Rocco ( EY): « Elettriche in Italia, il salto vero dal 2030 »
Il 2024 sarà un anno di transizione per l’industria automobilistica. Lo sostengono unanimemente i ceo delle grandi case europee, che mettono nel conto condizioni economiche e geopolitiche. Ma anche una flessione della domanda soprattutto per quanto riguarda le auto elettriche, ancora troppo care per il mercato di massa. Questo vale soprattutto in Italia: i salari reali ristagnano, a fronte di un parco auto nettamente sopra la media europea. In sostanza, chi ha la macchina se la tiene e tende a non investire in una costosa vettura nuova. Tra l’altro, a livello globale, in termini di produzione e valore aggiunto, l’automotive resta al di sotto dei trend pre pandemia e non si prevede che il gap possa essere ridotto nel breve termine. Soprattutto, gli equilibri si sono ampiamente spostati, negli ultimi 15 anni. La produzione al 2022 era per il 50% in Asia, per il 25% in Cina, 21,8% in Europa, 18% negli Stati Uniti. Con un valore aggiunto in percentuale sul Pil passato dal 36% al 50% in Asia ( fine 2023), dal 29% al 25% area Nafta, dal 15% al 12% in Europa. Escluse Germania e Italia, scese rispettivamente dal 13% al 9% e dal 2% all’ 1 per cento.
Ma la sorpresa è dietro l’angolo. Secondo il report da cui provengono i dati appena esposti- Automotive industry : an overview of recent dynamics - appena prodotto da EY, in Italia le automobili elettriche nel loro complesso, soprattutto grazie al traino delle ibride, saranno protagoniste di un autentico balzo in avanti entro il 2035, anno del temuto ban europeo ai motori termici. « Mentre la quota di veicoli elettrici venduti nel mondo sul totale è attualmente di circa il 30%, in Italia ha quasi raggiunto la parità con le vendite di auto Ice. Si prevede che la tendenza continui, con i veicoli elettrici che rappresenteranno la totalità delle auto vendute entro il 2035 » , si legge nel report.
« Il vero salto – spiega Mario Rocco, partner EY, Valuation, Modelling and Economics Leader e Mobility SaT leader – si verificherà dal 2030 e poi asintoticamente a partire dal 2032 si passerà dal 96% al 100%. Dobbiamo spiegare bene che in questo 100% non c’è solo full electric, ma anche ibrido Mild, Hev, Phev, ovvero tutto ciò che è elettrificato, incluso il Fuel cell. Già oggi la metà delle automobili acquistate in Italia non sono a motore termico, sono in qualche modo automobili di nuova generazione. È un mercato che va molto bene ed è allineato a Germania e Francia. Il ritardo rispetto all’Europa è, effettivamente, sul full electric, i veicoli a batteria ( Bev, solo lo 0,6% del parco circolante, meno dell’ 1% dell’India, ndr). La ragione? Più che essere legata a una mancanza di punti di ricarica, penso che sia un habitus di consumi. L’autoveicolo in Italia è sempre un acquisto estremamente importante, secondo solo alla casa. E tutti gli acquisti importanti in Italia, in generale, vanno bene quando sono incentivati. Un esempio è la spinta data dall’ecobonus » . In compenso, continua Rocco, « l’Italia è all’avanguardia in quelli che vengono definiti alternative fuels, ad esempio il gas. Abbiamo quasi il 6% di veicoli circolanti a Gpl ( 2,7 milioni), contro lo 0,6% tedesco e lo 0,5% francese. Questo ci dice che anche il costo del carburante ha un ruolo importante nella scelta. Le persone stanno cambiando mindset, ma si orientano verso un motorizzazione ibrida che consente consumi inferiori o verso un carburante che costa meno » .
E l’infrastruttura di ricarica? « Secondo me i dati andrebbero contestualizzati precisando alcuni aspetti. In Italia abbiamo 41mila punti di ricarica. Confrontati a Francia e Germania sono pochi. Ma il rapporto tra punti di ricarica e Bev circolanti è 16 ogni 100, in Germania 8 e in Francia 12, in Spagna 17. Che vuol dire? Che l’infrastruttura non è il primo problema. Oltretutto la rete si sta sviluppando grazie a diversi player molto determinati » .