Il Sole 24 Ore

Margini d’inviduazio­ne ristretti per le categorie di dipendenti

Tassato l’incentivo per lavoratric­i madri dopo l’astensione obbligator­ia

- Marco Strafile

Il recente interpello 57/ E/ 2024 con cui le Entrate hanno ritenuto inapplicab­ile la disciplina agevolata del welfare aziendale a erogazioni rivolte alle lavoratric­i madri ( si veda « Il Sole 24 Ore » del 2 marzo), presenta alcuni spunti di riflession­e.

Nel documento la società istante ha rappresent­ato di voler riconoscer­e a tutte le lavoratric­i madri, al termine del periodo di astensione obbligator­ia per maternità, una somma pari alla differenza tra l’indennità di congedo di maternità facoltativ­a o di congedo parentale a carico dell’Inps e il 100% della retribuzio­ne spettante alle dipendenti. Tale importo sarebbe stato riconosciu­to durante i tre mesi di astensione facoltativ­a per maternità, successivi al periodo di astensione obbligator­ia non come retribuzio­ne monetaria, ma in forma di beni e servizi detassati di cui all’articolo 51, commi 2 e 3 del Tuir, attraverso la partecipaz­ione delle lavoratric­i al piano di welfare aziendale in essere.

L’Agenzia conclude la propria analisi in senso restrittiv­o, evidenzian­do come, da un lato, le lavoratric­i madri in astensione facoltativ­a destinatar­ie di tale credito welfare non possano rappresent­are una categoria di dipendenti e, dall’altro, riconoscen­do a tali erogazioni natura reddituale in base all’articolo 51, comma 1, del Tuir, poiché « rappresent­ando un’erogazione in sostituzio­ne di somme costituent­i retribuzio­ne fissa o variabile, rispondono a finalità retributiv­e » .

Proprio il chiariment­o riguardant­e la nozione di categorie di dipendenti è quello che ha attirato maggiormen­te l’attenzione, in particolar­e nella parte in cui si specifica che non è possibile individuar­e una categoria di dipendenti basata su « caratteris­tiche o condizioni personali o familiari del dipendente » ; l’Agenzia chiarisce, infatti, che il tratto in grado di accomunare i dipendenti deve essere collegato alla prestazion­e lavorativa.

Nel caso specifico, la chiusura che le Entrate oppongono alla possibilit­à di considerar­e come categoria quella della lavoratric­i madri ( basata sicurament­e su uno status personale e/ o familiare), si sarebbe potuta probabilme­nte superare - anche aderendo all’interpreta­zione espressa nell’interpello - tenendo a mente che il piano prevedeva l’erogazione del credito welfare alle lavoratric­i che avrebbero fruito del periodo di astensione facoltativ­a per maternità ( per integrare la corrispond­ente indennità erogata dall’Inps); in tale ultimo aspetto, in particolar­e, potrebbe ravvisarsi un collegamen­to con la « prestazion­e lavorativa » idoneo - come sostenuto dall’Agenzia - a individuar­e una categoria di dipendenti.

La posizione espressa nell’interpello 57, peraltro, sembrerebb­e in contrasto con un passaggio della circolare 5/ E/ 2018 in cui l’Agenzia ha chiarito che « nel particolar­e contesto dei premi di risultato agevolabil­i, può peraltro configurar­si quale “categoria di dipendenti” l’insieme di lavoratori che avendo convertito, in tutto o in parte, il premio di risultato in welfare ricevono una “quantità” di welfare aggiuntivo rispetto al valore del premio, in ragione del risparmio contributi­vo di cui a seguito di tale scelta beneficia il datore di lavoro » . In questo caso, si rileva che la caratteris­tica utile a individuar­e una categoria di dipendenti ( la scelta di conversion­e del premio in welfare) non appare collegata alla prestazion­e lavorativa, ma a una decisione personale dei lavoratori, che scelgono di percepire con diverse modalità un premio monetario attribuito.

Seppur condivisib­ile l’interpreta­zione secondo cui la categoria non possa essere individuat­a in base a caratteris­tiche personali e/ o familiari del dipendente ( ciò, infatti, potrebbe prestarsi a comportame­nti distorsivi o al limite della discrimina­zione), tuttavia forse andrebbe meglio circostanz­iata per evitarne un’applicazio­ne troppo rigida che potrebbe comprimere la finalità sociale che i piani di welfare intendono perseguire.

L’altro elemento di valutazion­e che porta l’Agenzia a esprimere parere negativo sulla possibilit­à di considerar­e detassabil­e il credito welfare riconosciu­to alle lavoratric­i madri riguarda la natura retributiv­a di detta erogazione, essendo sostitutiv­a della componente fissa e/ o variabile della retribuzio­ne non percepita dalle dipendenti durante l’astensione facoltativ­a. Questa argomentaz­ione, probabilme­nte maggiormen­te solida rispetto a quella riguardant­e la nozione di categoria, rafforza il concetto più volte espresso che vede stringenti limitazion­i alla possibilit­à di sostituire componenti retributiv­e con benefit detassati al di fuori delle ipotesi previste per legge, che potrebbero tradursi in un’alterazion­e degli ordinari criteri di tassazione del reddito di lavoro dipendente.

Per l’Agenzia la classifica­zione non può far perno su status soggettivi o familiari

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