UNA MISURA PER VALUTARE IL DECLINO DELLA CINA
« Nel breve periodo il mercato azionario è una macchina che vota, ma nel lungo periodo è una macchina che pesa » . Così diceva Benjamin Graham, il leggendario padre dell’analisi finanziaria. Gli scossoni a breve termine sono spesso irrazionali, frutto di un voto popolare; sul lungo periodo, invece, i mercati sono in grado di prevedere correttamente e dare il giusto peso a realtà emergenti che pochi riescono a cogliere. Prendiamo il caso della Cina.
Nel 2024 il mercato azionario cinese ha perso terreno, prolungando il mercato ribassista che dura da ormai tre anni, mentre i listini di altri Paesi hanno guadagnato il 22%. I timori di un’“ascesa” della Cina impediscono a molti di vedere che le azioni cinesi ristagnano dal 2011, anno in cui è iniziata l’ascesa al potere del presidente Xi Jinping. Nel lungo periodo i mercati azionari non mentono. Hanno previsto, e di conseguenza scontato, la lenta ritirata della Cina dal capitalismo. L’economia cinese ha raggiunto il picco.
Quarant’anni fa Deng Xiaoping e i suoi successori lanciarono il “Socialismo con caratteristiche cinesi”, una serie di riforme orientate al mercato che aprirono la porta al capitalismo, alle privatizzazioni, alla ricerca del profitto e con un orientamento all’innovazione. Gli spiriti animali evasero dalla gabbia del comunismo, avviando il Miracolo Cinese.
Il commercio esplose. Nel 1999 le esportazioni toccarono quasi 200 miliardi di dollari, per poi superare il trilione nel 2007. Le azioni salirono alle stelle. Dalla fine del 2000 alla fine del 2010 l’indice MSCI China ha guadagnato il 276% in dollari, stracciando l’indice MSCI AllCountry World, Cina esclusa, con il suo 35,9%.
Da quando Xi è salito al potere l’indice MSCI China evidenzia un andamento piatto. Lo stesso vale per il 2012, 2014, 2016 e il 2018. Non su base annualizzata, ma complessiva. Il resto del mondo? Ha registrato un rialzo del 200,7%.
Qualcuno potrebbe obiettare che anche il MIB si colloca al di sotto dei massimi del 1999. Ma non è così. Il dato non considera i dividendi, in un mercato prettamente value; basta includerli per riportare il
MIB ai massimi storici. Gli scarsi risultati dell’azionario cinese sono calcolati con i dividendi inclusi.
Il mercato nel lungo periodo riconosce sempre la realtà. Nonostante le aspettative di una continuità delle riforme, Xi ha eretto una nuova Grande Muraglia con ampie restrizioni sulle comunicazioni, soffocando l’innovazione interna.
‘ I timori di un’ascesa di Pechino impediscono a molti di vedere che le azioni cinesi ristagnano dal 2011
‘ Nel lungo periodo i mercati azionari hanno scontato la lenta ritirata della Cina dal capitalismo
Il mondo è un laboratorio di innovazione. Le aziende cercano idee all’estero, adattandole o combinandole per fare passi avanti. Le restrizioni cinesi ora ostacolano questo processo, provocando di conseguenza una futura stagnazione economica. Il mercato lo sapeva.
Le restrizioni non fanno che aumentare, con controlli sempre più accentuati nei settori tecnologico, finanziario, immobiliare, dell’industria di base e sui flussi di capitale. Gli investimenti esteri in Cina sono in ritirata, mentre la tanto decantata “Nuova via della seta”, iniziativa che di recente ha visto anche il forfait dell’Italia, perde terreno.
Secondo i dati ufficiali, nel 2023 il Pil cinese è cresciuto del 5%. Non credeteci. Se così fosse, le vendite delle imprese straniere in Cina sarebbero in aumento, non in calo come adesso.
Non c’è da temere l’“ascesa” della Cina. I mercati azionari indicano da tempo la verità. Fidiamoci di loro.