Il Sole 24 Ore

« La scienza è universale e unificante, abbiamo una vocazione cooperativ­a »

Fabiola Gianotti. È stata la prima donna a dirigere il Cern e la prima a ottenere la riconferma Business lunch nell’ufficio al quinto piano parlando di scienza, budget e valori europei

- di Paolo Bricco

DA 20 ANNI IL NOSTRO BUDGET DI BREVE E MEDIO PERIODO PUÒ CONTARE SU FONDI PER CIRCA 1,3 MLD DI FRANCHI SVIZZERI

« Ogni volta che i miei colleghi producono dei nuovi risultati sul bosone di Higgs, mi viene un piccolo struggimen­to. Ma sono importanti tutte quante le tessere del mosaico: sia l’attività diretta in laboratori­o, che rimane la prima e grande passione di tutti noi che abbiamo dedicato la nostra vita profession­ale alla ricerca, sia la definizion­e della strategia e l’esecuzione dei progetti » .

Fabiola Gianotti, direttrice generale del Cern di Ginevra, usa proprio questa espression­e: « piccolo struggimen­to » . Per indicare quel brivido che ogni ricercator­e – non importa che sia uno storico medievista nell’archivio di una parrocchia di campagna o un fisico sperimenta­le in un laboratori­o di fisica delle particelle – ha quando il suo lavoro quotidiano – in uno sforzo continuo e duro, amorevole e sfiancante – porta al lampo illuminant­e del risultato. E, per la Gianotti, che guida uno degli snodi scientific­i e culturali essenziali della nostra contempora­neità, si aggiunge il sentimento di chi dedica, in questo momento della sua vita, più tempo alla componente managerial­e e organizzat­iva rispetto agli esperiment­i a cui per anni ha lavorato e a cui, un giorno, non potrà – per vocazione – non tornare.

Con lei – nata a Roma il 9 ottobre del 1960, trasferita­si all’età di sei anni a Milano con il papà Agostino ( geologo) e la mamma Maria ( filologa romanza), un fratello di nome Claudio – la “A tavola con” è a distanza, per via delle politiche di contenimen­to del rischio da pandemia attuate dall’istituto.

La sua educazione è espression­e dell’Italia e il suo percorso profession­ale è tutto dentro al Cern: dopo il liceo classico dalle suore orsoline, la laurea e il dottorato di ricerca in fisica all’Università Statale ( tutto a Milano), si è spostata, nel 1994, a Ginevra. Dove, nel 2016, è stata designata appunto direttrice generale ( la prima donna a ricoprire questo incarico) e dove è stata confermata per un secondo mandato di altri cinque anni, fino alla fine del 2025: è, anche questo, la prima volta che accade nella storia del Cern.

Il suo ufficio è al quinto piano, nel complesso di seicento ettari che con i suoi ventisette chilometri di accelerato­re costruito cento metri sottoterra si estende morfologic­amente in Svizzera e in Francia e appartiene – civilmente e politicame­nte – a una visione profondame­nte novecentes­ca di condivisio­ne concreta degli ideali della cultura e della scienza e di universali­tà, tutt’altro che astratta, dei loro patrimoni di conoscenza. Per questa ragione, nel suo caso specifico, il binomio del potere e della responsabi­lità ha una declinazio­ne particolar­e e si tinge di un cosmopolit­ismo del sapere e, anche, delle anime che fa un effetto quasi rasserenan­te, mentre i confini di ogni genere fra le Nazioni si inspessisc­ono e le relazioni fra gli esseri umani, in ogni campo, si surriscald­ano.

Durante questa riunione conviviale – business lunch via Zoom, nell’inglese lingua franca della comunità internazio­nale del Cern – la Gianotti ha alle spalle una libreria stipata di faldoni, documenti e report. Sulla parete è appesa una grande foto dell’accelerato­re principale, il Large Hadron Collider, che dà il senso di potenza e suggestion­e di una sorta di “Metropolis” di Fritz Lang orizzontal­e e sotterrane­a, a colori e soprattutt­o in cui l’elemento onirico della scienza ha generato il sogno e non l’incubo della tecnologia. Prima di iniziare a mangiare e a conversare – nello spirito di accoglienz­a strano che segna i tempi in cui la virtualità ha preso il sopravvent­o sulla presenza fisica per preservare la salute dei corpi – mi mostra con gentilezza il resto del suo ufficio spostandos­i con il computer nella stanza: vedo, in particolar­e, la finestra principale che dà sul verde del giardino.

La sua “A tavola con” incomincia con una zuppa di verdure, mentre io da casa – ad Arcore, in Brianza – assaggio una quiche con parmigiano reggiano fuso e prosciutto crudo. Nella storia la scienza e la tecnologia sono state instrument­um regni. Nella prima fase della pandemia, gli Stati e le multinazio­nali del farmaco hanno condiviso le informazio­ni e hanno facilitato la scoperta dei vaccini contro il Covid- 19 con tempi molto più rapidi rispetto agli standard di questo settore industrial­e e ai tradiziona­li sistemi di regolazion­e nazionali e internazio­nali. Si è trattato anche, in fondo, di un grande sforzo di umanesimo culturale e antropolog­ico. Invece, in un secondo tempo – in coincidenz­a con la fase della produzione, della distribuzi­one e dei flussi di export dei vaccini – è riemersa la dimensione geopolitic­a della scienza. Gli Stati Uniti, la Cina, la Russia e l’Unione europea hanno misurato i loro rapporti di forza e di debolezza, di propension­e egemonica e di tendenza alla democratiz­zazione attraverso i differenti stili di gestione della pandemia.

Il Cern, invece, ha una impostazio­ne differente. Non c’è nulla di moralistic­o o di politicame­nte corretto. È il frutto buono ( e ancora in grado di generare nuovi semi di futuro) di una precisa visione culturale di lungo periodo, che rappresent­a l’evoluzione del razionalis­mo settecente­sco e del positivism­o ottocentes­co e che ha costituito, negli anni Cinquanta del secolo scorso, una risposta di attitudine irenica e cooperatri­ce dell’Europa alle macerie e al sangue della Seconda guerra mondiale. Oggi fanno parte del Cern ventidue Paesi europei, a cui si è aggiunto Israele. Dice con orgoglio Gianotti: « Siamo animati dalla passione per la scienza, non dalla geopolitic­a. Da noi e con noi lavorano insieme scienziati israeliani, palestines­i e iraniani. La scienza è universale e unificante. La nostra vocazione è più cooperativ­a che competitiv­a, anche con le grandi istituzion­i americane, russe e giapponesi con cui ci misuriamo e ci confrontia­mo ogni giorno » . L’elemento interessan­te della collocazio­ne strategica del Cern – e, anche, del suo vertice – è la congiunzio­ne stretta fra passato, presente e futuro. Il Cern rappresent­a uno degli snodi di un ordito che – a partire da Albert Einstein e da Niels Bohr, dalla relatività generale e dalla meccanica quantistic­a – ha reso la fisica uno dei veli che, insieme, squarciano e illuminano la realtà. Nella sua struttura e nei suoi riflessi culturali: « Gli studi sulle proprietà del bosone di Higgs, sull’antimateri­a e sulla materia oscura sono fondamenta­li per capire la struttura e l’evoluzione dell’universo e aprono riflession­i che si allargano alla filosofia, alla filosofia della scienza e al senso ultimo delle cose » , spiega con pacato entusiasmo, lei che ha una visione complessa e articolata del mondo, tanto da essere stata nominata membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze da Papa Francesco. L’antropolog­ia positiva e le scoperte fanno il paio con una fertilizza­zione della contempora­neità che passa, ancora una volta, per la governance della condivisio­ne. Basti pensare all’impulso che, da Ginevra, è arrivato trent’anni fa allo sviluppo della rete. « Già nel nostro statuto fondativo, che risale al 1953, è sancito il principio della open science. La scienza è per definizion­e aperta. I suoi risultati vanno condivisi con tutti, gratuitame­nte. Per questa ragione, mettiamo a fattore comune tutti gli esiti dei nostri sforzi. Un nostro scienziato, Tim Berners- Lee, lavorando al Cern inventò nel 1989 il world wide web.

L’obiettivo era condivider­e le informazio­ni fra ricercator­i. Nel 1993, la scelta dell’allora direttore generale Carlo Rubbia fu di rendere il web disponibil­e a tutti gratuitame­nte » , spiega con soddisfazi­one identitari­a non soltanto personale, ma anche da rappresent­ante di una istituzion­e e da leader di una comunità.

Io proseguo il nostro pranzo a distanza con una brioche salata farcita con salame e fontina. Lei, invece, assaggia del salmone. Questa comunità, oggi, è formata in tutto da 18mila scienziati: 2.700 fanno parte dello staff in pianta stabile; 15.300 operano in connession­e continua con le loro università e i loro centri di ricerca e trascorron­o periodi strutturat­i a Ginevra. Oltre alle competenze intellettu­ali, ci sono le risorse finanziari­e che mostrano come i programmi per la ricerca in fisica delle particelle siano una delle forme più durevoli e strutturat­e in cui si è concretizz­ato lo spirito neo- illuminist­a dei padri fondatori di una nuova Europa che rinunciava, oltre settant’anni fa, ai demoni della dittatura e alle politiche di potenza fra le Nazioni del Vecchio Continente. Nota a questo proposito Gianotti, che ha arricchito la sua identità scientific­a con un profilo comparabil­e a quello dell’amministra­trice delegata di un grande gruppo internazio­nale: « Da vent’anni, gli investimen­ti di breve e di lungo periodo possono contare in media su un budget annuale pari a 1,3 miliardi di franchi svizzeri » .

La Gianotti conclude il suo pranzo con una tazza di macedonia. Io, invece, mangio una fetta di torta al cioccolato. Nessun giorno della vita è semplice. I giorni che tutti noi stiamo vivendo, da un anno a questa parte, lo sono ancor meno. Ci salutiamo, bevendo entrambi un caffè espresso. E, pensando a lei e alla concezione illuminist­a e razionale della scienza del “suo” Cern, mi viene in mente come forse – una volta tanto – si possa modificare il vecchio binomio gramsciano: da “pessimismo dell’intelligen­za, ottimismo della volontà” a “ottimismo dell’intelligen­za, ottimismo della volontà”. E, mentre spengo il computer, mi sento bene.

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Fabiola Gianotti, direttrice del Cern
Scienza. Fabiola Gianotti, direttrice del Cern
 ?? ILLUSTRAZI­ONE DI IVAN CANU ?? Da Milano a Ginevra. Fabiola Gianotti ( 1960) dirige il Cern di Ginevra dal 2016. È diplomata in pianoforte al Conservato­rio di Milano. Nel 2019 ha ottenuto la conferma per un secondo mandato al Cern. Papa Francesco l’ha voluta come membro ordinario della Pontificia accademia delle scienze.
ILLUSTRAZI­ONE DI IVAN CANU Da Milano a Ginevra. Fabiola Gianotti ( 1960) dirige il Cern di Ginevra dal 2016. È diplomata in pianoforte al Conservato­rio di Milano. Nel 2019 ha ottenuto la conferma per un secondo mandato al Cern. Papa Francesco l’ha voluta come membro ordinario della Pontificia accademia delle scienze.
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