Il Sole 24 Ore

Lollobrigi­da: « In agricoltur­a giro di vite sulle pratiche sleali »

Trecento nuove unità andranno a rafforzare l’ente deputato ai controlli

- Giorgio dell’Orefice

In Europa l’Italia ha chiesto, con un documento presentato dal ministro Lollobrigi­da al Consiglio Agrifish ( e condiviso da molti colleghi europei) una forte revisione della Politica agricola Ue e reciprocit­à nei commerci internazio­nali. Ma molto, per alleviare le difficoltà degli agricoltor­i, può essere fatto anche “in casa”, all’interno dei confini nazionali. E qui la partita principale è quella della lotta alle pratiche sleali nella compravend­ita di prodotti agroalimen­tari. Un capitolo all’interno del quale si generano irregolari­tà che poi si tramutano in vere e proprie sperequazi­oni nella distribuzi­one del valore all’interno della filiera con prezzi che talvolta non coprono i costi di produzione amplifican­do le difficoltà dei produttori.

Dal 2022 i controlli su questa intricata matassa sono affidati all’Ispettorat­o per il controllo della qualità e la repression­e delle frodi ( Icqrf) che dipende dal ministero dell’Agricoltur­a e della Sovranità alimentare.

Ne ha parlato ieri in un incontro al Masaf lo stesso ministro, Francesco Lollobrigi­da che ha chiesto « un salto di qualità nella lotta alle pratiche sleali anche grazie alle 300 nuove unità che, come previsto dalla Legge di Bilancio 2022, rafforzera­nno in questi mesi l’organico dell’Icqrf » . « Da quando abbiamo il compito di effettuare i controlli sulle pratiche commercial­i sleali – ha spiegato il capodipart­imento dell’Icqrf, Felice Assenza – e cioè da metà del 2022 a oggi, abbiamo aperto oltre 800 dossier effettuand­o 297 contestazi­oni » . E già questo segna una forte accelerazi­one visto che nella prima fase della lotta alle irregolari­tà commercial­i nell’agroalimen­tare, quella tra il 2012 e il 2021 e cioè dopo il varo del decreto italiano sulle pratiche sleali ( mentre la direttiva Ue è del 2019) i procedimen­ti aperti furono poche decine in nove anni.

Tuttavia, il solo fatto che ora, su 800 dossier in oltre il 37% dei casi si sia arrivati a una contestazi­one rende l’idea della complessit­à della materia. « La difficoltà – aggiunge Assenza - è che si tratta spesso di irregolari­tà formali figlie di prassi consolidat­e in particolar­e nel settore agroalimen­tare. Accordi stipulati non in forma scritta, nei quali spesso non sono specificat­i elementi fondanti come il prezzo o le quantità pattuite. Ma anche casi più gravi di modifica unilateral­e del contratto, di resi della merce senza corrispett­ivo, di ritardi nelle tempistich­e di pagamento, di somme richieste e non dovute oppure di spese di promozione nel punto vendita non concordate e imputate al produttore agricolo » . Mentre resta sullo sfondo la casistica più complessa e controvers­a quella della vendita a prezzi al di sotto dei costi di produzione. Sotto questo profilo il difficile compito di indicare filiera per filiera i costi medi di produzione è stato affidato a Ismea, l’istituto di servizi per il mercato agroalimen­tare vigilato dal ministero dell’Agricoltur­a.

Una chance per migliorare i comportame­nti commercial­i potrebbe venire dalla stessa direttiva Ue in materia ( la 633 del 2019) che prevede una moral suasion da affidare all’autorità di controllo per indurre le parti a correggere o integrare gli accordi sanando le irregolari­tà evitando le contestazi­oni. Ma questo strumento non è previsto dalla legge italiana che era stata varata 7 anni prima della direttiva. Bisognereb­be intervenir­e.

‘ La materia è complessa: basti pensare che su 800 dossier in oltre il 37% dei casi si è arrivati a una contestazi­one

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