Lollobrigida: « In agricoltura giro di vite sulle pratiche sleali »
Trecento nuove unità andranno a rafforzare l’ente deputato ai controlli
In Europa l’Italia ha chiesto, con un documento presentato dal ministro Lollobrigida al Consiglio Agrifish ( e condiviso da molti colleghi europei) una forte revisione della Politica agricola Ue e reciprocità nei commerci internazionali. Ma molto, per alleviare le difficoltà degli agricoltori, può essere fatto anche “in casa”, all’interno dei confini nazionali. E qui la partita principale è quella della lotta alle pratiche sleali nella compravendita di prodotti agroalimentari. Un capitolo all’interno del quale si generano irregolarità che poi si tramutano in vere e proprie sperequazioni nella distribuzione del valore all’interno della filiera con prezzi che talvolta non coprono i costi di produzione amplificando le difficoltà dei produttori.
Dal 2022 i controlli su questa intricata matassa sono affidati all’Ispettorato per il controllo della qualità e la repressione delle frodi ( Icqrf) che dipende dal ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare.
Ne ha parlato ieri in un incontro al Masaf lo stesso ministro, Francesco Lollobrigida che ha chiesto « un salto di qualità nella lotta alle pratiche sleali anche grazie alle 300 nuove unità che, come previsto dalla Legge di Bilancio 2022, rafforzeranno in questi mesi l’organico dell’Icqrf » . « Da quando abbiamo il compito di effettuare i controlli sulle pratiche commerciali sleali – ha spiegato il capodipartimento dell’Icqrf, Felice Assenza – e cioè da metà del 2022 a oggi, abbiamo aperto oltre 800 dossier effettuando 297 contestazioni » . E già questo segna una forte accelerazione visto che nella prima fase della lotta alle irregolarità commerciali nell’agroalimentare, quella tra il 2012 e il 2021 e cioè dopo il varo del decreto italiano sulle pratiche sleali ( mentre la direttiva Ue è del 2019) i procedimenti aperti furono poche decine in nove anni.
Tuttavia, il solo fatto che ora, su 800 dossier in oltre il 37% dei casi si sia arrivati a una contestazione rende l’idea della complessità della materia. « La difficoltà – aggiunge Assenza - è che si tratta spesso di irregolarità formali figlie di prassi consolidate in particolare nel settore agroalimentare. Accordi stipulati non in forma scritta, nei quali spesso non sono specificati elementi fondanti come il prezzo o le quantità pattuite. Ma anche casi più gravi di modifica unilaterale del contratto, di resi della merce senza corrispettivo, di ritardi nelle tempistiche di pagamento, di somme richieste e non dovute oppure di spese di promozione nel punto vendita non concordate e imputate al produttore agricolo » . Mentre resta sullo sfondo la casistica più complessa e controversa quella della vendita a prezzi al di sotto dei costi di produzione. Sotto questo profilo il difficile compito di indicare filiera per filiera i costi medi di produzione è stato affidato a Ismea, l’istituto di servizi per il mercato agroalimentare vigilato dal ministero dell’Agricoltura.
Una chance per migliorare i comportamenti commerciali potrebbe venire dalla stessa direttiva Ue in materia ( la 633 del 2019) che prevede una moral suasion da affidare all’autorità di controllo per indurre le parti a correggere o integrare gli accordi sanando le irregolarità evitando le contestazioni. Ma questo strumento non è previsto dalla legge italiana che era stata varata 7 anni prima della direttiva. Bisognerebbe intervenire.
‘ La materia è complessa: basti pensare che su 800 dossier in oltre il 37% dei casi si è arrivati a una contestazione