Il Pnrr riaccende la produttività: spinta da digitale, Pa e giustizia
L’incremento dello 0,6% nel 2026 fa salire il tasso di crescita potenziale all’ 1,4% per effetto degli investimenti infrastrutturali, in ricerca e sviluppo e della riforma del mercato del lavoro
Dal corposo programma di riforme del Pnrr si attende una ripresa dell’economia, con un incremento della produttività che segna un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi venti anni. In via prudenziale, si valuta che l’attuazione del Piano porterà il tasso di crescita del Pil potenziale all’ 1,4% nel 2026, anno finale del programma, con un incremento dello 0,6% della produttività totale dei fattori, dello 0,5% della componente lavoro e dello 0,3% della componente capitale. Ma un ulteriore aumento « può derivare da una risposta più forte di quanto stimato della spesa per investimenti » .
Dalla digitalizzazione, dalle riforme della Pubblica amministrazione, della giustizia, del mercato del lavoro, da una maggiore concorrenza, dal programma di investimenti in Ricerca e sviluppo e nelle infrastrutture ( specie al Sud) il governo si attende un’importante correzione di rotta, considerando che dietro la difficoltà dell’economia italiana di tenere il passo con gli altri Paesi avanzati europei, c’è soprattutto l’andamento della produttività, molto più lento in Italia che nel resto d’Europa. Dal 1999 al 2019, il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4,2%, mentre in Francia e Germania è aumentato rispettivamente del 21,2% e del 21,3%. La produttività totale dei fattori, indicatore che misura il grado di efficienza complessivo di un’economia, è diminuita del 6,2% tra il 2001 e il 2019, a fronte di un generale aumento a livello europeo. Le aspettative sono di un recupero del terreno perso rispetto ai competitor europei. « È importante che il Pnrr affronti uno dei principali mali dell’economia italiana degli ultimi decenni - afferma Andrea Garnero, economista alla direzione per l’Occupazione, il lavoro e gli affari sociali dell’Ocse -, la ripresa della produttività, tema pressoché assente dal dibattito politico italiano. Come per una nave incagliata da decenni, c’è da attendersi una ripartenza che, almeno per la fase iniziale, avverrà con pochi nodi di velocità. È rilevante, tuttavia, che vi sia questa inversione di rotta, e che non si esaurisca nel breve termine ma venga confermata nell’arco del Piano » .
Per il Pnrr tra le cause del « deludente andamento della produttività c’è l’incapacità di cogliere le opportunità legate alla rivoluzione digitale » . Questo ritardo è dovuto « sia alla mancanza di infrastrutture adeguate, sia alla struttura del tessuto produttivo, caratterizzato da una prevalenza di Pmi, spesso lente nell’adottare nuove tecnologie e muoversi verso produzioni a più alto valore aggiunto » . Anche la scarsa familiarità con le tecnologie digitali è dietro i ritardi eccessivi nella giustizia civile: in media servono oltre 500 giorni per concludere un procedimento civile in primo grado.
Si stima che una riduzione della durata dei procedimenti civili del 50% possa accrescere la dimensione media delle imprese manifatturiere italiane di circa il 10%. A livello aggregato, si valuta che una riduzione da 9 a 5 anni dei tempi di definizione delle procedure fallimentari possa generare un incremento di produttività dell’economia italiana dell’ 1,6 per cento. Molto ci si aspetta anche dalla riforma della Pa. Nel Pnrr si cita uno studio del Fmi, secondo cui l’annullamento del divario esistente tra l’attuale livello di efficacia delle Pa e quello potenzialmente raggiungibile avrebbe un impatto positivo sulla produttività del lavoro dal 2 al 10% e contribuirebbe, in media, ad un aumento del 3% della produzione. Ipotizzando che un terzo di questo divario possa chiudersi gradualmente in un periodo di dieci anni dal momento dell’implementazione della riforma, ciò comporterebbe un graduale miglioramento della produttività pari all’ 1,5 per cento.
Sarà anche decisivo avere una riforma degli ammortizzatori sociali capace di far fronte alle trasformazioni, nonché all’instabilità del mercato del lavoro, supportando le transizioni occupazionali con il potenziamento delle politiche attive. Gli incrementi della produttività sono legati anche alla digitalizzazione della rete di trasporto, e ad un miglioramento della spesa in R& S rispetto al Pil ( nel 2018 pari all’ 1,4%) decisamente più bassa della media Ocse ( 2,4%), tanto nel settore pubblico quanto nel privato ( 0,9% contro una media Ocse dell’ 1,7%). In questa prospettiva, si legge ancora nel Pnrr, la ripresa e il sostegno agli investimenti pubblici e privati in R& S rappresenta una condizione essenziale per recuperare il divario nei livelli di produttività dei fattori produttivi ( capitale e lavoro). Senza trascurare il superamento delle barriere di accesso al mercato, in particolare per le professioni regolamentate. Tutto ciò ha un impatto negativo sulla produttività. « La ricerca è un capitolo in cui il Pnrr ha deluso le aspettative - aggiunge Garnero-. Si insiste sui consumi dei beni digitali, ma bisogna capire se saremo in grado di produrli, va costruita la capacità industriale per le imprese che sviluppano le infrastrutture digitali, per non restare indietro. La digitalizzazione e gli investimenti sono la scintilla per la riaccensione della produttività, ma la legna è rappresentata dalle riforme e dalla capacità di creare un contesto industriale di sviluppo » .