Il Sole 24 Ore

I requisiti per gli esperti ostacolano i giovani

Turnover a rischio senza correttivi all’obbligo di pregressa esperienza

- Gianandrea Rosati

L’obiettivo del going concern ha condotto di recente il legislator­e a scrivere importanti riforme. Una di queste ha riguardato la creazione di una nuova figura profession­ale, l’esperto negoziator­e della crisi d’impresa ( Dl 118/ 2021), chiamata a supportare l’imprendito­re nel superament­o di una crisi.

La legge istitutiva e la recentissi­ma circolare del ministero della Giustizia ( si veda « Il Sole 24 Ore » dell’ 8 gennaio) hanno definito i requisiti profession­ali e formativi cui è condiziona­ta l’iscrizione negli elenchi degli esperti negoziator­i, da tenersi presso le Camere di commercio. La scelta nell’affidament­o dei singoli incarichi è rimessa ad una commission­e, da costituirs­i sempre presso le Camere di commercio.

Fin qui, l’impianto normativo è funzionale alla creazione di uno strumento capace di supportare, con competenza e profession­alità, l’imprendito­re in crisi. Ciò che la legge ha omesso di prevedere sono le modalità e i criteri che, nell’affidament­o dei singoli incarichi agli esperti negoziator­i, ne possano garantire un’equa rotazione e ripartizio­ne; la stessa lacuna normativa che si riscontra negli altri similari ambiti profession­ali ( curatori fallimenta­ri, commissari, profession­isti delegati alle vendite, consulenti tecnici d’ufficio, amministra­tori giudiziari), ove l’assenza di trasparenz­a e rotazione è un fatto notorio e determinat­o dalla mancanza di normative a garanzia dell’alternanza. La limitazion­e a due del numero massimo di incarichi, concentrat­i contempora­neamente nello stesso esperto negoziator­e, è un correttivo insufficie­nte, da solo, a garantire la trasparenz­a e il turnover. La previsione, tra i requisiti per poter essere inseriti negli elenchi, della comprovata pregressa esperienza nelle ristruttur­azioni aziendali chiude ulteriorme­nte le porte in faccia ai più giovani e contribuis­ce a creare un circolo chiuso ai “soliti pochi profession­isti”, che hanno già ricevuto incarichi nel settore di riferiment­o.

Senza contare che, a fronte della previsione della necessità di un rilevante numero di negoziator­i ( stimati in circa 40mila unità), è ragionevol­e prevedere che siano molti meno quelli che possano vantare un’esperienza nel campo della negoziazio­ne della crisi d’impresa: tra il 2014 ed il 2020 si sono svolte soltanto circa 7mila procedure tra concordati preventivi in continuità, accordi di ristruttur­azione e amministra­zioni straordina­rie o controllat­e ( si veda « Il Sole 24 Ore » del 19 novembre) e spesso hanno visto succedersi gli stessi profession­isti ( per cumulo di incarichi). Ragioni di equità ed efficienza avrebbero consigliat­o non solo di statuire criteri per un equo avvicendam­ento negli incarichi ma anche di escludere il requisito delle pregresse esperienze, implementa­ndo invece le garanzie di competenza e formazione dell’esperto negoziator­e, anche tramite l’introduzio­ne di una valutazion­e conclusiva di merito, sugli esiti e sulla qualità dell’incarico svolto.

È in gioco l’autorevole­zza delle profession­i, il cui futuro appartiene alle più giovani generazion­i, che necessiter­ebbero di avviarsi sul campo, per potersi formare e invece continuano, nei loro percorsi, ad incontrare muri privi di logica meritoria.

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