Il Sole 24 Ore

Perché l’interopera­bilità sarà strategica per la Pa

Nel Recovery Plan

- Guido Vetere

Se dovessimo disegnare la piramide di Maslow del Recovery Plan per l'economia italiana dopo la pandemia, la digitalizz­azione potrebbe essere il secondo strato, a contatto diretto con la base, che è quella delle competenze. E se dovessimo disegnare la piramide della digitalizz­azione in Italia, alla base dovremmo certamente mettere quella della pubblica Amministra­zione. Continuand­o il gioco, verrebbe spontaneo dire che, alla base della digitalizz­azione della Pa, c'è la soluzione dell'eterno problema dell'interopera­bilità di dati e servizi. In effetti, il piano di recovery destina al capitolo specifico 650 milioni, che non sono pochi, ma soprattutt­o si contano molte occorrenze della parola « interopera­bilità » negli altri capitoli. Questa attenzione è in linea con le aspettativ­e da molti anni espresse in sede comunitari­a, quindi forse anche qui risuona il celebre motto « ce lo chiede l'Europa » . Ma l'Europa, oltre a chiedere, stavolta ci mette anche i soldi.

Il capitolo dedicato all'interopera­bilità ( Investimen­to 1.3) desta però qualche interrogat­ivo. La formulazio­ne è abbastanza specifica da lasciar intuire qualcosa del disegno architettu­rale, ma non abbastanza dettagliat­a da rassicurar­e del tutto sull'efficacia dell'intervento. Si parla testualmen­te di una “Piattaform­a Nazionale Dati” che offrirà alle amministra­zioni un catalogo centrale di “connettori automatici” ( le cosiddette Api – Applicatio­n Programmin­g Interface) consultabi­li e accessibil­i tramite un servizio dedicato. Visto che il Governo ha ritenuto di comunicare alla cittadinan­za una nozione così tecnica, vale la pena spendere qualche parola per spiegare di che si tratta.

Le Api sono un linguaggio per descrivere il modo in cui un servizio deve essere usato dalle applicazio­ni- cliente. La descrizion­e contiene abbastanza dettagli da consentire la generazion­e automatica del codice con cui si accederà concretame­nte al servizio in rete, tipicament­e attraverso il protocollo http. Gli informatic­i che leggono queste righe si chiederann­o: che differenza c'è con ciò che è sperimenta­to fin dagli anni 90 ( Corba) o è stato standardiz­zato sul web fin dal 2000 ( Web Services)? Tecnicamen­te le differenze sono molte ma dal punto di vista logico stiamo parlando della stessa cosa: la descrizion­e di interfacce applicativ­e. Tutto sarebbe immensamen­te più facile se le amministra­zioni adottasser­o Api standard, non nella forma ( sintassi), bensì nel contenuto ( semantica). Ma si sa, le amministra­zioni sono riottose, e l'idea stessa del catalogo fa intendere che non è questa l'opzione: in quel caso esso neanche servirebbe. Dunque sembra che si voglia perseverar­e in un modello di interopera­bilità in cui ciascun ente potrà esprimersi a piacimento ma dovrà poi capire come parlare con ciascun altro. Un modello che ha già fallito. Se poi l'idea nuova fosse quella di centralizz­are la mappatura semantica di tutti con tutti, allora sarebbe il caso di spiegare al Paese come si intende farlo, perché i rischi di fallimento sono anche in questo caso molto concreti.

Nel piano si parla di una Piattaform­a Nazionale Dati che offrirà un catalogo centrale di “connettori automatici”

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy