« Meno duplicazioni per la difesa europea »
Direttore Occar (Organizzazione per la cooperazione in materia di armamenti)
« Evitare la duplicazione e la frammentazione, migliorare l’interoperabilità e la standardizzazione e ridurre al minimo i costi aggiuntivi, è un obiettivo che può essere perseguito attraverso la cooperazione » . In tempi di guerra nel cuore dell’Europa la difesa è tornata centrale nelle strategie dei Paesi, ora l’Ucraina riporta indietro la linea del tempo, ma i tempi sono cambiati, e anche i sistemi di difesa. A sottolinearlo, in una conversazione con il Sole 24 Ore, è l’ammiraglio ispettore capo Matteo Bisceglia, dal 2019 direttore dell’Occar, organizzazione internazionale con sede a Bonn per la cooperazione in materia di armamenti che gestisce programmi complessi di cooperazione nel campo degli armamenti, non solo europei anche se prevalentemente, primo ufficiale ammiraglio italiano a ricoprire questo ruolo.
Ammiraglio, gli Stati stanno aumentando le spese ma servono risorse colossali… « A causa degli inadeguati investimenti nella difesa, gli stati sono sempre meno in grado di colmare da soli le nuove lacune di capacità, a causa della minore competitività dell’industria della difesa nazionale » . Certo, in Europa si sviluppano diverse versioni di aerei da combattimento, carri armati, fregate, radar, ma « in assenza di una visione strategica e della volontà di abbandonare il protezionismo delle industrie nazionali, ovvero di promuovere la cooperazione transfrontaliera, il risultato continuerà ad essere la frammentazione, la duplicazione e la mancanza di interoperabilità » . Con conseguente spreco di risorse economiche e di “know- how”.
Serve razionalizzare, quindi, che è poi il messaggio costante del premier Draghi nelle varie sedi, Ue, G7 e Nato. « Dobbiamo capire che avere più aerei da combattimento, più tipi di fregate, più sistemi radar e così via non crea un valore aggiunto. Al contrario, continuando su questa strada spenderemo di più e otterremo di meno. Mi chiedo se l’Europa possa permettersi due aerei da combattimento di sesta generazione ( costo per singolo sviluppo e produzione di ben oltre 100 miliardi) quando gli Usa ne faranno forse uno. Tutelare il settore della difesa attraverso adeguati investimenti rappresenta uno degli obiettivi di un paese per i conseguenti benefici geopolitici, industriali economici, occupazionali » .
Cosa serve? « L’attuale scenario internazionale che ha riportato il conflitto militare alle porte dell’Europa - osserva - evidenzia quanto la minaccia militare esterna sia ancora altamente probabile. Inoltre, la necessità di garantire il massimo livello di sicurezza sta facendo leva sull’effetto deterrenza » . Il concetto di base è il “dual use”: « Gli investimenti nella ricerca contribuiscono ad aumentare il capitale tecnologico che si riverbera anche in settori prettamente civili. La spesa militare ha dunque un ritorno in termini di know- how scientifico che arricchisce l’intera comunità » .
« Il rapporto tra investimento e valore aggiunto per l’economia – spiega l’ammiraglio Bisceglia - generato delle industrie di settore è di 1 a 2,6 ( moltiplicatore economico). Tagliare gli investimenti di settore significa ridurre l’occupazione all’interno di un settore che offre lavoro e formazione ad elevato livello tecnologico a migliaia di tecnici, ingegneri e operai specializzati » . Ora l’obiettivo è raggiungere il 2% delle spese militari sul Pil ( gli Usa segnano il 3,7%): la Francia investe circa il 2,1%, Germania con l’impegno di investire 100 miliardi €, supererà la soglia del 2%, mentre l’Italia ( 1,5%) deve avviare un progetto a medio termine. « Inoltre, nel complesso gli Stati Ue investono nella ricerca circa la metà rispetto agli Usa, con risultati, in termini di efficacia, nettamente inferiori ( 1/ 10). Il motivo risiede – a mio parere – in una frammentazione degli investimenti e una duplicazione degli sviluppi e delle produzioni dei vari assetti » .
Quindi- aggiunge Bisceglia - Occar ( che raggruppa sei paesi: Italia, Francia Germania, Uk, Belgio e Spagna) può essere lo snodo di questa nuova prospettiva di cooperazione: gestisce più di 20 programmi nel 2022 con un budget operativo combinato di 100 miliardi di euro circa.