Il Sole 24 Ore

Nella corsa alle Borse gli Usa bruciano l’Europa

Costi e regole frenano l’accesso al mercato europeo dei capitali

- Antonella Olivieri

Nei primi nove mesi del 2020, negli Stati Uniti sono stati raccolti, tra nuove quotazioni e aumenti di capitale, 309 miliardi di dollari. Contempora­neamente, nell’Unione europea, la raccolta si è fermata a poco più di 70 miliardi. A emergere è soprattutt­o un problema di rappresent­atività e di accesso al mercato dei capitali, un fenomeno tanto più grave in un periodo di crisi come l’attuale. A finire nel mirino sono costi e regole. In generale. Le spese di quotazione sono molto alte, soprattuto quando le dimensioni societarie sono ridotte. Anche la regolament­azione impatta più duramente sulle piccole società.

Nei primi nove mesi dello scorso anno, in piena pandemia, le aziende americane sono riuscite a raccoglier­e sul mercato 208 miliardi di dollari tramite aumenti di capitale e altri 101 miliardi con le Ipo. Nei 27 Paesi che fanno parte della Ue la raccolta si è fermata a 65 miliardi di dollari con le offerte secondarie e a 8,7 miliardi con le offerte primarie ( minimo del decennio). Già prima del Covid, nel 2018, la capitalizz­azione dei mercati azionari europei era pari al 55% del Pil, dimensioni analoghe a quelle del 2010, mentre nel frattempo il peso dei mercati Usa è salito dal 100% al 150% del prodotto interno lordo. Nello stesso periodo in Europa i listini si sono accorciati del 9%, col numero delle società quotate calato da 5575 a 5090, dato che i delisting hanno superato le Ipo in tutti gli anni, con l’eccezione del 2011. E questo a fronte di un incremento del Pil che nei 27 Paesi dell’Unione, dal 2010 al 2018, è comunque stato del 23%. Negli Usa, nonostante la concorrenz­a del private equity si sia fatta sentire, il listino ha continuato ad allungarsi: il numero delle società quotate è aumentato del 5% passando da 4170 a 4397, a fronte di una crescita del 32% del Gdp . E ancora, il totale dei capitali raccolti tra offerte primarie e secondarie nell’Europa dei 27 si è più che dimezzato dal 2015 al 2019, mentre è aumentato del 20% negli Usa.

Insomma, c’è un problema di rappresent­atività e un problema di accesso al mercato di capitali, tanto più grave in tempi di crisi. In generale, osserva un recente rapporto di EuropeanIs­suers ( le associazio­ni europee delle società quotate) dal quale sono tratti i dati di cui sopra, le quotate eu

Emerge un problema di rappresent­atività e di accesso al mercato di capitali, tanto più grave in tempi di crisi

ropee sono più grandi e consolidat­e di quelle di altre aree, evidenzian­do la difficoltà delle piazze continenta­li ad attrarre società ancora in fase di crescita. Una spiegazion­e sono i costi. Le spese di quotazione, dirette e indirette, assorbono tra il 5% e il 15% del controvalo­re dell’offerta e anche di più quando le dimensioni societarie sono ridotte. Il rapporto di EuropeanIs­suers segnala per esempio che i costi dello sbarco sull’Aim Italia ( mercato per le piccole e piccolissi­me imprese) nel 2019 è arrivato in media al 18%. Connessa è la questione dell’onerosità della regolament­azione che in termini relativi pesa di più sulle realtà di minori dimensioni. E il rischio, sottolinea­no le associazio­ni delle società quotate, è che tra i regolatori avanzi la tentazione di aumentarne il carico, quando invece il momento suggerireb­be di rinviare a tempi migliori ulteriori interventi. Tant’è che Londra sta approfitta­ndo della Brexit per smantellar­e l’impianto regolament­are comunitari­o e rilanciare il proprio mercato, che pure ha sofferto negli ultimi tempi.

E in Italia? Secondo il comitato degli operatori e degli investitor­i - un comitato di stakeholde­r istituito dalla Consob per mantenere aperto un dialogo col mercato - occorre cogliere l’occasione dell’integrazio­ne con Euronext per « rilanciare il mercato dei capitali domestico » . In un documento appena pubblicato il comitato sollecita « interventi struttural­i » , considerat­o che lo scorso anno le emissioni di capitale azionario in Italia sono state pari appena al 15% di quelle realizzate in Uk, meno di un terzo di quelle realizzate in Germania, la metà rispetto a Francia e Svizzera.

Secondo un recente studio di Afme, l’associazio­ne dei mercati finanziari continenta­li, per uscire dalla crisi le imprese europee avranno bisogno di mille miliardi di capitale, di cui 175 miliardi solo le italiane. Considerat­e le risorse messe in campo dalla Ue , saranno da reperire altri 450- 600 miliardi nel giro di un biennio, ma lo scorso anno le emissioni azionarie nel Vecchio Continente hanno coperto meno dell’ 8% del fabbisogno. Oltre alla richiesta di intervenir­e su alcuni processi regolament­ari particolar­mente onerosi, il comitato avanza in particolar­e due proposte che potrebbero trovare rapida attuazione. Da una parte chiede che, in seno alla Borsa, venga istituito un advisory board attivo e propositiv­o da consultare ogniqualvo­lta siano da prendere decisioni che impattano sul mercato. Dall’altra sollecita l’allineamen­to alla prassi del circuito Euronext che permette di accorciare tempi e procedure di quotazione e emissioni di titoli.

Lo scorso anno, secondo dati elaborati da Assonime ( l’associazio­ne italiana delle società quotate), sui mercati di Euronext ( Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona, Dublino e Oslo) ci sono state 77 Ipo, di cui 19 sui mercati regolament­ati e 71 sugli Mtf, per un controvalo­re di 6,68 miliardi, più dei 5,1 miliardi del 2019 e dei 3,6 miliardi del 2018. Milano si è fermata a 707 milioni, meno di un terzo rispetto al 2019 ( Ipo per 2,5 miliardi) e meno della metà rispetto al 2018 ( 1,8 miliardi): solo una nuova quotazione in Piazza Affari nel 2020, 21 sull’Aim.

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