare: nel partito tira aria di congresso e l’opposizione interna a Zingaretti è sempre più agguerrita. I 5 Stelle, con lui, sperano di trovare una scorciatoia alle vere questioni che però restano: quale rappresentanza cercare, con quale profilo e classe dirigente. Soprattutto peserà la dialettica che si stabilirà con il Governo Draghi.
Per coincidenza proprio ieri mentre l’ex premier parlava all’Università di pandemia ed Europa, l’Esecutivo dava un primo segno di discontinuità nominando un nuovo capo della Protezione Civile ( Curcio che sostituisce Borrelli). Raccontano che sia un passo verso un ridimensionamento del ruolo di Arcuri, vicino a Conte. Un segnale sulla campagna vaccinale che il premier vuole gestire secondo criteri diversi dal super- commissario sempre che il tentativo di cambiare le impostazioni a livello europeo – lanciato allo scorso vertice Ue - dia buoni frutti sull’approvvigionamento delle fiale. In realtà il dilemma continuità/ discontinuità sembra più un argomento polemico dei politici. Nel senso che su misure restrittive e uso del Dpcm ( vedi quello di ieri) si sta andando avanti come prima mentre su vaccini e misure economiche ( ribattezzate di “sostegno” e non più di “ristoro”) si studiano novità. In sostanza, non sembra ci sia una precisa intenzione di Draghi di segnare una differenza con il passato ma solo trovare soluzioni che non lo facciano affondare nelle sabbie mobili dei partiti.