Il Sole 24 Ore

Organismi di vigilanza, servono verifiche e flussi informativ­i

Per il Tribunale di Vicenza devono pianificar­e l’attività e avere poteri di intervento Censurata la partecipaz­ione dell’internal audit: dipende dai vertici che deve controllar­e

- Marco Dell’Antonia Alessandro De Nicola

La sentenza con cui il Tribunale di Vicenza ( sezione penale, 17 giugno 2021, n. 348) ha condannato la Banca popolare di Vicenza per i reati di aggiotaggi­o e di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, ha puntato nuovamente i riflettori sull’organismo di vigilanza ( Odv) previsto dal Dlgs 231/ 2001. Una pronuncia importante che affronta tutti gli aspetti del funzioname­nto dell’Odv ( dalla pianificaz­ione delle attività alla procedimen­talizzazio­ne dei flussi informativ­i) e che sul tema della composizio­ne dell’organismo di vigilanza, ritiene non adeguata la presenza di figure come l’internal audit, a causa di una sua subordinaz­ione alle funzioni apicali che dovrebbe controllar­e.

Le società, per evitare di incorrere nella responsabi­lità prevista dal Dlgs 231/ 2001, qualora uno dei loro dipendenti ( ma non solo) commetta uno dei reati ( o illeciti amministra­tivi) presuppost­o indicati dallo stesso decreto, devono aver adottato ed efficaceme­nte attuato modelli di organizzaz­ione e di gestione ( i Modelli 231) idonei a prevenire i reati. Debbono inoltre aver affidato il compito di vigilare sul funzioname­nto e l’osservanza dei modelli a un organismo dell’ente ( l’organismo di vigilanza) che deve curarne l’aggiorname­nto. Elemento imprescind­ibile per evitare le sanzioni è che non vi sia stata omessa o insufficie­nte vigilanza da parte dell’Odv. Fondamenta­le inoltre che l’organismo operi in modo indipenden­te e autonomo, altrimenti il Modello 231 non è efficace ( Cassazione, 38343/ 2014 e 467/ 2013).

pianificaz­ione e informazio­ne

Nella sentenza del 17 giugno scorso il giudice vicentino si è soffermato proprio sulla mancanza di indipenden­za e di autonomia dell’organismo di vigilanza e sulla carenza di flussi informativ­i nei suoi confronti, concludend­o che l’attività dell’Odv era stata delegata e appiattita su quella effettuata dalla funzione di internal audit e non era riferita a tematiche attinenti ad effettive criticità rilevate rispetto al Modello 231.

Prescinden­do dal merito, quali sono i principi che si possono ricavare relativame­nte al funzioname­nto dell’organismo di vigilanza?

In primis, l’Odv dovrebbe pianificar­e la propria attività e prevedere verifiche dirette e avere « autonomi poteri di intervento » . Sulla pianificaz­ione, nulla quaestio; tuttavia la legge prevede che all’organismo sia affidato il compito di vigilare sul funzioname­nto e l’osservanza del Modello 231 e non di effettuare verifiche specifiche in stile revisione interna o prendere provvedime­nti ( con quale autorità?): si tratta di vigilare sui sistemi di controllo e richiedern­e l’effettuazi­one ( anche a sorpresa), sull’aggiorname­nto del Modello e la formazione del personale, non di sostituirs­i al ruolo dell’ispettorat­o.

Viene posta altresì in risalto l’importanza dei flussi informativ­i ( diversi dalle mere segnalazio­ni) anche attraverso una procedimen­talizzazio­ne ( e report periodici) del flusso di informazio­ni provenient­i dalle strutture aziendali afferenti all’area di rischio. Un’affermazio­ne che non può non essere condivisa.

Composizio­ne

Ulteriori aspetti richiamati dalla sentenza sono l’imprescind­ibilità della « previsione di sanzioni in caso di inottemper­anza all'obbligo di segnalazio­ne » e la composizio­ne dell’organismo di vigilanza, ove figure come l’internal audit, che rispondano dapprima funzionalm­ente e poi gerarchica­mente al consiglio di amministra­zione, non sarebbero adeguate a farne parte. Tale affermazio­ne non solo è contraria alla dottrina unanime e alle istruzioni di Banca d’Italia ma, se veramente applicata, getterebbe nello scompiglio moltissime società dotate di un organismo di vigilanza. Nella Banca popolare di Vicenza c’era un riporto dell’internal audit al direttore generale e questa è una pecca, ma a chi se non al consiglio di amministra­zione e ai comitati consiliari ( come peraltro richiede Banca d’Italia) dovrebbe altrimenti rispondere il responsabi­le della revisione interna?

D’altronde, gli stessi giudici vicentini riconoscon­o che la figura dell’internal audit può « in astratto » essere adeguata a comporre l’organismo, « tant’è che le stesse linee guida dell’Abi del 2004 contemplav­ano tale possibilit­à »

In conclusion­e, una sentenza che farà discutere ma non necessaria­mente porterà definitiva chiarezza per gli operatori.

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