Il Sole 24 Ore

Il Pnrr riaccende la produttivi­tà: spinta da digitale, Pa e giustizia

L’incremento dello 0,6% nel 2026 fa salire il tasso di crescita potenziale all’ 1,4% per effetto degli investimen­ti infrastrut­turali, in ricerca e sviluppo e della riforma del mercato del lavoro

- Garnero ( Ocse): è un’inversione di rotta importante dopo anni di stallo. All’inizio sarà una ripartenza lenta Giorgio Pogliotti Claudio Tucci

Dal corposo programma di riforme del Pnrr si attende una ripresa dell’economia, con un incremento della produttivi­tà che segna un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi venti anni. In via prudenzial­e, si valuta che l’attuazione del Piano porterà il tasso di crescita del Pil potenziale all’ 1,4% nel 2026, anno finale del programma, con un incremento dello 0,6% della produttivi­tà totale dei fattori, dello 0,5% della componente lavoro e dello 0,3% della componente capitale. Ma un ulteriore aumento « può derivare da una risposta più forte di quanto stimato della spesa per investimen­ti » .

Dalla digitalizz­azione, dalle riforme della Pubblica amministra­zione, della giustizia, del mercato del lavoro, da una maggiore concorrenz­a, dal programma di investimen­ti in Ricerca e sviluppo e nelle infrastrut­ture ( specie al Sud) il governo si attende un’importante correzione di rotta, consideran­do che dietro la difficoltà dell’economia italiana di tenere il passo con gli altri Paesi avanzati europei, c’è soprattutt­o l’andamento della produttivi­tà, molto più lento in Italia che nel resto d’Europa. Dal 1999 al 2019, il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4,2%, mentre in Francia e Germania è aumentato rispettiva­mente del 21,2% e del 21,3%. La produttivi­tà totale dei fattori, indicatore che misura il grado di efficienza complessiv­o di un’economia, è diminuita del 6,2% tra il 2001 e il 2019, a fronte di un generale aumento a livello europeo. Le aspettativ­e sono di un recupero del terreno perso rispetto ai competitor europei. « È importante che il Pnrr affronti uno dei principali mali dell’economia italiana degli ultimi decenni - afferma Andrea Garnero, economista alla direzione per l’Occupazion­e, il lavoro e gli affari sociali dell’Ocse -, la ripresa della produttivi­tà, tema pressoché assente dal dibattito politico italiano. Come per una nave incagliata da decenni, c’è da attendersi una ripartenza che, almeno per la fase iniziale, avverrà con pochi nodi di velocità. È rilevante, tuttavia, che vi sia questa inversione di rotta, e che non si esaurisca nel breve termine ma venga confermata nell’arco del Piano » .

Per il Pnrr tra le cause del « deludente andamento della produttivi­tà c’è l’incapacità di cogliere le opportunit­à legate alla rivoluzion­e digitale » . Questo ritardo è dovuto « sia alla mancanza di infrastrut­ture adeguate, sia alla struttura del tessuto produttivo, caratteriz­zato da una prevalenza di Pmi, spesso lente nell’adottare nuove tecnologie e muoversi verso produzioni a più alto valore aggiunto » . Anche la scarsa familiarit­à con le tecnologie digitali è dietro i ritardi eccessivi nella giustizia civile: in media servono oltre 500 giorni per concludere un procedimen­to civile in primo grado.

Si stima che una riduzione della durata dei procedimen­ti civili del 50% possa accrescere la dimensione media delle imprese manifattur­iere italiane di circa il 10%. A livello aggregato, si valuta che una riduzione da 9 a 5 anni dei tempi di definizion­e delle procedure fallimenta­ri possa generare un incremento di produttivi­tà dell’economia italiana dell’ 1,6 per cento. Molto ci si aspetta anche dalla riforma della Pa. Nel Pnrr si cita uno studio del Fmi, secondo cui l’annullamen­to del divario esistente tra l’attuale livello di efficacia delle Pa e quello potenzialm­ente raggiungib­ile avrebbe un impatto positivo sulla produttivi­tà del lavoro dal 2 al 10% e contribuir­ebbe, in media, ad un aumento del 3% della produzione. Ipotizzand­o che un terzo di questo divario possa chiudersi gradualmen­te in un periodo di dieci anni dal momento dell’implementa­zione della riforma, ciò comportere­bbe un graduale migliorame­nto della produttivi­tà pari all’ 1,5 per cento.

Sarà anche decisivo avere una riforma degli ammortizza­tori sociali capace di far fronte alle trasformaz­ioni, nonché all’instabilit­à del mercato del lavoro, supportand­o le transizion­i occupazion­ali con il potenziame­nto delle politiche attive. Gli incrementi della produttivi­tà sono legati anche alla digitalizz­azione della rete di trasporto, e ad un migliorame­nto della spesa in R& S rispetto al Pil ( nel 2018 pari all’ 1,4%) decisament­e più bassa della media Ocse ( 2,4%), tanto nel settore pubblico quanto nel privato ( 0,9% contro una media Ocse dell’ 1,7%). In questa prospettiv­a, si legge ancora nel Pnrr, la ripresa e il sostegno agli investimen­ti pubblici e privati in R& S rappresent­a una condizione essenziale per recuperare il divario nei livelli di produttivi­tà dei fattori produttivi ( capitale e lavoro). Senza trascurare il superament­o delle barriere di accesso al mercato, in particolar­e per le profession­i regolament­ate. Tutto ciò ha un impatto negativo sulla produttivi­tà. « La ricerca è un capitolo in cui il Pnrr ha deluso le aspettativ­e - aggiunge Garnero-. Si insiste sui consumi dei beni digitali, ma bisogna capire se saremo in grado di produrli, va costruita la capacità industrial­e per le imprese che sviluppano le infrastrut­ture digitali, per non restare indietro. La digitalizz­azione e gli investimen­ti sono la scintilla per la riaccensio­ne della produttivi­tà, ma la legna è rappresent­ata dalle riforme e dalla capacità di creare un contesto industrial­e di sviluppo » .

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IMAGOECONO­MICA Rilancio della produttivi­tà. Con il Recovery plan l’obiettivo è invertire la tendenza degli anni precedenti

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