Cancellata la riserva in sospensione: non scatta il prelievo
Il presupposto si integra solo se il saldo viene distribuito ai soci
La momentanea cancellazione dalle poste del patrimonio netto della riserva in sospensione d’imposta costituita a seguito del riallineamento fiscale dei beni ( ex Dl 185/ 2008) non costituisce presupposto impositivo per la tassazione della stessa riserva, presupposto che si integra solo in caso di effettiva distribuzione del saldo attivo ai soci. È questo l'importante principio che è stato espresso dalla Ctp di Bergamo nella sentenza 27/ 02/ 2021 del 14 gennaio scorso ( presidente Fischetti, relatore Stefanini).
L’operazione: rivalutazione e successiva fusione
Nel caso esaminato una Srl provvedeva a rivalutare i beni immobili in base al Dl 185/ 2008, corrispondendo la relativa imposta sostitutiva dovuta e iscrivendo il saldo attivo di rivalutazione nel proprio patrimonio netto, con accantonamento in un’apposita riserva ( non affrancata).
Successivamente, attraverso un’operazione di fusione inversa, la società incorporava la propria controllante. In questa sede, l’annullamento del valore contabile della partecipazione posseduta dalla società controllante ( incorporata) nella controllata ( incorporante) determinava l’emersione di un disavanzo da annullamento in base alla differenza tra il valore contabile della medesima partecipazione e il patrimonio netto della società incorporante.
A seguito dei chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 62 del 24 maggio 2017, in cui era stata evidenziata la necessità dell’incorporante di una fusione inversa di conservare, anche contabilmente, la stratificazione fiscale delle riserve provenienti della società incorporata, la società presentava una dichiarazione integrativa ricostruendo ( e poi riclassificando nel bilancio d'esercizio) l’originaria consistenza della riserva di rivalutazione in base alla relativa natura ( e quindi in parte quale riserva di capitale, in parte quale riserva straordinaria, e in parte quale riserva ex Dl 185/ 2008).
In questo contesto, considerato che, in sede di fusione inversa, l’annullamento della partecipazione era stato attuato mediante l’utilizzo di una parte della riserva ( in sospensione d’imposta) iscritta per effetto della rivalutazione, l’agenzia delle Entrate considerava questo utilizzo alla stregua di un evento tassabile, in qualità di utilizzo di un saldo attivo di rivalutazione non affrancato.
In particolare, secondo la tesi dell’ufficio, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione non poteva avere altra utilizzazione che quella dell’imputazione a capitale o dell’accantonamento in una speciale riserva; in caso contrario, ogni diverso utilizzo doveva ritenersi tassato.
La riclassificazione della riserva
Nel respingere la tesi dell’ufficio, il collegio giudicante ha sottolineato che nella disciplina prevista dal Dl 185/ 2008 è soltanto la riduzione della riserva e la sua successiva attribuzione ai soci ad avere rilevanza fiscale.
Tuttavia, nel caso specifico, a seguito dell’operazione di fusione inversa e alla dichiarazione integrativa inviata, la società aveva operato soltanto una diversa classificazione della riserva inizialmente costituita al momento della rivalutazione dei cespiti, senza alcuna distribuzione o assegnazione della stessa a favore dei soci.
In particolare, l’invio della dichiarazione integrativa è stato considerato legittimo in quanto effettuato prima del termine di scadenza dell’azione accertativa e perché volto ad uniformarsi all’orientamento espresso dall’amministrazione finanziaria in materia di fusione inversa.