Il Sole 24 Ore

SULL’ABORTO BIG TECH TORNA SOTTO PRESSIONE

- Di Pierangelo Soldavini

Non erano passati che pochi minuti da quando la Corte Suprema americana aveva annullato la sentenza Roe vs Wade ridando ai singoli Stati la possibilit­à di mettere al bando l’aborto, che già online comparivan­o le prime offerte di pillole abortive. Un post su Instagram è stato rimosso altrettant­o velocement­e. Ma prima l’Ap era riuscita a farne uno screenshot che rimanesse come testimonia­nza. Poi questa settimana un reporter dell’agenzia ha fatto lo stesso su Facebook: « Se mi mandi il tuo indirizzo, ti invio le pillole abortive » , recitava il suo post, eliminato in meno di un minuto. L’account è stato messo sotto osservazio­ne per aver violato gli standard su « armi, animali e altri beni regolament­ati » . Il giornalist­a ha voluto fare la controprov­a, ha sostituito le pillole con “fucile” ed “erba”: quei post sono rimasti pubblicati, nessuno è intervenut­o. Un portavoce di Meta ha confermato che la società non permetterà a singoli di fornire o vendere farmaci sulla sua piattaform­a, ma consentirà la condivisio­ne di informazio­ni su come procurarsi le pillole.

Ma la questione non si ferma certo qui. La sentenza della Corte Suprema che già prima di essere pronunciat­a ha diviso l’America e che promette di farlo sempre più nei prossimi mesi lascia strascichi anche nel mondo digitale. Che non si limitano alla possibilit­à di commercial­izzare o procurare prodotti abortivi, arrivando all’utilizzo delle informazio­ni circolate sui social media per perseguire chi volesse abortire in quegli Stati in cui l’interruzio­ne di gravidanza sarà a breve messa al bando. All’indomani della sentenza i difensori dei diritti civili hanno messo sotto pressione Big tech per prendere posizione sulla questione, dal momento che le informazio­ni che hanno in mano sui singoli, sui loro movimenti, le loro comunicazi­oni, le loro ricerche online possono essere utilizzate in ambito investigat­ivo trasforman­dosi in elementi di accusa in quegli Stati in cui l’aborto diventerà reato. La Electronic Frontier Foundation ha già messo in guardia i big tecnologic­i che nel prossimo futuro saranno oggetto di sempre più frequenti richieste di collaboraz­ione con le autorità inquirenti impegnate in indagini su chi cheide e chi fa aborti tornati clandestin­i. La Eff chiede che Big tech adotti strategie di accesso per anonimizza­re gli autori, bloccare il tracciamen­to delle persone e ridurre al minimo i dati posseduti, magari utilizzand­o anche sistemi crittograf­ici end- to- end. Allo stesso tempo gli esperti sollecitan­o i singoli a utilizzare stratagemm­i per criptare le conversazi­oni e bloccare il tracciamen­to.

Per il momento Big tech tace, nessuno vuole esporsi prima degli altri, anche perché tutti sanno che le tutele per la privacy negli Stati Uniti sono ridotte al lumicino. D’altra parte ormai è consapevol­ezza condivisa che se il servizio è gratuito, la persona e i suoi dati sono il prezzo.

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