Il Sole 24 Ore

Rider con prestazion­e organizzat­a dal committent­e

Le conseguenz­e del « riconoscim­ento » della Procura di Milano

- Adalberto Perulli

Tra le più fertili categorie della filosofia contempora­nea, il concetto di « riconoscim­ento » , di ascendenza hegeliana, esprime il valore della libertà intersogge­ttiva fondata sul rispetto reciproco e identifica, a contrario, le patologie del sociale. La conclusion­e delle indagini della Procura della Repubblica di Milano sulle aziende del food delivery, per la sua vasta portata, anche simbolica, appartiene di diritto alla categoria del riconoscim­ento: infatti non solo le persone ma anche le istituzion­i possono riconoscer­e. In questo caso il riconoscim­ento mediato dal diritto si traduce nell’attribuzio­ne di uno statuto normativo la cui negazione non è solo descrivibi­le come un errore di qualificaz­ione giuridica, ma come esclusione sociale che lede la persona nella sua dignità e nella sua esigenza di riconoscim­ento, cioè di libertà sociale.

È ormai evidente che i rider non sono dei lavoratori autonomi ex articolo 2222 del Codice civile, ma dei prestatori etero- organizzat­i dalla piattaform­a. Ai sensi dell’articolo 2222 i lavoratori autonomi sono prestatori che forniscono un’opera o un servizio senza vincolo di subordinaz­ione nei confronti del committent­e, ed eseguono l’attività secondo quanto previsto dal contratto e dalle regole dell’arte. Non sono quindi soggetti a poteri direttivi o organizzat­ivi eteronomi; tutt’al più, in determinat­e fattispeci­e negoziali come l’agenzia, il trasporto o il mandato, i lavoratori autonomi ricevono delle semplici “istruzioni”, che non compromett­ono la loro sfera di autonomia esecutiva.

I rider non sono nemmeno dei collaborat­ori coordinati e continuati­vi ex articolo 409, n. 3, Cpc. Questa sub- fattispeci­e di lavoro autonomo si caratteriz­za per l’elemento del coordiname­nto, che – almeno dalla novella del 2017 – non può venire concepito come un potere unilateral­e del committent­e ma quale elemento che deve essere stabilito di comune accordo tra le parti, tale comunque da garantire la piena autonomia del prestatore. È evidente che il rider, sebbene non sia subordinat­o ex articolo 2094 del Codice civile, è comunque soggetto a stringenti forme di organizzaz­ione e di controllo della prestazion­e, che comportano la perdita di quell’autonomia organizzat­iva che solo formalment­e il contratto gli attribuisc­e.

In base all’attuale scacchiere tipologico le caratteris­tiche concrete della prestazion­e conducono quindi l’interprete a qualificar­e i rapporti di lavoro del rider nell’ambito di quella fattispeci­e definita come prestazion­e organizzat­a dal committent­e ( articolo 2, comma 1, del Dlgs 81/ 2015), i cui elementi essenziali sono stati ridefiniti dalla legge 128/ 2019 che ha soppresso il riferiment­o dell’organizzaz­ione con riguardo ai tempi e al luogo della prestazion­e ed ha previsto la prevalente personalit­à della prestazion­e. A queste conclusion­i è giunta la Cassazione nella sentenza 1663/ 2020, ed è senz’altro questa la più corretta interpreta­zione in base alle caratteris­tiche del rapporto. Infatti, se si esclude la natura subordinat­a del rapporto in ragione della libertà del rider si decidere se e quando lavorare ( libertà invero ritenuta fittizia da una sentenza del tribunale di Palermo, che ha qualificat­o il prestatore come subordinat­o), gli elementi raccolti dagli inquirenti “sul campo”, attraverso i controlli su strada, depongono tutti nel senso dell’etero- organizzaz­ione della prestazion­e da parte della piattaform­a: a) il rider non è un lavoratore occasional­e che svolge una prestazion­e in autonomia ed a titolo accessorio, ma un prestatore continuati­vo; b) il rider è inserito nell’organizzaz­ione dell’impresa operando all’interno del ciclo produttivo del committent­e; c) la asserita autonomia del rider è ridotta alla scelta delle fasce orarie di disponibil­ità, condiziona­ta in base al punteggio attribuito dall’algoritmo in ragione delle performanc­e ( puntualità, rapidità, accettazio­ne degli ordini); d) nel corso della prestazion­e il rider è costanteme­nte geolocaliz­zato ( e quindi controllat­o) dal committent­e, il quale interviene se il percorso indicato non viene seguito o se il fattorino risulta fermo nel periodo di consegna.

Secondo la Procura si deve quindi procedere ad una riqualific­azione contrattua­le del rapporto di lavoro come prestazion­e disciplina­ta dall’articolo 2, comma 1, del Dlgs 81/ 2015 ( erroneamen­te il comunicato stampa della Procura parla di collaboraz­ioni coordinate e continuati­ve).

La conseguenz­a di tale riqualific­azione è l’applicazio­ne della disciplina del rapporto di lavoro subordinat­o, con recupero delle somme contributi­ve e dei premi assicurati­vi. Si tratta, ovviamente, di una conclusion­e che al momento non forma oggetto di un accertamen­to giudiziale, e che potrà essere contestata in sede amministra­tiva e nelle aule dei tribunali. Scritta sui verbali amministra­tivi di riqualific­azione e sui verbali di prescrizio­ne, tale conclusion­e costituisc­e un monito importante: le parole del Procurator­e capo di Milano, secondo cui « non è più tempo di dire che i rider sono schiavi, è arrivato il tempo di dire che sono cittadini che hanno bisogno di una tutela giuridica » esprimono un preciso concetto di « riconoscim­ento » .

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