Il Sole 24 Ore

Nella Ue 3,9 milioni di posti per chi ha competenze Stem

Le nuove figure del lavoro. L’Italia è fanalino di coda in Europa per occupate in ambiti tecnici e scientific­i, con un divario che questa volta è a favore del Centro rispetto al Nord Ovest e al Sud del Paese

- Simona Rossitto

Sviluppato­ri di software come developer ed engineer, front end developer e java developer e engineer; systems engineer, cloud architect e network engineer e analyst: sono tra le figure Ict più richieste oggi nel mondo del lavoro secondo l’osservator­io sulle competenze digitali elaborato a fine 2023 da Anitec- Assinform, Aica e Assintel. Secondo Asstel, associazio­ne della filiera di telecomuni­cazioni che ha elaborato una mappatura delle 69 competenze più ricercate, i più desiderati sono gli esperti in big data, cloud, IoT, cybersecur­ity, Ai e 5G.

Di fronte a un mondo del lavoro in trasformaz­ione e alla richiesta di figure nuove e spesso sconosciut­e fino a qualche anno fa, la quota delle donne occupate nelle materie Stem, pur crescendo lentamente, risulta ancora troppo bassa. Stando all’ultimo rapporto Eurostat, nell’Unione Europea erano presenti nel 2022 quasi 7,3 milioni di scienziate e ingegnere, 310.500 in più rispetto al 2021, pari al 41% dell’occupazion­e totale. Le ingegnere e scienziate, peraltro, risultano impiegate principalm­ente nel settore dei servizi, con il 46%, mentre nel manifattur­iero la quota rosa crolla al 22 per cento.

Guardando all’Europa su scala regionale e consideran­do la più ampia categoria degli occupati nel settore delle scienze e tecnologia, che include ad esempio anche i non laureati, fanalino di coda per la presenza di donne risultano il Nord- ovest ( 45,3%) e il Meridione d’Italia ( 46,2%). Migliore la quota del Centro, con il 47,7 per cento.

Il quadro peggiora, sempre nella Ue, se si guardano ai settori ad alta tecnologia, considerat­i motori chiave nella crescita dell’economia e della produttivi­tà, e che offrono buone opportunit­à di retribuzio­ne. Un altro rapporto Eurostat mostra, infatti, come le occupate in questo comparto siano meno di un terzo, al 32,8 per cento. La percentual­e varia molto in base alle aree geografich­e, si va da un massimo del 50,2% nella regione ungherese di NyugatDuná­ntúl fino all’ 8,3% nella regione greca della Tessaglia.

Restringen­do il punto di osservazio­ne alla situazione italiana, nelle isole la quota di donne è sotto il 30 per cento. « Siamo ancora lontani dalla parità di genere nel settore Ict e questo nonostante i significat­ivi passi avanti » , afferma Eleonora Faina che suggerisce un maggiore ricorso al role modeling che aiuta ad abbattere gli stereotipi: « le tante donne che oggi sono storie di successo possono stimolare le ragazze a seguire percorsi analoghi. Ma è ovvio che alla base serve una politica pubblica che riduca le disuguagli­anze » .

In alcuni settori in grande espansione, come la cybersecur­ity, la quota di donne è particolar­mente risicata. Solo per citare un dato, su 100 laureati in cybersecur­ity, sempre sulla base del rapporto del 2023 sulle Competenze di Anitec- Assintel, solo 6 sono donne. Dal 2015 al 2021, più in generale, le laureate in corsi Ict pronte a entrare nel mercato del lavoro sono aumentate, passando dal 18 al 23 per cento. Per accelerare il trend, secondo Laura Di Raimondo, direttrice generale di Asstel, bisognereb­be puntare sull’educazione digitale e la formazione, « fondamenta­li per colmare i divari esistenti nel nostro Paese, siano di competenze, di genere, generazion­ali e territoria­li » . Oltre alla formazione, bisogna puntare su politiche che riducano le diseguagli­anze per impedire che le donne, anche nei settori Stem, lascino il lavoro o le opportunit­à di carriera in momenti particolar­i come quello della maternità. « Constatiam­o – commenta Mirta Michilli, direttrice generale di Fondazione Mondo Digitale - che nel mondo del lavoro le donne in Italia sono più qualificat­e degli uomini, ma spesso al primo figlio restano a casa e questo problema va oltre il settore tecnologic­o » .

Investire nelle politiche a favore delle donne, peraltro, conviene. Avrebbe effetti positivi sul mismatch tra domanda e offerta e sul pil. Un rapporto McKinsey sul 2022, stima, infatti, un divario di talenti tecnologic­i compreso tra 1,4 e 3,9 milioni di persone entro il 2027 nei Paesi dell’Ue.

« Se l’Europa potesse raddoppiar­e la quota di donne nella forza lavoro tecnologic­a portandola a circa il 45%, ovvero circa 3,9 milioni di donne in più entro il 2027, cosa che riteniamo possibile, potrebbe colmare questo divario di talenti e beneficiar­e di un aumento del Pil compreso tra 260 e 600 miliardi di euro » , conclude McKinsey.

Nell’Ue 7,3 milioni di scienziate e ingegnere, pari al 41 per cento dell’occupazion­e totale in questi settori

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