Giappone: aumenti record degli stipendi nell’industria
I grandi gruppi accettano le richieste dei sindacati, sostenuti dal Governo
Toyota Motor, Hitachi, Toshiba e Panasonic sono solo alcuni dei grandi gruppi industriali giapponesi che hanno accordato aumenti record ai loro dipendenti, accogliendo le richieste dei sindacati. Nippon Steel è andata addirittura oltre, con aumenti del 14%.
In Giappone, sindacati e aziende stabiliscono i livelli retributivi in occasione degli shunto, le contrattazioni di primavera, alla vigilia dell’avvio dell’anno di bilancio del Paese, che inizia ad aprile. Ieri, i maggiori datori di lavoro hanno accolto la richiesta, che arrivava anche dal Governo, di alzare gli stipendi in misura significativa: una rottura con la mentalità deflazionistica, che da decenni congela buste paga e crescita economica.
Toyota non ha rivelato i dettagli degli aumenti ( non lo fa mai), ma ha dichiarato di aver accettato in pieno la proposta del sindacato, che, tra le altre cose, chiedeva un bonus record di 7,6 mesi di stipendio. Hitachi ha fatto sapere che i suoi aumenti sono i maggiori dal 1998. Lo stesso vale per Toshiba.
Secondo il Japan Council of Metalworkers ( Jcm), alleanza di sindacati del manifatturiero, l’ 87,5% delle organizzazioni aderenti ha visto le proprie richieste pienamente soddisfatte o superate.
Solo il 16% circa dei lavoratori in Giappone è iscritto a un sindacato, ma gli economisti seguono da vicino le trattative di quest’anno, alla ricerca di indizi sulle decisioni della Bank of Japan ( BoJ). L’inflazione di fondo è sopra il 2% da quasi due anni, ma il governatore della BoJ, Kazuo Ueda, ha sottolineato che per raggiungere l’obiettivo di stabilità dei prezzi è necessario un « ciclo virtuoso » di aumenti dei salari e dei prezzi. Solo in questo caso, la Banca centrale inizierà ad alzare il costo del denaro, abbandonando i tassi negativi e la politica monetaria ultra- espansiva. « L’esito della negoziazione salariale annuale sarà fondamentale » per decidere la tempistica dell’exit strategy, ha spiegato Ueda al Parlamento, ieri.
La BoJ si riunirà all’inizio della prossima settimana. Sulle sue decisioni peseranno anche gli indicatori economici: il Giappone ha appena schivato la recessione tecnica, grazie a una modesta crescita del Pil nel quarto trimestre 2023 (+ 0,1%), che nel dato preliminare, diffuso il mese scorso, sembrava aver segnato una contrazione.
Il Governo del premier Fumio Kishida, il cui gradimento è appena al 25%, si è molto speso per convincere le imprese ad alzare gli stipendi. Già lo scorso anno, le principali aziende avevano concordato aumenti medi del 3,58%, i più alti in 30 anni. Non abbastanza, però, per tenere il passo con l’inflazione: i salari reali sono diminuiti per 22 mesi consecutivi, fino a gennaio, frenando i consumi.
Nella tornata negoziale che si è aperta ieri, i sindacati chiedono aumenti salariali medi del 5,85%, i più alti dal 1993, secondo la più grande Confederazione dei sindacati giapponesi ( Rengo). « Alcune aziende hanno raggiunto rapidamente un accordo: la cronica carenza di manodopera in Giappone è così grave, che è difficile attrarre lavoratori senza alzare le paghe » , spiega Hisashi Yamada, professore di gestione delle risorse umane presso la Hosei Business School of Innovation Management.