Sul Delta del Po tra paesaggi d’acqua, quiete e resilienza
campagna piatta nei pressi di Porto Tolle, porto fluviale sul Po prossimo all’Adriatico. Qui all’inizio del 900 fu introdotta la macchina a vapore per bonificare l’isola di Ariano, rialzando in un colpo solo di un paio di metri il corso dell’acqua per farla defluire verso il mare. Oggi l’idrovora di Ca’ Vendramin è sede del Museo regionale della bonifica, monumento di archeologia industriale che testimonia la capacità dell’essere umano di trasformare il territorio, per farlo diventare un luogo dove si poteva rimanere, superandone la povertà originaria.
Oggi, facendo ancora una volta leva sulla continua capacità di reinventarsi di una terra creata dal fiume e plasmata nei secoli dall’attività umana, il Delta del Po tra Veneto ed Emilia- Romagna si rilancia come meta turistica, all’insegna della sostenibilità e della scoperta di una cultura creata dall’intreccio tra terra, acqua ( di fiume e di mare) e ingegno umano. Di fronte all’emergenza del granchio blu, il predatore invasivo arrivato dalle Americhe, si cercano nuove modalità per raccontare questi territori affascinanti e la loro cultura. Il Delta è stato riconosciuto come Riserva della Biosfera MaB dall’Unesco e ora sfrutta quella biodiversità per accogliere turisti. Anche un’attività tradizionale come la pesca diventa così un modo per raccontare la storia del Delta. Willy Marostica, uno dei 1.500 pescatori rimasti senza lavoro a causa del granchio blu, ha puntato sul pescaturismo, nuova forma di turismo esperienziale basato proprio sulla cultura della pesca. Aveva iniziato una decina di anni fa a integrare la sua attività di allevatore di vongole con le escursioni organizzate: oggi ne ha fatto un lavoro vero e proprio. Sulla sua barchetta silenziosa offre la possibilità di una intera giornata di raccolta delle vongole, con partenza all’alba, quando la laguna e l’Adriatico sullo sfondo si illuminano dei colori del nuovo giorno, per seguire l’intero ciclo di lavorazione del mollusco. « È un modo alternativo per ricostruire una prospettiva economica facendo conoscere ai turisti la nostra cultura e il territorio » , racconta Willy. Lui lo fa con le vongole, ma i colleghi si stanno organizzando con la pesca notturna al cefalo. E c’è chi ha iniziato a pianificare gite di pescaturismo a caccia proprio del granchio blu: anche così si cerca di trasformare un disastro ambientale in un’opportunità.
Quello del Delta è un mondo peculiare: le valli non sono quelle che si insinuano tra le montagne, ma sono le aree dedicate alla caccia e alla pesca; gli orti sono in mare, perché vongole e cozze si coltivano e non si allevano, non si pescano ma si raccolgono. La cozza di Scardovari è il primo mollusco italiano ad aver ottenuto dieci anni fa la Denominazione di origine protetta a livello europeo. Più recente è l’introduzione delle vongole veraci, di cui la zona del Delta è diventata una delle prime produttrici. Dieci anni fa, poi, uno dei più importanti produttori francesi di ostriche, Florent Tarbouriech, si è innamorato del paesaggio lagunare e, insieme ad Alessio Greguoldo, ha fatto dell’ostrica rosa un’eccellenza della mitilicoltura del Delta. Inutile dire che il mezzo ideale per conoscere un territorio in cui fiume, mare e terra si mischiano senza soluzione di continuità è rappresentato dalla barca: dalla canoa alle agili imbarcazioni tradizionali che permettono di intrufolarsi tra canneti e canali secondari, dalle barche elettriche silenziose fino alle motonavi, i percorsi possibili sono molto vari. Anche gli uccelli sono ormai abituati alle piccole imbarcazioni che si confondono tra canne e arbusti: tra ibis, albatros e, se siete fortunati, martin pescatori, il bird watching delle oltre 400 specie di volatili presenti è una delle attività più richieste. Solo i fenicotteri rosa – sono arrivati negli anni 80 e oggi ce ne sono circa 15mila – rimangono diffidenti, a debita distanza.