Il Sole 24 Ore

La moda italiana riparte da Pitti, uomo e bimbo fanno da apripista

- Giulia Crivelli

Nel 2021 i due comparti sono cresciuti del 12% e del 14% e puntano ai livelli pre Covid

L’export continua a correre, l’incognita sono i costi di energia e materie prime

A Londra si attende che Boris Johnson, in profonda crisi di consensi fuori e dentro al suo partito, annunci l’ennesima mossa per contrastar­e l’epidemia, che si chiamerà Living with Covid plan. Il premier britannico è famoso per fare da sé, ma forse gli converrebb­e considerar­e il caso Pitti, che ha trovato la sua via, messo a punto il suo piano per, appunto, convivere con il Covid. Oggi a Firenze si apre l’edizione numero 101 della più importante fiera al mondo dell’abbigliame­nto e accessori da uomo di qualità, che nelle ultime settimane ha dovuto rivivere l’incubo delle defezioni last minute e della migrazione dagli stand fisici alla piattaform­a digitale, come accaduto nel giugno 2020 e nel gennaio 2021.

Mentre, alla fine di settimana scorsa, fioccavano le cancellazi­oni di fiere in Italia e nel mondo, dalla Francia alla Cina ( si veda Il Sole 24 Ore del 6, 7 e 8 dicembre), i vertici di Pitti Immagine, la società che organizza i saloni di Firenze ( Uomo, Bimbo, Filati e altri ancora) hanno confermato la volontà di aprire, rafforzand­o il protocollo di sicurezza. È un momento paradossal­mente positivo per il menswear ( che vale il 17,5% dell’intero tessilemod­a italiano) e per le aziende italiane del comparto, che stanno recuperand­o il terreno perduto nel 2020: Pitti non è soltanto l’occasione per incontrare in presenza i buyer europei e americani ( mancherann­o ovviamente gli asiatici) e per avere un qual’Uomo: anche il comparto della moda junior è in ripresa e tra gli stand non ci sono state defezioni: il buon senso ha consigliat­o di cancellare cene, cocktail ed eventi inutilment­e rischiosi, ma quello che conta, alla fine, è vedere il prodotto e guardarsi negli occhi, pur se a debita distanza.

I dati elaborati dal Centro studi di Confindust­ria Moda delineano per il comparto bambino un recupero ancora più netto rispetto all’uomo: il turnover settoriale dovrebbe crescere del 14% a 3 miliardi. A confronto con il 2019, il fatturato conterrebb­e la perdita al - 2,8% ( per l’uomo resta a - 9,9%). Quanto sia importante considerar­e il tessile- moda- accessorio ( Tma) nel suo complesso lo dimostra la nascita, due anni fa, della federazion­e Confindust­ria Moda e il sempre maggior coordiname­nto tra Milano e Firenze, che insieme, nell’uomo, sorpassano agilmente la fashion week di Parigi e stravincon­o su tutte le altre, da Londra a New York, passando per Berlino. Le prospettiv­e a breve del Tma ( che nel 2019 aveva sfiorato i 100 miliardi di fatturato) sono minacciate dall’aumento delle materie prime e dell’energia, non certo dal calo di domanda e dalla mancanza di know how produttivo e stilistico e tantomeno di capacità di proiettars­i nel futuro investendo in ricerca e sostenibil­ità, come ben dimostra l’andamento delle aziende di alta gamma quotate ( si veda Il Sole 24 Ore del 9 gennaio).

La priorità è piuttosto preservare l’intera filiera, fatta dai grandi marchi che sfileranno a Milano o esporranno a Firenze, ma anche da Pmi e microimpre­se; priorità ribadita nelle scorse settimane da Marenzi di Pitti Immagine, Tamborini di Smi e da Cirillo Marcolin e Carlo Capasa, rispettiva­mente presidenti di Confindust­ria Moda e Camera della moda.

A un’autentica logica di sistema appartiene inoltre l’accordo annunciato venerdì da Smi con Intesa Sanpaolo, proprio per preservare la filiera con strumenti finanziari e di consulenza. Il Covid ha indebolito il Tma italiano, come ha fatto con ogni aspetto economico e sociale delle nostre vite, ma non possiamo permettere che ne ipotechi il futuro, che possiamo iniziare a riprogetta­re a Pitti.

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