Dietro le richieste russe una promessa ambigua di Baker a Gorbaciov
Le delegazioni di Stati Uniti e Russia si sono incontrate a Ginevra, sul tavolo un’agenda urgente e preoccupazioni di crisi. Ma le radici della disputa, in realtà, affondano in parole pronunciate o sottoscritte trent’anni or sono da altri protagonisti, James Baker e Mikhail Gorbaciov.
In gioco oggi è lo spettro d’una guerra in Europa per l’escalation dalla crisi in Ucraina. Si intrecciano propositi diplomatici e minacce. Con Washington e alleati che offrono di discutere di missili, arsenali ed esercitazioni. Ma invocano sanzioni in caso d’un assalto di Mosca a Kiev, misure finanziarie, economiche e politiche più dure di quelle adottate in risposta all’annessione della Crimea anche se potrebbero voler evitare eccessivi danni a settori delicati per lo stesso Occidente quali energia e sistema bancario. Da parte sua il Cremlino, per fermare la mano, chiede ben altro, garanzie di sicurezza contro espansioni della Nato e divieto a qualunque ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica.
Alle spalle delle gravi tensioni – e della danza diplomatica – è tuttavia un atto che risale al tramonto della Guerra Fredda e al collasso del Muro di Berlino, o meglio la sua lettera e la sua interpretazione: gli accordi raggiunti sulla riunificazione della Germania sotto l’ombrello occidentale dall’allora segretario di Stato americano dell’amministrazione di George Bush senior, appunto Baker III, e dall’ultimo leader dell’Unione Sovietica, Gorbaciov.
Mosca sostiene - non da oggi - che Washington e Nato avrebbero tradito quell’intesa del 1990, la quale a loro avviso avrebbe escluso ampliamenti a est dell’Alleanza. Non è affatto così, affermano secchi gli americani, citando a ragion veduta il documento firmato dalle parti, alleati europei compresi, e accusando il Cremlino invece di voler riscrivere la storia a proprio uso e consumo, per legittimare atteggiamenti e azioni aggressive in quella che considera a vuole tornare a considerare la sua area di influenza.
Le ricostruzioni mostrano come la “promessa” menzionata da Mosca, in realtà, possa essere ricondotta a iniziali dichiarazioni su un mancato « ampliamento del territorio Nato a Est » da parte di diplomatici tedeschi nel gennaio 1990 per rassicurare Mosca. Il riferimento chiaro era però solo ad una presenza di truppe Nato nella ex Germania Est. Baker in febbraio durante una visita a Mosca si lasciò poi sfuggire un riferimento a « garanzie che la giurisdizione delle forze Nato » non sarebbe avanzata a Oriente. Ambiguità subito corretta dai consiglieri per la sicurezza nazionale americana e i riferimenti a futuri limiti di “giurisdizione” Nato sparirono da ogni colloquio. Alla fine delle trattative, nel maggio 1990, Baker formulò un testo con 9 rassicurazioni per Mosca senza alcun blocco a nuove adesioni alla Nato. E Gorbaciov firmò allora un trattato che vietava truppe straniere nella ex Germania Est ma non truppe tedesche parte della Nato a partire dal 1994, data del definitivo ritiro russo.
Il nodo dell’espansione della Nato ad altri Paesi non venne in alcun modo affrontato, con tutti i riflettori puntati sulla riunificazione della Germania. Una realtà confermata successivamente in interviste dallo stesso Gorbaciov. Anche se, va aggiunto, Gorbaciov ha detto di considerare l’allargamento dell’Alleanza Atlantica alle porte della Russia una violazione dello spirito delle assicurazioni discusse.
Le interpretazioni contrapposte rivivono adesso nel nuovo scontro - politico e militare - sull’Ucraina. Ma Washington può giocare una carta in più quando di tratta di intese: è Mosca, incalza, ad aver semmai tradito ogni accordo sull’Ucraina. Nel 1994, caduta l’Urss, aderì al Budapest Memorandum con cui la nuova Ucraina indipendente rinunciava a 1.900 testate atomiche in cambio del rispetto di sovranità e confini da parte della Russia, che avrebbe evitato ogni ricorso alla forza o a minacce.
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