In ascensore sul tetto di Lecce vista su barocco, vicoli e terrazze
Si chiama Up e sarà inaugurato entro l’estate: dal campanile del Duomo sarà possibile ammirare la città con viste inedite. Ecco una piccola guida gourmet tra arte e borghi
Per godere di questa vista unica su quel teatro dell’effimero in pietra argillosa, ammirare dall’alto quella scenografia ridondante della fede e del potere che è il barocco di Lecce prima bisognava essere un alto prelato e avere così accesso a una scaletta angusta che come una sartia aggrovigliata sale sino al terzo dei cinque ordini a volumi sovrapposti che vanno su rastremandosi sino alla cupola che sormonta il campanile del Duomo. Tra poco, invece, probabilmente entro l’estate con Up, il nuovo ascensore panoramico trasparente incastonato nel cuore della torre seicentesca, si potrà arrivare sino alla balaustra posta a 43 metri di altezza e da lì godere lo spettacolo delle terrazze, di quel minuscolo gioiello che è il teatro romano, dell’anfiteatro riportato completamente alla luce nemmeno un secolo fa.
Scrigno d’arte del Novecento
E se prima, chi si sentiva stordito da questa riproduzione sfacciata e decorata in stile plateresco della Città di Dio sulla terra salentina, aveva bisogno di fuggire da una delle sue porte - San Biagio sobria ed elegante, Rudiae rustica e dall’ambientazione me
ticcia, Napoli fascinosa e trionfale in onore di Carlo V - adesso per respirare il Novecento non ha più bisogno di farlo. Luigi Biscazzi e Dominique Rimbaud hanno regalato alla città, infatti, una Fondazione in Piazzetta Baglivi, a ridosso della settecentesca Chiesa delle Alcantarine che racchiude in uno scrigno contemporaneo inondato di luce - lo Studio Architetti Arrigoni ha saputo intagliare e limare il palazzotto presistente ricavandone uno spazio su due piani minimalista e accattivante - una collezione di dipinti, sculture e opere grafiche di livello internazionale. In essa spiccano le Dalie di De Pisis, le Irradiazioni di Enrico Prampolini, si fa notare la conturbante Femme accoudée di Eugène de Kermadec e si rincontra volentieri un lavoro in Cellotex di Alberto Burri, così come si sono subito ambientate le creazioni di Tancredi, Piero Dorazio, Giulio Turcato.
« Sin dalla porta di accesso, ispirata dai motivi iconici dell’arte mozarabica, dal pianterreno che ospita le mostre temporanee come quella ora dedicata ad Angelo Savelli - spiega Dominique Rimbaud, giunta qui dalla Provenza per amore del marito Luigi -, per poi accedere al primo piano, tracima il nostro sentimento forte nei confronti dell’arte e di questa città. Era giunto per noi due il momento di farne dono » .
Le mure urbiche restaurate
Sono tanti altri i regali che questa città di origine messapica può elargire a chi arriva in questa stagione porgendo innanzitutto come biglietto da visita il nuovo restaurato complesso delle mura urbiche fatte erigere da Carlo V nel ’ 500 e adesso affacciate su un parco dal quale emerge anche la cinta risalente al periodo in cui dominava Federico II di Hohenzollern e che dà accesso attraverso un ponte levatoio in ferro al giardino dell’Istituto per Ciechi. Quest’ultima è una delle tante
wunderkammer botaniche che si possono sbirciare attraverso i portoni dei palazzi cittadini, a cominciare da Villa Reale. Appunto perdersi nella casbah color miele del centro storico è assolutamente obbligatorio, magari quando scocca quell’ora rosa, intorno alle sette, in cui un tramonto pastello fa sembrare che il cielo di Lecce sia invaso dai fenicotteri. A musicare la scoperta delle sue strade ( la tortile Basseo sbuca davanti alla Chiesa di San Matteo dagli interni magnifici, Libertini è un’infilata di chiese, chiostri, palazzi culminanti nella superba Piazza del Duomo) in quel momento della giornata sono le rondini che hanno l’ardire e anche la fortuna di poter sfiorare la facciata magistrale di Santa Croce: questa apoteosi del barocco è tornata a rifulgere dopo un restauro così minuzioso che adesso il messaggio della sua facciata, la testimonianza della vittoria dei credenti sugli infedeli, pare più schiacciante. Anche la cupola maiolicata di S. Maria del Carmine col suo chiostro colonnato, le Chiese di Santa Irene e Santa Chiara rappresentano un irresistibile invito a inchinarsi alla bellezza.
Piaceri dolci e salti
Lecce, però, è anche una città profana che non rinuncia ai piaceri di un rustico, una pasta sfoglia ripiena di pomodoro, mozzarella e besciamella, da addentare ancora caldo, magari stesi sull’erba del Parco di Belloluogo, per poi passare accanto all’obelisco sul quale sono scolpiti i delfini, all’imbocco di Viale dell’Università, e bersi un dolce caffè leccese al Bar Palmieri. Le paste di mandorla si comprano dalle suore benedettine di San Giovanni Evangelista che le fanno arrivare ancora con la ruota oppure alla Pasticceria Franchini che fa da incipit a San Lazzaro dove le ville un po’ marinare sono rigogliose di piante esotiche ed esuberanti monstera deliciosa.
Dopo tanto camminare, si soggiorna alla Fiermontina, un’oasi luxury, o allo charmant B& B Demodè un po’ alcova artistica, così il giorno dopo ci si tuffa già adesso nel mare smeraldo di Baia Verde o in quello turchese di Lido Conchiglie sullo Ionio. Magari si affitta una vespa 50 special o una cinquecento d’epoca per lanciarsi all’avventura sulla litoranea adriatica: si parte da Torre Chianca dove i lidi sono fanè come il Circeo, si attraversa Frigole sino al faro alla De Chirico di S. Cataldo, si punta sul borgo ispanico di Acaya facendo uno stop per cavalcare alla Masseria Fossa. E poi, si può deviare per l’interno del Salento, scegliendo tra Melpignano, Muro Leccese, Corigliano d’Otranto, o trovando un altro borgo da fare proprio, almeno nel cuore. Per finire con un piatto di fave e cicoria alla Masseria Capasa di Martano.
Questa è anche una città profana che non rinuncia ai piaceri del tipico rustico e del caffè dolce