L’intelligenza artificiale mette insieme gli opposti
Guerra e pace digitale. Il conflitto in Ucraina non è diventato un war game, ma è chiaro che la storia è sempre più modellata dalla tecnologia
GINFRASTRUTTURA La convergenza di cloud, supercomputing e dati si trasforma in una infrastruttura profonda, essenziale per lo sviluppo
LIMITI In Europa la business community accetta che Bruxelles proponga regole senza che questo pregiudichi l’innovazione
uerra e pace digitale. Regolamentazione e innovazione nell’intelligenza artificiale. Quelle che forse un tempo si vedevano come dimensioni contraddittorie sembrano destinate a convergere. La normalità probabilmente prende la forma di un continuo aggiustamento tra opposti. E la collaborazione tra autorità e aziende diventa più probabile del conflitto, mentre la guerra vera e propria si allunga nel tempo, meno distinguibile dalla pace. È una possibilità che si può rimuovere ma non cancellare. La guerra non sembra dilagare nella cyberinsicurezza generale. Ma le operazioni militari sarebbero impossibili senza le tecnologie digitali profonde. L’intelligenza artificiale è centrale nel monitoraggio americano. Starlink, la rete dei satelliti a bassa quota, ha tenuto insieme il paese attaccato, benché i russi avessero progettato di mettere velocemente fuori uso l’internet degli avversari. Droni e armi connesse, comandi militari e sistemi civili continuano a comunicare in Ucraina. Insomma: la guerra non è diventata una sorta di war game, ma comunque la storia è sempre più modellata dalla tecnologia.
Dalla guerra alla pace, l’impressione è analoga. Non c’è bisogno di uno storytelling avventuroso che racconti il futuro di macchine assurdamente autonome e sempre più potenti. In realtà, la convergenza di supercomputing, grandi moli di dati, cloud, la filiera delle intelligenze artificiali di base e applicative, sta diventando una sorta di nuova infrastruttura essenziale per lo sviluppo economico. E per la sostenibilità. « Ogni singola funzione dell’azienda deve imparare a confrontarsi con l’intelligenza artificiale » sostiene Euro Beinat, responsabile globale per Ai e data science di Prosus, il gigante olandese delle tecnologie e dei finanziamenti per le iniziative digitali. « Le previsioni che operiamo con l’intelligenza artificiale ci consentono di derivare informazioni che non abbiamo da vaste moli di dati che abbiamo » . In due giorni, a Venezia, con imprenditori, studiosi e ministri, l’Aspen Institute Italia ha offerto una panoramica delle dinamiche trasformative dell’intelligenza artificiale. E l’immagine emergente è chiara: quando la discussione sarà condotta affidandola meno alle esagerazioni e più alle analisi, apparirà una realtà davvero importante, molto più articolata socialmente che determinata tecnologicamente.
Mentre la retorica abituale del progresso digitale non cessa di annunciare la nuova rivoluzione, sicché l’annuncio della successiva si sovrappone allo svolgimento della precedente, la realtà storica si potrebbe meglio descrivere come la dinamica dell’ecosistema dell’innovazione nel quale le strutture sociali e tecnologiche coevolvono. La business community comincia ad accettare che le autorità europee propongano regole più precise per l’intelligenza artificiale senza che questo venga sempre soltanto descritto come un freno all’innovazione. La stessa disciplina filosofica dell’etica non è più alternativa alla disciplina pratica del profitto: la fiducia della popolazione nella qualità delle tecnologie va salvaguardata investendo in trasparenza e le regole possono aiutare ad andare in questa direzione. Dall’Ocse, Andrew Wyckoff sottolinea come la policy non si concentri sulle tecnologie quanto sui rischi di alcune loro applicazioni. Il che va all’unisono con quanto fanno le comunità tecniche che investono a loro volta nella riduzione dei rischi: un enorme database che contiene tutte le cose che vanno storte nell’intelligenza artificiale serve a studiosi e operatori per ridure gli errori futuri.
In pratica, la dinamica digitale che ha accelerato durante la pandemia si sta qualificando nel corso di questa nuova crisi. E la prospettiva della digitalizzazione, lungi dal rallentare, si sta ulteriormente approfondendo nella forma di un’infrastrutturazione profonda: grandi computer, grandi algoritmi e modelli, grandi moli di dati. Il tutto per abilitare innovazione. Purché si comprenda come fare.
Per gli italiani, le cui aziende innovano seguendo il loro percorso storico, si tratta di imparare gvelocemente ad adattarsi al nuovo contesto. Il punto di debolezza più grande, come attesta l’indice Desi, è la disponibilità in Italia di persone altamente competenti in queste materie. Ma il paese sta recuperando terreno con centinaia di nuovi dottorati nei prossimi tre o quattro anni. L’ 8 luglio apre il bando di ammissione per il prossimo ciclo. Non sono ovviamente dottorati solo per andare a lavorare in università. La maggior parte si offriranno alle aziende. Queste, nel frattempo, saranno chiamate a imparare ad apprezzarli. Preparandosi ad assumerli. Per modernizzare le loro capacità di fare innovazione.