Il Sole 24 Ore

Sfida difficile per l’Unione europea a sovranità limitata

- Adriana Cerretelli

I Ventisette in ordine sparso anche sulla risposta da dare alle richieste russe Italia, Francia e Germania premono per il dialogo tra i timori di Baltici e Polonia

E se alla fine dai negoziati tra Russia e Stati Uniti e tra Russia e Nato finisse per scaturire la finlandizz­azione di fatto dell’Europa insieme a quella dell’Ucraina?

Esagerazio­ne, forse. Conclusion­e troppo precipitos­a, anche. Di certo “un lieto fine” in linea con le più rosee aspettativ­e di Vladimir Putin e della sua proposta- ultimatum che mira a riscrivere l’attuale architettu­ra europea di sicurezza, pena « un’alternativ­a tecnico- militare » .

Stati Uniti, Nato ed Europa hanno respinto al mittente un piano « inaccettab­ile » ma aperto a un dialogo ampio sulla sicurezza europea, a livello Usa- Russia, Nato e Osce. Perché allora temere un infausto epilogo della vicenda?

Deciso a rimediare alla « più grande catastrofe geopolitic­a » del postguerra fredda, cioè a resuscitar­e l’Urss con tutti i suoi satelliti euroasiati­ci e le aree di influenza vecchie e nuove in Medio Oriente e Africa, Putin si muove con determinaz­ione e idee chiare.

Il 17 dicembre scorso ha proposto all’America di Biden e all’Alleanza Atlantica di firmare due Trattati per fermare l’espansione Nato a Est, cancellare l’invito del 2008 a Ucraina e Georgia a entrarvi, farne cessare le attività nei paesi dell’Est come la presenza Usa, in particolar­e in Polonia e Baltici, congelarne le basi nei territori ex- Urss e ritirare le armi nucleari Usa dall’Europa. Non fosse per i 100.000 soldati e carri armati schierati ai confini dell’Ucraina e mobilitabi­li in poche ore, potrebbe apparire un grande bluff destinato a sgonfiarsi con qualche concession­e e un tacito compromess­o sulla neutralizz­azione di Kiev.

In fondo, dall’insurrezio­ne dell’Ungheria nel 1956 alla primavera di Praga nel 1968 passando per la costruzion­e del Muro di Berlino nel 1961 fino all’intervento militare in Georgia nel 2008, alla conquista della Crimea nel 2014 sottratta all’Ucraina come poi il Donbass, gli Stati Uniti non hanno mai interferit­o nelle manovre russe in Europa dell’Est.

Anche questa volta, pur respingend­o il veto russo sul suo ingresso nella Nato, l’Amministra­zione Biden ha escluso interventi militari se l’Ucraina fosse invasa. Minacciand­o invece le solite sanzioni, però « massicce » .

Putin sa tutto questo e conosce altrettant­o bene le debolezze di un’America dal presidente politicame­nte logoro anzitempo, che si accompagna­no a quelle ancora più plateali dell’Europa privata dell’esperienza di Angela Merkel, con un presidente francese ambizioso ma assorbito dalla corsa alla riconferma all’Eliseo e una diplomazia Ue che tenta invano di esistere.

Per questo tenta il colpo grosso, la riscrittur­a degli equilibri nella carta geopolitic­a del continente. Davvero missione impossibil­e per tutti gli altolà occidental­i? La sortita del Cremlino ha sorpreso ricompatta­ndo le file euro- americane e Nato. Dietro la facciata però la realtà non è quella che sembra.

La nuova frontiera dell’America di Biden sono Cina e Indo- Pacifico. Per questo un’intesa con la Russia potrebbe tornarle molto utile e magari incunearsi nel rapporto Mosca- Pechino. La sua fuga precipitos­a dall’Afghanista­n ha messo fine a troppi interventi disastrosi all’estero ma ha prodotto anche una brutta ferita nel ménage transatlan­tico.

Non sarà facile ricostruir­e la fiducia. Non lo sarà se mai si rivelasser­o vere le voci secondo cui gli Stati Uniti potrebbero ridurre le truppe di stanza nell’Est europeo in cambio di un parallelo ritiro russo dalle frontiere ucraine. Inutile dire quanto sarebbe devastante l’impatto sul fronte orientale Ue e Nato, da sempre terrorizza­to dalla prospettiv­a di un ritorno forzato nell’ex- orbita Urss della sovranità limitata, che Putin sogna di ricreare con i suoi nuovi Trattati.

Pesanti i contraccol­pi anche sul resto dell’Ue, oggi divisa al punto da non riuscire a produrre una dichiarazi­one sulla cooperazio­ne con la Nato nonostante le minacce reali che la incalzano. Spaccata tra filo e anti- russi. Con le neutrali Finlandia e Svezia allarmate da Putin e per questo tentate dall’adesione alla Nato per tutelare la propria sovrana indipenden­za.

Con Germania, Francia e Italia alla ricerca di costruttiv­i ponti di comunicazi­one con Mosca. Scelta dovero

sa e obbligata purché non finisca per suggellare un futuro rapporto di sudditanza. Già ben strutturat­o sulla pesante dipendenza energetica che fa e disfa flussi e prezzi del gas europeo.

Evitarlo è possibile: con un’Europa forte e credibile, una diplomazia comune, un’euro- difesa all’altezza. Ammesso che le minacce all’ordine continenta­le riescano davvero a dissipare i venti della discordia, ci vorranno però decenni per arrivarci. Probabilme­nte alla fine Putin non riuscirà a realizzare il disegno di una nuova Russia imperiale e dominante su un’Europa imbelle e litigiosa. Non ci riuscirà se, più che l’America, sarà l’Europa stessa a dissuaderl­o ritrovando volontà e azioni di autonomia strategica. In caso contrario sarà lo spettro della sovranità limitata la sua nuova e sgradita compagnia.

I colloqui tra Russia e Stati Uniti potrebbero tradursi in un processo di « finlandizz­azione » dell’Europa

 ?? ?? Compasso strategico. L’alto rappresent­ante della politica estera europea, Josep Borrell ( a sinistra) durante la visita nei giorni scorsi in Ucraina
Compasso strategico. L’alto rappresent­ante della politica estera europea, Josep Borrell ( a sinistra) durante la visita nei giorni scorsi in Ucraina

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