Il caro energia spegne le imprese
Il fronte bollette Aziende strozzate dai prezzi alle stelle ma i margini di manovra del governo sono stretti dopo l’ultimo intervento Energivori al tappeto ma la crisi è generale. Buzzella ( Confindustria Lombardia): « Misure urgenti o interi settori non
Con i prezzi dell’energia alle stelle, i cui effetti sono stati solo debolmente ammortizzati dall’ultimo intervento del governo concentrato soprattutto sulle famiglie, l’allarme delle imprese, strozzate dagli ultimi rincari, è tornato a farsi sentire insieme alla richiesta, spalleggiata da una larga fetta di partiti, di un intervento immediato per scongiurare il rischio di chiusure e fallimenti che attraversa l’industria della penisola.
Ma i margini di manovra dell’esecutivo, chehagiàmessoincampo9,5miliardi di misure in sei mesi tra azzeramento degli oneri di sistema e potenziamento dei bonus sociali ( lo sconto per i nuclei più svantaggiati), sono piuttosto stretti. La soluzione caldeggiata da più parti è quella di un consistente scostamento di bilancio su cui, però, ieri, il premier Mario Draghi si è mostrato molto prudente ( « non abbiamo ancora riflettuto se sia necessario » ) e che, regole alla mano, non appare comunque possibile prima del voto per il Quirinale. Troppo in là, insomma, per garantire quella risposta rapida che le aziende chiedono a gran voce da settimane. Né sembra lasciare spazio a nuove misure contro il caro- energia il lavoro che il governo sta portando avanti in queste ore per un nuovo decreto sostegni, atteso al Consiglio dei ministri in agenda dopodomani, che dovrebbe arrivare a muovere intorno ai 2 miliardi. La conferma indiretta arriva dallo stesso Draghi nella conferenza stampa convocata ieri: « La legge di bilancio ha stanziato circa 3,5 miliardi per l’emergenza bollette nel primo trimestre, è previsto che vengano presi altri provvedimenti per affrontare la situazione nel trimestre successivo e nei mesi a seguire. La via del sostegno governativo è importante, ma non può essere l’unica » , aggiunge il premier, che torna poi a chiedere un contributo da parte di quelle aziende « che hanno fatto grandi profitti con questo aumento del prezzo del gas »
La coperta, però, resta corta. E l’ultima manovra del governo da 3,8 miliardi ( oltre al miliardo per la rateizzazione delle bollette per i nuclei familiari più in difficoltà con un meccanismo di anticipo alla filiera elettrica), che pure ha alleggerito l’impatto per 29 milioni di famiglie e 6 milioni di microimprese, non ha comunque evitato aumenti importanti: + 55% per la bolletta elettrica, + 41,8% per quella del gas.
Il conto risulta ancora più salato per le imprese medio- grandi, rimaste fuori dalle misure emergenziali previste dall’esecutivo. A subire la batosta più significativa sono i settori energivori, dalla siderurgia alla ceramica, dalle cartiere alle vetrerie, alla chimica, che non riescono a ribaltare sul mercato i rincari subiti e negli ultimi mesi hanno visto comprimersi sempre di più i margini, fino ad andare, in alcuni casi, in perdita. « Il problema è molto più grave di quanto sia percepito nel Paese – spiega il presidente di Confindustria Ceramica, Giovanni Savorani –. Ci sono già 5- 6 aziende del nostro settore che sono dovute ricorrere alla cassa integrazione per far fronte a una situazione che sta diventando insostenibile. Abbiamo proposto due tipi di intervento per cercare di calmierare i prezzi: immettere sul mercato le riserve strategiche di gas e riattivare l’ estrazione dai nostri giacimenti » .
Quest’ultimo intervento, sebbene importante, richiederebbe tuttavia tra i 18 e i 24 mesi per essere a regime, mentre le imprese hanno bisogno di misure immediate. « Alcune aziende hanno deciso di prolungare il periodo di chiusura natalizia perché in questo momento non è conveniente produrre, visto che l’incidenza della componente energia sul conto economico è passata dal 1015% a oltre il 50% – spiega il presidente di Confindustria Lombardia, Francesco Buzzella –. Anche perché c’è una concorrenza estera che non ha questi costi: negli Stati Uniti il gas costa circa 11 dollari per megawattora, da noi 87 euro. In Asia si ricorre ancora prevalentemente il carbone, che costa molto meno, oltre a inquinare di più » . Un bel problema per una manifattura fortemente vocata all’export come quella italiana. Buzzella è molto chiaro: « Senza un intervento urgente del governo italiano e dell’Europa il rischio a medio termine è perde
re interi settori produttivi, che a questi prezzi non riuscirebbero a reggere la concorrenza internazionale » .
Il problema, a cascata, interessa ormai tutti i comparti, perché gli aumenti a monte delle filiere produttive progressivamente stanno arrivando a valle, su chi realizza i prodotti finiti. Conferma Barbara Colombo, presidente di Ucimu, l’associazione dei produttori di macchine utensili: « Le nostre non sono aziende particolarmente energivore, ma abbiamo problemi di approvvigionamento su alcuni componenti necessari alla produzione, ad esempio i basamenti delle nostre macchine, che hanno subito aumenti di prezzo fino al 50% e oltre e si attendono ulteriori rialzi » . Aumenti che non sempre è possibile ribaltare sul mercato, soprattutto per chi vende all’estero e deve competere con produttori di altri Paesi, dove i prezzi dell’energia incidono meno.
Qualcosa di simile accade nell’industria del mobile, di per sé poco energivora, ma che necessita di componenti sulla cui produzione, invece, i rincari di gas ed energia elettrica incidono fortemente, come pannelli in legno, metalli e materie plastiche. « Finora le nostre imprese sono riuscite a limitare gli aumenti sui consumatori finali, comprimendo i margini o riducendo altre voci di spesa, ma ora sta diventando difficile – osserva il presidente di FederlegnoArredo Claudio Feltrin. La preoccupazione è che questa situazione finisca per frenare i consumi e dunque rallentare l’onda positiva che ha caratterizzato il nostro settore nell’ultimo anno e mezzo » .
Savorani ( Confindustria Ceramica): « Il problema è molto più grave di quanto sia percepito nel Paese »