NAVIGATOR E REDDITO NAUFRAGATI AL CRASH TEST DELLA REALTÀ
Navigator. Già il nome era da film di fantascienza o da cartone animato. Un po’ birignao linguistico per segnare una svolta modernista e social ( erano anche i tempi della politica in streaming), un po’ ingenua convinzione rivoluzionaria di poter cambiare una volta per tutte il corso del mercato del lavoro. A quattro anni dalla nascita di quell’esperimento nelle politiche attive del lavoro, resta l’impietoso crash test imposto dalla realtà. E non solo perché c’è stato il Covid. Il reddito di cittadinanza, la sua natura di welfare ogm, tra strumento anti povertà e misura di incentivazione alla scelta di un impiego, è fallito: ha avuto una sua utilità pubblica come puro assegno di assistenza agli indigenti durante la pandemia, ma non ha avuto alcun ruolo nell’indirizzare l’occupazione.
E ora sono gli stessi navigator ( il cui contratto a termine è scaduto) a vivere di proroga in proroga. E fanno quasi tenerezza perché meritano solidarietà per essere stati mandati allo sbaraglio. Per ragioni ideologiche innanzitutto. E ragioni grezze.
Perché il punto di partenza era la volontà di riportare in auge la funzione pubblica del collocamento, un ferrovecchio del ’ 49 superato negli anni 90 ( dalla legge Treu) anche perché nel frattempo era uscito un importante paper della Banca d’Italia che dimostrava come solo il 5% delle assunzioni passasse per il collocamento pubblico. Da sempre. Il revival tentato dal governo gialloverde del Conte 1 era figlio di un’idea elargitoria della politica: di chi aveva assalito il Palazzo d’Inverno e si sentiva legittimato a distribuire diversamente il malloppo della spesa pubblica finalmente da destinare agli ultimi. Forse anche nobile, ma dimostratosi ingenuo se non velleitario quel modo di vedere le cose. E i centri per l’impiego, tornati epigoni della suggestione del collocamento pubblico, adesso sono lì a dimostrarlo. Nella loro irrilevanza nel colmare il divario tra chi cerca lavoratori e chi offre lavoro, mai così distanti quanto a qualifiche necessarie, a orari d’ingaggio, a stipendi da normalizzare. Semmai sono state le agenzie del lavoro ad aver supplito a quell’incomunicabilità tra domanda e offerta: prima osteggiate perché di natura privata e “capitalistica”, poi perché dispensatrici di occupazione somministrata, interinale o a tempo parziale. Precariato. Le uniche che hanno in realtà salvato il lavoro nei tempi più difficili. Tardivamente sono state ripescate nella loro funzione di orientamento e di pronto soccorso. Soprattutto una volta che l’utopia del reddito di cittadinanza aveva mostrato tutta la sua distanza dalla realtà. E serviva qualcuno che intervenisse sul lavoro in codice rosso. Qualcuno che ne avesse reale contezza. La distanza dalla realtà era già tutta in quella app, più che velleitaria, che avrebbe dovuto segnalare sui telefonini dei più bisognosi l’opportunità di lavoro più vicina. Un messaggino, un clic e il lavoro si sarebbe materializzato sotto casa o poco distante. Come sembrava fosse accaduto in Mississippi. E cosa c’era di meglio se non ingaggiare proprio l’inventore di quella app miracolosa come capo dei centri per l'impiego. Domenico Parisi era l'uomo del Mississippi, l’idolo del ministro Luigi Di Maio, allora al Lavoro e allo Sviluppo economico. Ma si è trasformato presto nell’emblema di una delusione. Ed è tornato Oltreoceano da cui peraltro si era allontanato solo in aspettativa. Ora il Governo Draghi cerca di aggiustare i cocci. I numeri sono questi: 551 centri per l’impiego con 7.772 addetti ( età media 55 anni). Erano in previsione 11.600 assunzioni da parte delle Regioni, ma il covid le ha rallentate. Per ora 5 regioni ( Piemonte, Lombardia, Veneto, Campania, Umbria) hanno deciso di non prorogare i 538 navigator di pertinenza. Sono le Regioni ad avere sovranità sul tema della formazione, decisivo per far incontrare domanda e offerta di lavoro e creare le condizioni di effettiva occupabilità. I navigator ora rischiano di diventare anche l’inevitabile parafulmine per le lacune storiche degli enti locali. I cocci si riparano proprio da qui: valorizzando finalmente le vere forme di contaminazione tra formazione e lavoro. E se su questo obiettivo si fossero concentrate le risorse destinate al reddito di cittadinanza e ai navigator, forse qualche risultato si sarebbe ottenuto. Anche perché parliamo di 7,3 miliardi per il 2021 e di 7,2 per l’anno successivo. Cui si aggiunge uno stanziamento aggiuntivo di 4 miliardi per il periodo 2021- 2029.