Il Sole 24 Ore

TENERE LA DISTANZA È FATICOSO MA NECESSARIO

- Di Natalino Irti

LDISCOSTAR­SI Hugo von Hofmannsth­al: « È un’arte sgradevole ma necessaria tenere a distanza gli uomini volgari con la freddezza »

o spettatore guarda, ascolta, annota; non sta nelle cose e fra le cose, ma le tiene e osserva a distanza. Se ne fa estraneo e si aggira intorno ad esse ( quasi si ricantereb­be il distico di Umberto Saba: « guardo e ascolto, però che in questo è tutta / la mia forza: guardare ed ascoltare » ). Faticosa è la distanza, il dis- tare, lo star lontano; e insieme capire ciò che accade, e fermare sulla pagina bianca impression­i e commenti.

La vita ci avvolge da ogni lato, e prova a trarci dentro di sé , partecipi e complici del suo farsi. Anche il guardare e notare dello spettatore è un fatto, immerso, al pari di innumeri altri, nel cammino degli uomini. Anche chi dorme - ammoniva il grande Eraclito, l’oscuro filosofo di Efeso - « opera e collabora a ciò che avviene nel cosmo » . Nessuno può trovar scampo da questo operare e collaborar­e, neppure lo spettatore nel suo arduo lontanarsi e discostars­i. L’antico frammento non sopprime né nega ( a dirla con Nietzsche) il pathos della distanza, questo sforzo di essere insieme fuori e dentro: fuori, per osservare, come da un lieve poggio, il corso del fiume; dentro, per misurarne le acque, e discoprirn­e l’origine e la foce.

Assai spesso, per non dire sempre, la raggiunta distanza mette al riparo da fugaci giudizî, da chiassoso e rissoso urto di partiti politici, dal vocio confuso della piazza. In uno dei breviari di saggezza, che conviene di consultare in ogni ora della vita, ‘ Il libro degli amici' (‘ Buch der Freunde') di Hugo von Hofmannsth­al - delicatame­nte volto in italiano da Gabriella Bemporad - leggiamo: « È un’arte sgradevole ma necessaria tenere a distanza gli uomini volgari con la freddezza. « Soltanto il freddo trattiene il fango, che non t’insudici i piedi dice un proverbio arabo » .

Ma che cosa è propriamen­te volgarità, che è da tenere a distanza e da non insudiciar­visi? Non è problema di classi sociali, né di tono di vita, né di stile esteriore, ma dello sfrontato o spocchioso rapporto con gli altri. Il quale può incontrars­i dovunque: in ignoranti e competenti, in colleghi di lavoro e gente d’affari, in dotti conversari o in fortuiti avviciname­nti. Pure la “freddezza”, che il poeta tedesco raccomanda per protezione dello spirito, è “arte sgradevole”, esercizio faticoso di parole e gesti. Perché la volgarità è di per sé tracotante e invasiva, usurpa eguaglianz­a e parità, tenta di trascinare sul suo proprio fangoso terreno. Tocca il grado più alto congiungen­dosi con il potere, politico o amministra­tivo o economico: non l’autentico potere, amante di riserbo e pudore, nascosto all’occhio indiscreto e profano; ma il “volgare” potere dell’avere, la labile autorità di ufficî pubblici, la frivola modernità di circoli cittadini.

La volgarità ha, per dir così, un suo inconfondi­bile e percepibil­e odore: si avverte da sùbito, tradito da inattesa familiarit­à o da un tratto del volto; non è timida dinanzi alla porta, ma irrompe con oscura pervicacia o con vezzo di falsa signorilit­à. E talvolta induce anche coloro, che sùbito l’hanno fiutata e riconosciu­ta, a contegni disdicevol­i e scontrosi, assunti per difesa o per istintiva repulsione del gusto. Questo rifiuto - come osserva Hofmannsth­al - è bensì un’arte, un modo abile e destro di stabilire la distanza, ma spesso non può esprimersi con sollecita prontezza, ha bisogno di un qualche tempo per studiare l’offensiva della volgarità. Intervalli penosi e imbarazzan­ti, tra il dire e non dire, tra provvisori­a apertura di dialogo e sprezzante diniego. Se ne esce di malumore, insoddisfa­tti di sé, con un fastidio d’animo che dura nel tempo: non aver scorto sùbito le tracce della volgarità, aver concesso credito di simpatia o di stima, un rimprovero alla nostra credulità e ingenua fiducia.

Faticosa e necessaria è, dunque, la distanza, il lontanarsi accorto da cose ed uomini, e vederli sul palcosceni­co del mondo, mentre lo spettatore si rifugia in un angolo laterale dell’ombrosa e silenziosa platea. Né di contro possono levarsi gli argomenti dell’eguaglianz­a, del trovarsi fisicament­e insieme sulle strade del mondo: che sono raziocinii astratti e indetermin­ati, mentre la storia, nel suo libero svolgersi, ci fa diseguali, non l’uno all’altro superiore, ma l’uno dall’altro diverso.

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