SULL’ABORTO BIG TECH TORNA SOTTO PRESSIONE
Non erano passati che pochi minuti da quando la Corte Suprema americana aveva annullato la sentenza Roe vs Wade ridando ai singoli Stati la possibilità di mettere al bando l’aborto, che già online comparivano le prime offerte di pillole abortive. Un post su Instagram è stato rimosso altrettanto velocemente. Ma prima l’Ap era riuscita a farne uno screenshot che rimanesse come testimonianza. Poi questa settimana un reporter dell’agenzia ha fatto lo stesso su Facebook: « Se mi mandi il tuo indirizzo, ti invio le pillole abortive » , recitava il suo post, eliminato in meno di un minuto. L’account è stato messo sotto osservazione per aver violato gli standard su « armi, animali e altri beni regolamentati » . Il giornalista ha voluto fare la controprova, ha sostituito le pillole con “fucile” ed “erba”: quei post sono rimasti pubblicati, nessuno è intervenuto. Un portavoce di Meta ha confermato che la società non permetterà a singoli di fornire o vendere farmaci sulla sua piattaforma, ma consentirà la condivisione di informazioni su come procurarsi le pillole.
Ma la questione non si ferma certo qui. La sentenza della Corte Suprema che già prima di essere pronunciata ha diviso l’America e che promette di farlo sempre più nei prossimi mesi lascia strascichi anche nel mondo digitale. Che non si limitano alla possibilità di commercializzare o procurare prodotti abortivi, arrivando all’utilizzo delle informazioni circolate sui social media per perseguire chi volesse abortire in quegli Stati in cui l’interruzione di gravidanza sarà a breve messa al bando. All’indomani della sentenza i difensori dei diritti civili hanno messo sotto pressione Big tech per prendere posizione sulla questione, dal momento che le informazioni che hanno in mano sui singoli, sui loro movimenti, le loro comunicazioni, le loro ricerche online possono essere utilizzate in ambito investigativo trasformandosi in elementi di accusa in quegli Stati in cui l’aborto diventerà reato. La Electronic Frontier Foundation ha già messo in guardia i big tecnologici che nel prossimo futuro saranno oggetto di sempre più frequenti richieste di collaborazione con le autorità inquirenti impegnate in indagini su chi cheide e chi fa aborti tornati clandestini. La Eff chiede che Big tech adotti strategie di accesso per anonimizzare gli autori, bloccare il tracciamento delle persone e ridurre al minimo i dati posseduti, magari utilizzando anche sistemi crittografici end- to- end. Allo stesso tempo gli esperti sollecitano i singoli a utilizzare stratagemmi per criptare le conversazioni e bloccare il tracciamento.
Per il momento Big tech tace, nessuno vuole esporsi prima degli altri, anche perché tutti sanno che le tutele per la privacy negli Stati Uniti sono ridotte al lumicino. D’altra parte ormai è consapevolezza condivisa che se il servizio è gratuito, la persona e i suoi dati sono il prezzo.