Emergenza idrica, il piano partirà da bacini inefficienti e incompiuti
Il commissario ha pronta la relazione da presentare alla cabina di regia e nell’incontro verrà discusso anche il progetto degli invasi da realizzare. Ma intanto l’ 89% delle precipitazioni di queste settimane andrà perso e al Sud prosegue la crisi
In vista del 22 marzo, giornata mondiale dell’acqua, partiamo dalle buone notizie. La relazione che contiene il piano relativo alla crisi idrica italiana è pronta e il commissario straordinario all’emergenza idrica Nicola Dell’Acqua, nominato il 4 maggio 2023, sta per presentarla alla cabina di regia composta dai ministeri delle Infrastrutture, dell’Agricoltura, dell’Ambiente e Pnrr. Si ipotizza che il Mit – deputato a convocarla – lo faccia entro fine mese, in modo che la relazione venga poi resa pubblica sul sito commissari. gov. it/ scarsitaidrica.
« Le azioni messe in atto finora si stanno concentrando sulla manutenzione e il monitoraggio degli invasi a monte idraulico e sulla rimozione dei sedimenti nei bacini, operazioni finanziate con i primi 100 milioni di euro previsti dal Dl siccità – spiega Dell’Acqua –. In vista della primavera, l’unica soluzione attuabile subito è applicare i modelli idraulici a livello di bacino e fornire le indicazioni per risparmiare acqua da oggi. La prevenzione è l’unica arma per i prossimi anni, in attesa delle infrastrutture » .
La prossima cabina di regia sarà cruciale: Dell’Acqua conferma che verrà discusso anche il Piano Laghetti « come possibile soluzione per alcune aree del Paese, dopo aver effettuato chiari bilanci idrici che ci indichino quali sono le soluzioni da attuare » . Inoltre – sottolinea il commissario – « sarà necessaria una nuova governance, che abbia una visone completa del sistema dell’approvvigionamento primario. Una revisione che potrebbe prevedere – come avviene per il sistema idrico integrato – una copertura dei costi di manutenzione e l’uso di tariffe differenziate anche per il sistema dell’approvvigionamento primario » . Una sorta di sistema premiale per il segmento agricolo- industriale insomma, in cui chi più gestisce e ottimizza le risorse meno spende. « Negli ultimi 50 anni solo in pochi casi si è dato valore all’acqua » .
« Abbiamo collaborato alla stesura del piano nazionale contribuendo a creare la banca dati, il contenitore di tutte le progettazioni infrastrutturali » , spiega Francesco Vincenzi, presidente Anbi ( Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue). Un lavoro portato avanti da ottobre, di concerto con le agenzie regionali.
Le priorità
Secondo Vincenzi, la priorità è ripristinare tutta la capacità di invaso. Il commissario Dell’Acqua sottolinea che « si tratta di una ricognizione condotta nei mesi scorsi con il supporto delle sette Autorità di bacino distrettuale, i cui risultati sono riportati nella relazione che sto per presentare » . Anbi stima che oggi circa il 10% della capacità complessiva degli invasi italiani sia occupata da detriti e che si dovrebbero prevedere 90 interventi su altrettanti bacini ( 9 al Nord, 36 al Centro, 45 al Sud) per asportare circa 72.500 metri cubi di sedimenti su una capacità complessiva di 697.775.190.
Le opere idrauliche incompiute sono il secondo nodo da sciogliere. In un report del 2017, rimasto sostanzialmente invariato, Anbi aveva censito 31 bacini incompiuti. In alcuni casi ( ad esempio Campolattaro, in Campania) si tratta di invasi completati, che però mancano della necessaria rete idraulica per poter attingere l’acqua. Infine serve investire già oggi nell’orizzonte di lungo termine: il piano invasi nazionale.
I cantieri Pnrr
Anbi stima siano una sessantina i cantieri aperti – finanziati con un investimento di 2 miliardi di euro dal Pnrr - che mirano a garantire, oltre alla sicurezza dell’approvvigionamento idrico, l’adeguamento e il mantenimento delle opere strutturali sul territorio nazionale. Una recente indagine su un campione di 41 progetti evidenzia che è stato avviato il 75% dei cantieri e il 17% ha superato il 50% dei lavori.
La fotografia dei territori
« Abbiamo il riempimento totale dei laghi del Nord Italia, con manti nevosi importanti sopra i 1.500 metri che garantiscono un po’ di continuità » – spiega Vincenzi – « ma è tutto transitorio: con l’innalzamento delle temperature la neve verrà persa, così come la pioggia delle ultime settimane. Oggi finisce in mare ancora l’ 89% dell’acqua raccolta. Al Centro, le piogge non sono riuscite ovunque a ridurre il gap; al Sud non solo è piovuto pochissimo, ma gli invasi sono ai minimi storici, in particolare in Sicilia ( si veda Il Sole 24 Ore del 15 marzo), in Puglia e, in parte, in Calabria » . Una situazione a macchia di leopardo che rilancia il tema dell’adattamento dei territori a una mutata situazione climatica. « Serve investire nelle tecnologie a servizio dell’agricoltura. Negli ultimi anni è piovuto meno, ma concorrono al quadro la riduzione dei giorni di pioggia – quindi la concentrazione delle precipitazioni in meno giorni – e l’innalzamento delle temperature, che aumentano le esigenze idriche delle piante. Infine – conclude Vincenzi – va cambiata la cultura dell’acqua. Siamo il Paese che, in Europa, ne consuma di più pro- capite ( oltre 220 litri contro una media Eu di 123, dati Eurispes) » .
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Si ipotizza anche
di rivedere il sistema dell’approvvigionamento primario in base a un sistema premiale