Rischio povertà per le famiglie in diminuzione al 18,8 per cento
Ridotte le disuguaglianze grazie ad Assegno unico e taglio del cuneo
Gli interventi pubblici adottati o modificati nel 2023 - in particolare l’Assegno unico e universale e il taglio del cuneo contributivo ai dipendenti - hanno avuto l’effetto di ridurre il rischio povertà e di aumentare lievemente la distribuzione dei redditi disponibili per le famiglie italiane.
Secondo l’Istat il rischio di povertà è diminuito di 1,2 punti, dal 20% al 18,8%, e l’indice di Gini che misura la disuguaglianza è passato dal 31,9% al 31,7% diminuendo di 0,2 punti percentuali. Nel complesso, l’effetto redistributivo dei trasferimenti ha avuto un impatto maggiore nel Mezzogiorno, dove si registra un calo della diseguaglianza attraverso l’intervento pubblico di 16,9 punti percentuali, rispetto ai 15,2 punti del Nord e ai 14,2 punti al Centro.
Un impatto rilevante lo ha avuto l’Assegno unico e universale per i figli a carico fino a 21 anni incassato dal 92,3% delle famiglie, per un importo medio di 2.947 euro ( circa 245 euro mensili), che in virtù delle modifiche del 2023 – tra queste l’aggiornamento automatico al costo della vita di soglie e importi – è aumentato in media di 719 euro annui ( circa 60 euro mensili). Con un beneficio prodotto sulle famiglie appartenenti ai due quinti più poveri che beneficiano di una variazione sul reddito familiare, rispettivamente, del 3,6% ( 844 euro per le più povere) e del 2,2% ( 824 euro). Di contro il 7,7% delle famiglie con figli a carico fino a 21 anni hanno una perdita media di 376 euro ( circa 31 euro mensili), frutto di due fattori: la riduzione delle compensazioni temporanee per l’Assegno unico ai due terzi dell’importo, e il fatto che nel primo bimestre 2022 fossero ancora in vigore le detrazioni per i figli a carico, l’assegno al nucleo familiare e l’assegno temporaneo.
Più modesto l’impatto della stretta operata dal governo Meloni nel 2023 sul Reddito di Cittadinanza ( per gli occupabili durava 7 mesi in previsione dell’eliminazione dal 2024). Per l’Istat circa 1 milione di famiglie hanno avuto una diminu
zione o un annullamento del Reddito o della Pensione di Cittadinanza
rispetto al 2022.
Nel 2023 i nuclei beneficiari delle due misure sono poco più di un milione, il 20% in meno rispetto al 2022, la riduzione della platea è riconducibile a famiglie che, vedendo migliorare le proprie condizioni economiche senza una contestuale rivalutazione dei requisiti Isee per accedere al beneficio, non possiedono più i requisiti di reddito. C’è poi un calo nell’adesione alla prestazione ( imputabile all’imminente fine) ed una diminuzione nei mesi di fruizione per alcune famiglie. La perdita in media ammonta a 1.663 euro ( circa 138 euro mensili) e riguarda quasi esclusivamente le famiglie che si collocano nel quinto più povero della distribuzione dei redditi. L’impatto delle modifiche al Rdc è valutato in un incremento di 0,2 punti percentuali dell’Indice di Gini, mentre è neutro l’impatto sulla riduzione della povertà. Mentre il taglio del cuneo contributivo, l’esonero dei contributi previdenziali ( 2 punti percentuali per redditi lordi fino a 35mila euro maggiorati di 1 punto fino a 25mila euro, dal 1° luglio aumentati di 4 punti) ha migliorato i redditi disponibili a circa 11 milioni di famiglie ( 43%), al netto delle interazioni fiscali di 537 euro più alti del 2022. L’indice di Gini è diminuito di 0,2 punti percentuali e la povertà di 0,5.
Il guadagno maggiore è per la famiglie dei quinti centrali di reddito ( 569 euro per il terzo quinto e 630 per il quarto). Mentre una perdita rispetto al 2022 riguarda poco meno di un milione di famiglie ( 3,8%). Il peggioramento è dovuto alla perdita del diritto al trattamento integrativo dei redditi, per il superamento grazie al taglio del cuneo, della soglia di 28mila euro di reddito.