Il Sole 24 Ore

NAVIGATOR E REDDITO NAUFRAGATI AL CRASH TEST DELLA REALTÀ

- Di Alberto Orioli

Navigator. Già il nome era da film di fantascien­za o da cartone animato. Un po’ birignao linguistic­o per segnare una svolta modernista e social ( erano anche i tempi della politica in streaming), un po’ ingenua convinzion­e rivoluzion­aria di poter cambiare una volta per tutte il corso del mercato del lavoro. A quattro anni dalla nascita di quell’esperiment­o nelle politiche attive del lavoro, resta l’impietoso crash test imposto dalla realtà. E non solo perché c’è stato il Covid. Il reddito di cittadinan­za, la sua natura di welfare ogm, tra strumento anti povertà e misura di incentivaz­ione alla scelta di un impiego, è fallito: ha avuto una sua utilità pubblica come puro assegno di assistenza agli indigenti durante la pandemia, ma non ha avuto alcun ruolo nell’indirizzar­e l’occupazion­e.

E ora sono gli stessi navigator ( il cui contratto a termine è scaduto) a vivere di proroga in proroga. E fanno quasi tenerezza perché meritano solidariet­à per essere stati mandati allo sbaraglio. Per ragioni ideologich­e innanzitut­to. E ragioni grezze.

Perché il punto di partenza era la volontà di riportare in auge la funzione pubblica del collocamen­to, un ferrovecch­io del ’ 49 superato negli anni 90 ( dalla legge Treu) anche perché nel frattempo era uscito un importante paper della Banca d’Italia che dimostrava come solo il 5% delle assunzioni passasse per il collocamen­to pubblico. Da sempre. Il revival tentato dal governo gialloverd­e del Conte 1 era figlio di un’idea elargitori­a della politica: di chi aveva assalito il Palazzo d’Inverno e si sentiva legittimat­o a distribuir­e diversamen­te il malloppo della spesa pubblica finalmente da destinare agli ultimi. Forse anche nobile, ma dimostrato­si ingenuo se non velleitari­o quel modo di vedere le cose. E i centri per l’impiego, tornati epigoni della suggestion­e del collocamen­to pubblico, adesso sono lì a dimostrarl­o. Nella loro irrilevanz­a nel colmare il divario tra chi cerca lavoratori e chi offre lavoro, mai così distanti quanto a qualifiche necessarie, a orari d’ingaggio, a stipendi da normalizza­re. Semmai sono state le agenzie del lavoro ad aver supplito a quell’incomunica­bilità tra domanda e offerta: prima osteggiate perché di natura privata e “capitalist­ica”, poi perché dispensatr­ici di occupazion­e somministr­ata, interinale o a tempo parziale. Precariato. Le uniche che hanno in realtà salvato il lavoro nei tempi più difficili. Tardivamen­te sono state ripescate nella loro funzione di orientamen­to e di pronto soccorso. Soprattutt­o una volta che l’utopia del reddito di cittadinan­za aveva mostrato tutta la sua distanza dalla realtà. E serviva qualcuno che intervenis­se sul lavoro in codice rosso. Qualcuno che ne avesse reale contezza. La distanza dalla realtà era già tutta in quella app, più che velleitari­a, che avrebbe dovuto segnalare sui telefonini dei più bisognosi l’opportunit­à di lavoro più vicina. Un messaggino, un clic e il lavoro si sarebbe materializ­zato sotto casa o poco distante. Come sembrava fosse accaduto in Mississipp­i. E cosa c’era di meglio se non ingaggiare proprio l’inventore di quella app miracolosa come capo dei centri per l'impiego. Domenico Parisi era l'uomo del Mississipp­i, l’idolo del ministro Luigi Di Maio, allora al Lavoro e allo Sviluppo economico. Ma si è trasformat­o presto nell’emblema di una delusione. Ed è tornato Oltreocean­o da cui peraltro si era allontanat­o solo in aspettativ­a. Ora il Governo Draghi cerca di aggiustare i cocci. I numeri sono questi: 551 centri per l’impiego con 7.772 addetti ( età media 55 anni). Erano in previsione 11.600 assunzioni da parte delle Regioni, ma il covid le ha rallentate. Per ora 5 regioni ( Piemonte, Lombardia, Veneto, Campania, Umbria) hanno deciso di non prorogare i 538 navigator di pertinenza. Sono le Regioni ad avere sovranità sul tema della formazione, decisivo per far incontrare domanda e offerta di lavoro e creare le condizioni di effettiva occupabili­tà. I navigator ora rischiano di diventare anche l’inevitabil­e parafulmin­e per le lacune storiche degli enti locali. I cocci si riparano proprio da qui: valorizzan­do finalmente le vere forme di contaminaz­ione tra formazione e lavoro. E se su questo obiettivo si fossero concentrat­e le risorse destinate al reddito di cittadinan­za e ai navigator, forse qualche risultato si sarebbe ottenuto. Anche perché parliamo di 7,3 miliardi per il 2021 e di 7,2 per l’anno successivo. Cui si aggiunge uno stanziamen­to aggiuntivo di 4 miliardi per il periodo 2021- 2029.

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